Grande Cucina

La nuova guida de L’Espresso raccontata da Andrea Grignaffini e Alberto Cauzzi

Numero tondo, mille, tante sono le insegne prese in considerazione dalla rinnovata Guida de L’Espresso dei ristoranti d’Italia, in libreria da qualche giorno con un nuovo direttore e un nuovo vice direttore. Andrea Grignaffini e Alberto Cauzzi, l’anima creativa e l’uomo dei numeri, che hanno sfrondato le oltre 2000 schede presenti nell’edizione 2023 grazie a un importante lavoro di analisi, di incrocio e di sintesi.

Una guida più snella, dunque, in continuità con il passato, per la presenza dei cappelli, con il trapassato, per il ritorno del punteggio in ventesimi, ma con alcune novità sostanziali.
Criteri più rigidi e numero chiuso in primis. Se, infatti, nell’edizione 2023 le insegne che potevano fregiarsi degli ambiti cappelli erano circa 1000, dal 2024 sono solo 500, tutti (o quasi) ristoranti di avanguardia che si sono distinti per la creatività e l’originalità dei loro piatti. Le altre 500 insegne (quelle senza cappello) rappresentano, invece, l’eccellenza della proposta ristorativa italiana.

Insomma, una guida tecnica per gastronomi più che un manuale per viaggiatori, ci tiene a precisare l’inscindibile duo Grignaffini-Cauzzi che abbiamo intervistato su alcuni temi d’attualità.

Intervista ad Andrea Grignaffini e Alberto Cauzzi

Molti credono che la critica gastronomica sia morta o stia morendo. Siete d’accordo?

 Grignaffini: «Penso che non sia vero. L’importante è che la critica sia militante. In questo momento c’è un mondo narrativo-elogiativo che fa un suo mestiere, che non è il nostro. E poi c’è un mondo che fa il nostro lavoro, cioè critica militante tecnica, certo noi numericamente siamo meno. Anzi, aggiungo che oggi ci sono più gourmet di un tempo ed è importante intercettarli parlando il loro linguaggio».

Cauzzi: «Mai come in questo periodo ce n’è bisogno. C’è un grande affollamento informativo, le fonti non sono più quelle tradizionali e c’è ancora più confusione di prima. Secondo me qualcuno che prenda una linea netta e decisa, non generalista, che decida di premiare e valorizzare un certo tipo di cucina, ha il suo pubblico. Parlare a una nicchia più o meno estesa e dare indicazioni precise è quanto mai importante».

Un tempo le guide spostavano clienti è ancora così? Che funzione hanno oggi?

Grignaffini: «Sicuramente danno un upgrade al cuoco, pochi di quelli che sono diventati famosi non hanno un ristorante blasonato, cioè recensito dalla critica gastronomica. In termini di numeri penso spostino relativamente poco».

Cauzzi: «Concordo, sugli spostamenti non so bene, ci limitiamo a fare il nostro lavoro: recensire ristoranti sperando che la gente ci segua».

Fine dining o trattoria?

Grignaffini: «Fine dining».

Cauzzi: «Fine dining».

Alcuni, però, sostengono che fine dining abbia le ore contate.

Cauzzi: «Parafrasando Woody Allen “Dio è morto, Marx è morto, anche io  sto poco bene”. Scherzi a parte, non credo. Credo che ci sia una forte polarizzazione. Ci saranno sempre meno ristoranti di alta qualità perché ci sarà sempre meno capacità di spesa, ma ci sarà più scelta all’interno di questo mondo. Perchè la gente ha voglia di esperienze originali e di qualità. La via di mezzo, il cerchiobottismo, è destinato a non avere futuro».

Grignaffini: «Sono d’accordo, ma soprattutto, auspico che le trattorie comincino a fare le trattorie e non facciano più i ristoranti».

Sostenibilità: una necessità o un termine abusato?

Cauzzi: «Andrea e io siamo coesi su tante cose, anche sulla deriva che alcuni temi politically correct sta prendendo, che a noi non piace. A noi piace un’idea che abbia un senso, che sia politicamente corretta o meno. Oggi si punta in continuazione il dito sulla sostenibilità ma anche su aspetti come l’etica e la gestione dei dipendenti. Ma come facciamo noi a controllare tutto questo? Come facciamo a essere sicuri che un cuoco, o un imprenditore, sia sostenibile nel suo processo, se non c’è un ente a certificarlo? Nessuno finora ha avuto metodo, vedo più approcci all’acqua di rose. Non vedo protocolli o analisi quantitative. Ancora, come faccio a sapere se un cuoco non paga o non molesta i dipendenti? Preferisco stare fuori da questo gioco, che non mi/ci appartiene. Sono di tendenza liberale, non sono un novello Savonarola».

Grignaffini: «Noi ci siamo limitati a un premio al miglior ristorante sostenibile. Avevamo anche pensato di attribuire dei cappelli verdi, poi ci siamo trovati nell’impossibilità di poterlo fare seriamente mancando indagini ed enti certificatori. E così ci limitiamo a fare il nostro mestiere».

Quanto conta il Km zero o giusto nella valutazione di un ristorante?

Grignaffini: «Conta poco, certo quando è acclarato è un plus valore, ma non necessariamente. Penso alla noce moscata nei tortellini, che certamente non è mai stata a km zero. Può essere una positività ma non la valutiamo».

Cauzzi: «Non diamo premi a questo aspetto».

L’offerta di un menu vegetariano deve diventare uno standard per l’alta ristorazione?

Grignaffini: «Io passo da un estremo all’altro: mi piace la cacciagione e mi piace il mondo vegetale, ma ritengo che il vegetale non debba essere un obbligo».

Cauzzi: «Non penso debba diventarlo. Se c’è è un’opzione».

Ventiquattro premi speciali e nessuno a una donna. Qualcuno si è lamentato. La cucina è ancora un mondo per uomini?

Cauzzi: «Ci abbiamo riflettuto solo ex post. È successo. Sintetizzo e condivido quanto ha detto sul Corriere della Sera Fulvio Marcello Zendrini, secondo cui, fino a quando la diversità di gusti sessuali e di genere deve essere difesa, catalogata e timbrata con un codice, abbiamo perso. Aggiungo che tra i nostri premi c’è anche un’altra mancanza, che forse è un argomento meno attuale: manca il Sud. È andata così. Però la prima cuoca friulana per noi è una donna: Antonia Klugmann, che ha dietro di sé alcuni ristoranti pluripremiati da altre guide e non è prima perché è una donna.

Grignaffini: «Abbiamo ragionato in presa diretta, per logica di premio, in un mondo che, va detto, è molto maschile. Io lavoro ad Alma dove le donne sono brave ma poche».

Negli ultimi tempi si sta dando molto risalto ai giovani, la cucina è, invece, diventata un mondo per giovani?

Grignaffini: «Guardando le iscrizioni all’Alma, l’interesse dei giovani a girar per ristoranti e i tanti giovani che abbiamo in guida, c’è infatti un bel gruppo di ragazzi con 18/20, penso proprio di sì».

Cauzzi: «La nostra guida vuole proprio valorizzare i grandi di domani».

Per concludere: cosa, secondo voi, deve fare uno chef, giovane o non, per emergere?

Grignaffini: «Deve fare il giovane, cioè deve metterci il coraggio, l’entusiasmo, la creatività o la forza che ha un giovane, ma anche un non più giovane. La capacità di rileggere il passato, se il passato non va bene».

Cauzzi: «Il rischio per me è l’omologazione. Bisogna avere il coraggio di dare e di osare. Oggi in Italia e nel mondo ci sono molti posti in cui si mangia bene, mangiare bene non è più un requisito fondamentale. Sono fondamentali, invece, l’identità e la personalità di un cuoco e dei suoi piatti».

a cura di Lydia Capasso

Il Sommelier Contemporaneo

Andrea Grignaffini

Gli strumenti per conoscere e proporre il vino ai propri commensali. Dalla carta dei vini alla conservazione, un libro dedicato all’arte del sommelier.

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