Grande Cucina

Verdure e cereali: la cucina stellata e di benessere

Qualunque vademecum per cuochi, professionisti o amatoriali, non può prescindere dal mantra della stagionalità. Un criterio che tipicamente si applica a frutta e verdura, a ciò che di meglio la natura può offrire in quel determinato periodo che spesso dura anche molto meno di una stagione.

I motivi sono anche di carattere economico ma soprattutto legati al sapore di quel prodotto che raggiunge l’apice in un preciso momento, prodotti che hanno fatto pochi chilometri per un’attenzione anche all’ambiente. La carta di un ristorante cambia al cambiare delle stagioni, se non più frequentemente.

Alla scoperta dei piatti vegetariani e vegetali dei grandi chef italiani

Verdure e cereali come protagonisti dei grandi menù

Nelle cosiddette cucine stellate, quelle premiate dalle stelle della guida rossa più famosa al mondo, ingredienti come cereali, verdure, legumi fanno sempre più la loro comparsa.

Vegetali sempre meno nel ruolo di comprimari rispetto al passato ma veri protagonisti di piatti simbolo, soprattutto da quando il mangiare vegetariano è stato sdoganato. Come nel caso della cipolla caramellata di Davide Oldani, una “povera” cipolla che diventa plat signature e in grado di riassumere, nel suo essere pop, nel gioco di contrasti che racchiude, tutta la filosofia del cuoco di Cornaredo. O ancora basti pensare agli spaghetti al cipollotto e peperoncino di Aimo e Nadia, divenuti iconici; restando nella stessa cucina troviamo la zuppa etrusca di Aimo Moroni, compendio della ricerca di legumi, erbe aromatiche e verdure.

In vetta alla Michelin, nell’olimpo delle dieci tavole italiane con tre stelle, presso Dal Pescatore ritroviamo un altro piatto vegetariano gourmet simbolo come i tortelli di zucca, da molti definiti semplicemente perfetti.

Nello stesso gruppo di ristoranti ha fatto parlare di sè lo studio durato anni di Niko Romito attorno al pomodoro da legare nel migliore dei modi possibili allo spaghetto, in un piatto simbolo italiano e mediterraneo. Un lavoro di concentrazioni, di estrazione del sapore senza mai tradire l’ingrediente, mantenendo quella semplicità apparente che consente a chiunque di apprezzare una cucina in realtà complessa. Aspirando a un sapore ideale, assoluto per usare il nome di uno dei piatti di Romito che vede ancora tornare in scena un vegetale, la cipolla nell’Assoluto di cipolla.

Uno chef come Enrico Crippa, che ha scelto le Langhe per vivere e lavorare raggiungendo la vetta dei riconoscimenti con le tre stelle Michelin, ha dimostrato grande attaccamento al mondo vegetale con la propria idea di cucina.Un vero appassionato della freschezza assoluta del prodotto appena raccolto. Supportato in questo dalla famiglia Ceretto, si è costruito in casa il proprio fornitore di delizie dalla terra, tramite un orto di quattro ettari e una serra nella tenuta Monsordo.

Un cuoco che diventa almeno in parte agricoltore, agronomo, e quindi gastronomo nell’accezione più alta e completa del termine. Nel piatto, questo intenso lavoro si concretizza nell’insalata 21-31-41. Un’apparentemente banale insalata che di banale non ha nulla, un’antologia del mondo vegetale: erbe aromatiche, fiori, germogli e insalate. I numeri indicano gli elementi verdi del piatto, mai uguali, seguendo rigorosamente il ritmo del clima e delle stagioni.

Alchimisti ed esploratori degli antichi sapori dell’orto

La passione di cuochi stellati per il mondo vegetale può avere approcci più radicali e quasi ancestrali, riportando l’uomo che coltiva e cuoce il proprio cibo alla fase dell’uomo raccoglitore di ciò che spontaneamente la natura offre con il foraging.

Questa pratica costituisce uno dei fil rouge di cuochi come Antonia Klugmann che, del dialogo con la terra e dell’attenta osservazione del territorio fatto di prati e fossati che circondano il suo ristorante, ha fatto il fulcro della propria cucina all’Argine di Vencò. Una cucina che presta attenzione al valore senza prezzo di erbe che si possono solo raccogliere ma non si trovano in vendita.

Oggi, per le tavole d’autore la ricerca del prodotto migliore e della tipicità diventa un imperativo che trasforma la carta del ristorante in una vetrina di nomi di prodotti e piccoli produttori che parlano della biodiversità del nostro territorio.

La carta vegetariana/vegetale si fa segno distintivo della capacità di selezione dello chef, si punta il riflettore sul primo atto gastronomico, la spesa. Spesso questa ricerca è lungi dall’essere una scoperta ma è solo la riscoperta di verdure, cereali, legumi già usati in passato, caduti in disuso e oggi riportati sotto i riflettori dei pass delle cucine stellate. Il caso forse più eclatante è stata propria la (ri)scoperta del grano duro Benedetto Cavalieri.

Riscoperte frutto anche dell’iniziativa di giovani imprenditori, che dalle città tornano nelle campagne o che, originari della campagna, da qui non si sono mai allontanati per andare verso i centri urbani, dando vita a nuove realtà produttive della terra; un’agricoltura di nicchia, la cui identità passa attraverso il recupero e la valorizzazione di coltivazioni abbandonate dal mercato.

Salute e rispetto per l’ambiente in prima linea

Il richiamo verso il mondo vegetale è risultato anche di altri fattori oltre alla riscoperta di prodotti e sapori. Sempre di più sono le persone che fanno scelte alimentari vegetariane o vegane, con diverse motivazioni, andando a costituire un bacino di utenza dal quale non si può prescindere nella costruzione di un menu.

Più in generale ancora l’alleggerimento del pasto è una cura di cui molti cuochi si sono fatti carico, riassumibile nell’attenzione alla digeribilità di menu che spesso su tavole blasonate portano a percorsi degustazione di cinque, sette e anche dieci portate da calibrare nella scansione dei passaggi, con incursioni sempre più frequenti e necessarie nel mondo vegetale. Senza contare il potere nutrizionale delle verdure, a fronte di un basso apporti di grassi, qualità da sempre possedute dal mondo vegetale ma che oggi ben si sposano ad esigenze di wellness.

C’è poi chi dell’amore per una dieta sana e vegetale ha fatto uno stile di cucina e di vita profondo e meditato. Stiamo parlando di Pietro Leeman e del suo Joia, vero tempio della filosofia del vegetarianesimo nato nel 1989 in seguito a diversi viaggi fisici e interiori dello chef, con una visione olistica dell’alimentazione che abbraccia corpo, mente e spirito.

Un vero laboratorio scientifico a base di vegetali

Il mondo vegetale si sposa alla perfezione all’evoluzione della tecnologia in cucina. L’alta cucina sviluppa nuovi processi di trasformazione degli ingredienti che trovano nella versatilità delle verdure un connubio ideale: ortaggi che cambiano consistenze e si fanno polveri, aromatiche e cromatiche per unire sapore ed estetica, diventano salse per condire, vengono disidratati per diventare croccanti e colorate cialde per un benvenuto veg dalla cucina, e così via senza freno alla fantasia dello chef.

Persino la parte finale del pasto, il dessert, non esclude le verdure. I gelati vegetali ad esempio non sono una rarità, per esplorare nuove frontiere del dolce al piatto, che include anche i vegetali, ne scopre ed esalta la parte zuccherina, per un menu tutto verde.

 


a cura di Roberto Magro