La storia professionale di Niko Romito, cuoco in grado di trasformarsi in imprenditore della cucina, senza perdere in passione e mantenendo forti legami con il proprio percorso gastronomico. Dalla ristorazione stellata fino all'innovazione street food di Bomba, ripercorriamo insieme i passi che hanno fatto di uno chef un grande capitano d'impresa.
Un cuoco che diventa anche imprenditore è una professionalità tutto sommato recente: se tanti sono gli esempi che ci vengono dalla vicina Francia, in Italia si possono contare sulle dita di una mano. Il cuoco imprenditore continua a cucinare? Probabilmente no, di sicuro passa più tempo fuori che dentro la propria cucina e inizia ad averne più di una.
Il suo nome si fa brand, apre una serie di locali, diversifica le attività, non solo come forma di collaborazioni del tutto occasionali per spot pubblicitari, consulenze o sporadiche apparizioni televisive. Struttura la propria professione pianificando e studiando (si spera) in maniera oculata investimenti e accordi commerciali con partner che sostengano le sue idee, per ampliare quella che da un locale singolo diventa una vera e propria impresa.
Se non è così comune trovare un cuoco imprenditore in Italia, ancora meno lo è trovare un cuoco imprenditore che, crescendo, continui a sviluppare le proprie idee su come intendere la cucina e la professione di cuoco in maniera coerente.
Possiamo dire che un esempio di questo tipo di cuoco imprenditore è Niko Romito.
La partenza, tra sfide e difficoltà
Gli inizi non sono facili per nessuno, quelli dello chef Romito lo sono stati ancor meno.
Tutto è partito da un cuoco autodidatta, o meglio, da uno studente in economia e commercio a Roma che all’improvviso venti anni fa (1999 anno della prematura scomparsa del padre) si è ritrovato a fare il ristoratore prima e poi il cuoco, attratto sempre più dai fornelli.
Un cuoco autodidatta che nel suo percorso sembra essersi “divertito” a collezionare difficoltà e a cercare di superarle. Oltre agli inizi professionali insoliti, anche la Regione in cui ha iniziato, e scelto di continuare, a lavorare, l’Abruzzo, per quanto unica e affascinante non era di sicuro al centro del mondo gastronomico.
Una terra che consente di staccare da tutto ma anche di rimanere isolati dal resto del mondo; è ancora viva nella memoria un’edizione di Identità Golose di qualche anno fa in cui Paolo Marchi, presentando Romito, raccontò il rocambolesco viaggio per portarlo a Milano dalla neve del clima appenninico di Castel di Sangro.
Quella stessa neve che copre e rende tutto invisibile, che il Romito riflessivo ama, in parte perché isola momentaneamente da tutto, e in parte proprio perché è come la sua cucina, dove alcuni ingredienti sono discreti, invisibili, ma utili all’architettura del sapore del piatto. Una semplicità che si fa essenzialità, alla ricerca del sapore assoluto. Un’essenzialità complessa però, come lui stesso la definisce.
Oltre la cucina, verso orizzonti nuovi e più ampi
Rileggendo la sua autobiografia, una delle frasi che ricorre più spesso è “eppure non ero soddisfatto”.
Forse proprio questa è la duplice chiave del suo successo: la voglia di non arrendersi davanti alle difficoltà, la voglia di superare se stesso davanti ai successi.
Per essere imprenditori occorre avere una visione, se non del mondo almeno della propria posizione nel mondo, di quel che si vuole realizzare, sul come incideranno poi le condizioni ambientali, gli incontri, l’impegno e forse anche un po’ la fortuna.
La visione di cucina di Romito non si “limita” a ciò che finisce nel piatto di un ristorante di alta ristorazione: ingredienti, tecniche, tecnologia, procedimenti e sperimentazioni sono il punto di partenza di nuovi progetti, oppure ancora il punto di arrivo di altri progetti come quelli formativi.
Facendo tesoro del proprio percorso, fa nascere a Castel di Sangro la Niko Romito Formazione. L’idea iniziale è quella di un laboratorio-scuola all’interno del Reale, da qui parte e si sviluppa l’idea di una vera e propria scuola di alta cucina. Forse proprio un autodidatta, più di altri, può immaginare una scuola, quella che non ha mai avuto e avrebbe voluto, quella in cui prima dei piatti si raccontano gli ingredienti.
Lo studio a 360 gradi di una cucina che è anche alchimia e scienza, teoria e pratica, fatta di incontri con i produttori, sul territorio. Una cucina come “scienza olistica” come la chiama Petrini nell’introduzione alla biografia di Romito. E proprio Slow Food sosterrà questa iniziativa, seguita a ruota dal riconoscimento di alta formazione da parte della Regione Abruzzo.
Il racconto di una cucina imprenditoriale come quella di Romito è fatta di una continua e coerente evoluzione che rende bella la storia sia da ascoltare che da raccontare. Si snoda a puntate come i capitoli di un romanzo. Dopo il ristorante dove realizzare la propria cucina e ottenuti i primi riconoscimenti, dopo la scuola di formazione, quale poteva essere il capitolo successivo? Uno solo: quello di accompagnare i ragazzi usciti dalla realtà formativa verso quella lavorativa.
Romito non è andato a cercarla la realtà lavorativa, l’ha creata. Nascono così i ristoranti Spazio, a Rivisondoli prima, Milano e Roma poi. Spazio diventa lo sbocco naturale per la scuola, ristorante con una nuova offerta gastronomica per il pubblico e palestra per nuovi talenti, tutto assieme.
Da questo momento Romito esce dal suo Abruzzo, cresce il suo successo, nel 2013 arrivano anche le tre stelle Michelin al Reale e Castel di Sangro diviene un nome noto in Italia e non solo.
Ma quell’“Eppure non ero soddisfatto” continua a essere il suo mantra.
Non solo formazione: nasce Bomba, il nuovo street food
Sviluppa nuovi format di ristorazione. Pensiamo a Bomba, una sorta di street food gourmet: cura nella preparazione e nella tecnica per realizzare una sfera lievitata e fritta e poi farcita in diversi modi. Sembra aver cavalcato l’onda dello street food, con il supporto commerciale di Autogrill. In realtà applica tecniche da alta ristorazione a un prodotto pop, quel fritto mantiene una straordinaria leggerezza, e non copia o imita nessuna moda, semplicemente recupera un’idea familiare.
Quelle Bombe infatti anni prima venivano fritte nella pasticceria di famiglia, dal padre autodidatta lui stesso. Quelle Bombe, agli esordi della sua attività di cuoco, nel capodanno del 2000, salvarono una serata flop al Reale, fritte e proposte a colazione dopo i festeggiamenti per l’anno nuovo. Territorio e legami familiari si fanno progetto imprenditoriale, testa e cuore.
La capacità di coniugare format più pop come Bomba a collaborazioni haute couture come i ristoranti Niko Romito all’interno dei Bulgari Hotel, non tradisce la sua idea di cucina, declinata in diverse sfumature e sempre uguale a sè stessa. Da una parte un ricordo di un dolce di famiglia, le bombe appunto, dall’altro un’ambizione: riuscire a proporre anche all’estero, nel lontano estremo oriente, i classici della cucina italiana passati attraverso le sue mani.
Piatti riprodotti all’insegna del less is more, con un’estetica minimalista, il suo “spaghetto e pomodoro” è iconico in tal senso. Ricerca e sapore, è invisibile ma considerevole la prima, forte e percepibile al palato il secondo. Per un piatto simbolo dell’Italia, semplice a partire dal nome, due termini al singolare e una congiunzione. Nei suoi menu, anche dal punto di vista lessicale, tutto ciò che può essere di troppo viene eliminato.
La panificazione e la ristorazione ospedaliera
Qualunque ristorante di alta cucina il pane lo fa in casa, Romito è andato oltre: lavorando sul tema della panificazione ha creato un laboratorio dedicato e poi una piccola impresa. Il luogo è sempre Castel di Sangro, dove mettere all’opera un team di ragazzi della Niko Romito Formazione. Qui ogni giorno vengono sfornate, abbattute e spedite, tante fragranti pagnotte. Pane che arriva anche solo dietro l’angolo e si ferma da ALT, il nuovo luogo di sosta sulla statale tra Abruzzo e Molise, inaugurato l’estate scorsa, gestito dai ragazzi della scuola.
Un vero e proprio business che parte da un elemento alla base della nostra alimentazione, antico e moderno assieme, quel pane che già da piccolo gli offriva il nonno che gli insegnò il gusto per le cose semplici, un alimento che con la sua consistenza “rende migliori il cibo cui si accompagna”, Romito dixit.
Il cuoco imprenditore racchiude in sè due ruoli che richiamano necessariamente anche a un ruolo sociale. E proprio nel sociale Romito ha sviluppato il progetto di ristorazione ospedaliera con IN-Intelligenza Nutrizionale: l’alta cucina mette al servizio della ristorazione collettiva conoscenze e capacità. Non si tratta di elevare qualcosa che è basso, ma di riempirlo di contenuto in termini di salubrità oltre che di sapore.
E le potenzialità di espansione ad altre forme di ristorazione collettiva sono pressoché infinite: basti pensare a scuole, carceri, mense aziendali, con potenziali risvolti didattici. La ricetta del progetto prevede di cucinare cose semplici e con precisi vincoli di budget, ma al tempo stesso cucinarle bene e insegnare alle persone che si può (si deve?) mangiare bene anche in questi contesti.
In due decenni Romito è riuscito a raggiungere notevoli risultati, sviluppando idee originali, sempre legato all’Abruzzo e agli affetti familiari che lo hanno affiancato nel suo lavoro. Una coerenza di sentimenti legata alla pragmaticità dello studente in economia.
Da un ex convento ormai rudere a un ristorante tre stelle Michelin, senza dimenticare e abbandonare i luoghi di quel rudere per andare a scoprire il mondo, ma facendo in modo che il mondo venisse lì, a Castel di Sangro, a conoscere la sua complessa essenzialità.
a cura di Roberto Magro
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