Grande Cucina

Le tradizioni enogastronomiche di Natale: l’Italia nel piatto

Un viaggio tra i sapori e i piatti regionali tipici del periodo natalizio, dalla pasta ripiena ai dolci. Tante suggestioni per un pranzo o una cena di Natale 100% italiana.

L’arrosto è sul fuoco, la pentola con l’acqua per i tortellini bolle, il panettone fa già bella mostra di sé sulla credenza, i biscotti appena sfornati intiepidiscono in cucina.

Le case italiane a Natale profumano di buono. Una bontà che è frutto di gesti antichi, che prendono la forza di veri e propri rituali: non solo la condivisione del cibo, ma anche la preparazione della tavola natalizia diventa tradizione, momento di gioia in famiglia. E ogni famiglia ha le sue di tradizioni, diverse, come spesso accade nel nostro Paese, da porta a porta.

La geografia della tavola natalizia in Italia è complessa, ricca e variegata: ovunque si ritrovano sapori antichi, si ripetono ricette conservate con cura e riservate alle grandi festività. Ricette diverse di città in città, di regione in regione, come sono diverse le usanze legate al Natale.

Con una prima grande differenza: pranzo di Natale o cenone della Vigilia? Nord e Sud come spesso accade sono divisi nelle tradizioni, anche se uniti nel sentimento di festa.

Dai ravioli di Milano ai cappellacci toscani

Le mille forme della pasta ripiena

Vitello tonnato, peperoni in bagnacauda, acciughe al verde: gli antipasti si sprecano per il pranzo di Natale piemontese, che prosegue con gli agnolotti del plin e con il brasato al barolo.

Una struttura simile a quella proposta sulle tavole milanesi a mezzogiorno: antipasti di salumi misti e insalata russa, ravioli di carne e poi cappone, accompagnato da una cucchiaiata di mostarda. In chiusura, ovviamente il panettone, servito con una soffice crema di mascarpone.

In Veneto il dolce di Natale è il pandoro o, per gli amanti delle particolarità, il nadalin, mentre in Trentino Alto-Adige è immancabile lo zelten, ricco di frutta secca.

Se i ravioli fanno tradizione in Piemonte e Lombardia, in Emilia non possono mancare i tortellini, un classico diffuso anche sulle tavole del resto d’Italia: a Bologna si servono rigorosamente in brodo di cappone, seguiti da un bollito in cui non possono mancare zampone e cotechino, e dal certosino, dolce profumato di cacao e cannella e ricco di canditi. E se ricco è il ripieno dei tortellini, decisamente più semplice è quello dei cappelletti romagnoli, farciti non di carne ma di formaggio.

La pasta ripiena trionfa anche sulle tavole di Toscana, dai cappellacci agli agnolotti, preceduta dai crostini “neri” di fegatini e milza e seguita dalla classica arista al forno, oppure dal delizioso pollo in galantina.

Un dolce Natale regionale

I dolci natalizi sono diversi da città a città, dalla pagnottella di Natale dell’Argentario, fatta con i fichi secchi, ai befanini di Livorno, profumati di rum, fino al più noto, il panforte di Siena, nato, secondo la leggenda, proprio la notte di Natale: tra i pastorelli che facevano visita a Gesù appena nato nella grotta di Betlemme c’era un bimbo, che portò in dono quel poco che aveva, un pezzo di pane e un pugno di mandorle. La benedizione di San Giuseppe fece sì che quel povero dono diventasse un dolce squisito.

Verso Sud, il rito del cenone

A Roma la cena della vigilia è di magro: antipasti di pesce, brodo di arzilla (la razza, usata anche per cuocere una particolare minestra di broccoli), pesce arrosto e verdure fritte. Il pranzo del 25 vede come primo piatto la stracciatella, e poi il cappone, l’abbacchio, meglio se impanato, e la cicoria ripassata. In chiusura il pangiallo, di origine latina a base di miele e frutta secca.

A Napoli capitone e baccalà dominano la scena della tavola di vigilia, ma non sono soli: «ce vonne vruoccoli zuffritti co l’alice salate, vermicielli co la mollica de pane e vongolelle, o pure zuffritti co l’alice salate, anguille fritte, ragoste vollute co la sauza de zuco de limone, e uoglio», scriveva Ippolito Cavalcanti. Irrinunciabile è anche l’insalata di rinforzo, così chiamata forse perché si gusta a metà del pasto, per “rinforzare” l’appetito, sgrassando la bocca con l’aceto. O forse perché rinforzata con nuovi ingredienti quando avanza dal 24: in questo modo tornerà in tavola al mezzogiorno di Natale.

Ovviamente alla cena segue il pranzo, dove domina questa volta la carne: ce n’è di tutti i tipi, ad esempio, nella minestra maritata, insieme ai broccoli.

In Calabria il cenone è composto da nove portate, come nove sono i mesi che portano alla nascita di un bambino, e che possono salire addirittura a 13, come gli apostoli con Gesù: tra i “must” pasta con la mollica, baccalà con i peperoni, frittelle con il cavolfiore o con le alici, senza dimenticare i dolci, a partire dalla pitta ‘mpigliata.

In Sardegna la coratella di agnello e la cordula aprono la strada ai malloreddus, mentre in Sicilia trionfano il baccalà e i mille golosissimi dolci.

Tradizioni: il bicchiere che mette tutti d’accordo

L’elenco dei piatti natalizi potrebbe continuare all’infinito, e infinite sono le varianti che ogni famiglia fa su ciascun singolo piatto: i confronti alimentano i dibattiti e i campanilismi, anche a Natale.

Così il vino: rosso o bianco, fermo o mosso, ogni regione afferma il primato dei suoi vini e delle sue specialità enologiche. Ma c’è qualcosa su cui gli Italiani sono concordi: il brindisi, con le bollicine nel calice. Ovviamente meglio se italiane: Prosecco o Franciacorta, Oltrepò o Trentodoc poco importa. Il vino quando accompagna gli auguri deve sfavillare di bolle. Quindi cin cin, e auguri!

a cura di Daniela Guaiti