Grande Cucina

Riapre il Grand Hotel Tremezzo, nel nome di Gualtiero Marchesi

a cura di Roberto Magro

Entrare al Grand Hotel Tremezzo è come salire su una nave da crociera d’altri tempi. Il lago di Como di fronte regala l’elemento liquido per immedesimarsi nella partenza, l’orizzonte però è limitato, non resta che salpare con la fantasia a ritroso nel tempo, in un viaggio fino ai primi del ‘900, quando attraversare gli oceani era privilegio per pochi. A rendere verosimile il viaggio nel tempo contribuiscono gli interni, il servizio e la tavola curata dell’hotel.

Al timone da circa quarant’anni c’è la famiglia De Santis, che sembra conoscere bene la rotta per condurre attraverso due secoli questo transatlantico liberty.

Luxe, calme et voluptè qui diventano una questione di stile e buone maniere, senza nessuna rigidità formale, in un clima rilassato.

La data di nascita della struttura risale al pieno Liberty del 1910, primo edificio nato per essere un hotel di fronte al Lago di Como.

I decenni trascorsi hanno lasciato il segno nello stile degli arredi, nei decori delle porte e in tanti altri dettagli che ricordano il passato senza appesantire il presente.

L’accoglienza è conviviale e non a caso, frutto dell’imprinting di una gestione che da sempre è familiare

Oggi l’hotel viaggia in perfetto equilibrio sul doppio binario tra passato e presente.

Considerevoli sono stati i lavori di ristrutturazione e gli investimenti, come l’acquisizione dell’attigua Villa Emilia, risalente al ‘700 e trasformata in elegante prolungamento della SPA dell’hotel.

Negli ultimi due anni è entrata a far parte delle proprietà del Tremezzo anche la storica Villa Sola Cabiati, residenza della famiglia Serbelloni e ancora oggi di proprietà della Fondazione Serbelloni, in gestione per cinque anni al Grand Hotel Tremezzo che qui organizza eventi privati, o la utilizza come dépendance esclusiva, per clienti che vogliono coniugare il piacere di avere a propria disposizione un’intera villa con i servizi di un grand hotel.

Ad animare ambienti carichi di storia e circondati da un parco di 20.000 mq che sale fino a un panoramico belvedere scandito da palme, fiori e piante, è anche l’iniziativa di uno staff cui non manca l’inventiva.

A partire da Valentina De Santis, amministratore delegato ed esponente della terza generazione della famiglia. Dal 2010, anno del centenario dell’hotel, ha istituito una sontuosa festa di compleanno che ogni anno fa notizia.

Per arrivare poi a una serie di eventi, anche inusuali, che rendono l’hotel un’ambientazione ideale per festeggiamenti da parte di una clientela sopratutto internazionale, con gli americani a fare la parte del leone (circa il 50% delle presenze).

Mini moon (il week-end di vacanza che precede la vera e propria luna di miele), baby moon (luna di miele per neogenitori),”Dimmi di sì” (per organizzare a dovere il momento di una proposta di matrimonio) sono tutti appuntamenti che ricorrono al Tremezzo.

La stagione 2019 è partita ad aprile e riserva importanti novità sul versante ristorazione.

Partita leggermente in ritardo rispetto agli anni passati, ma con una valida motivazione: i lavori sono infatti terminati solo pochi giorni fa e hanno visto una sostanziale rivoluzione nelle cucine.

Nuovi spazi e nuovi volumi: piastre completamente a induzione, nuova tecnologia firmata Electrolux, un nuovo prezioso pass in marmo rosso.

La visita completa richiede tempo, perchè lungo è il percorso nel regno dei cuochi che qui sono ben 25 in brigata, a far da cicerone lo chef Osvaldo Presazzi.

In forza al Tremezzo da trent’anni, considerevole il curriculum gastronomico (Crillon, Ritz), si rivela un’entusiasta guida attraversando il suo nuovo ambiente di lavoro.

Già all’ingresso la lunga vetrata con vista sul lago risolleva almeno in parte dal peso della fatica del lavoro in cucina.

Oltre alle consuete postazioni di lavoro, che alle pareti vedono tante piastrelle come nelle cucine di casa di una volta, grande è l’ambiente dedicato alla pasticceria e alla panificazione: in rapida serie si susseguono sfogliatrici, impastatrici, planetarie, forni, abbattitori, impastatrici tuffanti per il pane, macchine per il gelato.

Massima cura nella lavorazione della materia prima che ha ambienti dedicati: uno per le carni, separato da un altro per la lavorazione del pesce con propri abbattitori.

Una cucina studiata nel dettaglio, dove tutte le stufe sono illuminate da una fila di led.

Non senza una punta di emozione, Presazzi parla di uno splendido progetto per il quale la responsabilità è tanta, e non si riferisce solo ai nuovi ambienti.

Quest’anno infatti il ristorante gourmet dell’hotel, La Terrazza, vede rinsaldarsi ulteriormente la collaborazione con la fondazione Marchesi.

Già dal 2011 Gualtiero Marchesi aveva scelto il Grand Hotel Tremezzo come luogo dove riproporre vista lago alcuni dei suoi piatti classici.

Da quest’anno il ristorante si chiama La Terrazza Gualtiero Marchesi, e non a caso, vede infatti ampliata la propria carta con tutti i classici marchesiani (da riso oro e zafferano al raviolo aperto, dal dripping di pesce al rosso e nero), ed è l’unico al mondo a portare il nome del Maestro della nuova cucina italiana.

L’alta cucina, che oltralpe è storicamente legata ai Grands Palais, rivive in questa prestigiosa struttura nella versione tutta italiana di Marchesi. E lo fa con piatti che si ispirano all’arte e ai suoi esponenti, Pollock, Fontana, in un luogo carico di arte e storia.

A tavola si susseguono piatti che risalgono anche a oltre trent’anni fa, come riso oro e zafferano del 1981 (con tanto di certificato numerato consegnato a chi ordina questo piatto) o l’astice in salsa di peperoni del 1978.

Novità dirompenti all’epoca in cui questi piatti vennero proposti, oggi dei classici, mai passati di moda perchè Marchesi non ha mai inseguito nessuna moda, come ricorda il genero Enrico Dandolo: Marchesi non è stato un imprenditore della ristorazione è stato piuttosto un artista che ha sempre seguito la propria strada, sono stati gli altri che gli sono andati dietro. Ha fatto scuola ma senza salire in cattedra, la forma di insegnamento che ha messo in pratica è stato l’esempio, come lui stesso amava ripetere.

E Osvaldo Presazzi di questo esempio ha fatto tesoro, rivelandosi felicemente all’altezza nel ruolo di esecutore dei piatti del Maestro.