La Corte d’Appello di Torino ha ribaltato la condanna inflitta in primo grado a Marco Sacco e alla consorte per lesioni colpose e commercio di sostanze alimentari nocive, stabilendo che “il fatto non costituisce reato”.

Il caso risale al luglio 2021, quando durante un banchetto di nozze servito nel noto ristorante due stelle Michelin, circa cinquanta invitati avevano accusato sintomi di intossicazione alimentare dopo aver consumato un risotto alle vongole. Le analisi successivamente rilevarono la presenza del norovirus, un microrganismo altamente contagioso ma invisibile a gusto e olfatto.

Secondo l’accusa iniziale, la responsabilità ricadeva su Sacco e Marchetti, ma le indagini dei NAS e le analisi effettuate hanno dimostrato che le vongole, provenienti dalla Francia e fornite da un distributore italiano, erano già contaminate prima dell’arrivo in cucina. Il prodotto era stato servito crudo come da indicazioni, senza manipolazioni o violazioni delle norme igienico-sanitarie.

L’assoluzione di Marco Sacco e Raffaella Marchetti

Determinante per l’assoluzione, la presenza in aula di una confezione sigillata contenente lo stesso virus, che ha confermato l’origine esterna della contaminazione.

Nonostante l’assoluzione, lo chef ha pagato un prezzo altissimo: la perdita delle due stelle Michelin e l’esclusione dalla prestigiosa guida 2025. Un colpo durissimo per un professionista che, nel corso della sua carriera, ha contribuito a valorizzare il pesce d’acqua dolce e l’eccellenza gastronomica italiana.

Ora, con la sentenza definitiva, si apre la speranza per un possibile ritorno nella Guida Michelin 2026. La vicenda solleva però interrogativi cruciali sulla sicurezza nella filiera alimentare e su come una responsabilità non diretta possa compromettere irrimediabilmente l’immagine di un’attività ristorativa d’eccellenza.