Grande Cucina

La fermentazione: cos’è e come si fa? Intervista a Manuela Vanni

La giornalista, autrice di libri e docente al Congusto Gourmet Institute ci svela tutti i trucchi e i segreti della fermentazione, vero food trend in tutto il mondo.

Da metodo di conservazione antico e popolare a pratica molto attuale. La fermentazione è sempre stato il modo migliore per conservare gli alimenti, insieme alla salagione o l’essiccazione al sole. Abituati al nostro frigorifero e al freezer, ci sfugge che è una tecnica ancora molto usata in alcune parti del mondo e si riaffaccia sempre più spesso sia nelle cucine casalinghe che in quelle professionali. Di batteri buoni, cibi fermentati e loro benefici, ne abbiamo parlato con un’esperta, Manuela Vanni, giornalista, autrice di libri di cucina e docente al Congusto Gourmet Institute per le lezioni sulle fermentazioni, previste dal programma di studi del corso di cucina professionale.

Partiamo dalle basi, cos’è la fermentazione?

La fermentazione, materia che da Congusto affrontiamo già da qualche anno, è un processo vitale di natura biochimica in cui alcuni microrganismi (per lo più lieviti e batteri) traendo energia dagli alimenti, ne determinano una trasformazione a livello organolettico e nutrizionale. Pane, caffè, tè, formaggio, salumi, cioccolata, vino, yogurt, ecc, sono pochi esempi dei tanti cibi fermentati che consumiamo abitualmente a tavola. Tutti questi alimenti sono stati in qualche modo modificati dall’azione trasformatrice dei microrganismi. Alcuni di questi sono poi ancora vitali quando li mangiamo, cioè con fermenti e lieviti ancora attivi. La pratica della fermentazione favorisce le condizioni ambientali ideali alla crescita dei soli batteri buoni, quelli che ad esempio, trasformano dei cavoli in un cibo buono e salutare da mangiare, i sauerkraut.

Quali sono gli aspetti nutrizionali dei prodotti fermentati?

Un cibo fermentato apporta molteplici benefici. Non è facile generalizzare poiché ogni alimento possiede caratteristiche e profili nutrizionali differenti. Si possono comunque individuare alcuni aspetti comuni a tutti i cibi fermentati. Per esempio, la predigestione, i microrganismi semplificano alcune sostanze presenti nel cibo rendendolo più digeribile, o la detossicazione, l’azione dei batteri rende innocue sostanze molto tossiche, o fanno sparire del tutto sostanze per noi difficili da digerire o che danno un sapore amaro al cibo. Il vantaggio più importante che deriva dal consumo di alimenti fermentati sono però i batteri stessi. Contrariamente a quanto ci dicono, cioè che sono nemici da combattere, si è scoperto, invece, che sono nostri alleati.

Come si fa la fermentazione?

Non è facile spiegare le diverse preparazioni. Sono spesso lunghe e laboriose, oppure brevi ma comunque articolate. Diciamo, in linea generale, che bisogna creare in cucina le condizioni ideali perché i microrganismi possano dare il via alla loro azione trasformativa nel miglior modo possibile. Si affettano così delle verdure, oppure si prepara un tè, si aggiungono del sale o dello zucchero, si cospargono di spore cereali o legumi, si mescola una salamoia o un kefir di latte a un frullato di frutta secca, si precuoce un alimento, o semplicemente si lascia così com’è.

Quali sono gli strumenti indispensabili?

A scuola i laboratori sono ben forniti di tutte le strumentazioni. In alcuni casi, come nelle “fermentazioni selvagge” tutto ciò che serve è già presente sull’alimento che vogliamo far fermentare. In altri casi bisogna procurarsi degli starter (dei lieviti o dei batteri specifici) per ottenere una fermentazione sicura. A parte questo, servono senz’altro le mani e tanta pazienza: la fermentazione richiede sempre il suo tempo.

Cosa impara, durante le lezioni dedicate ai fermentati, un allievo del Corso di Alta Formazione per Cuoco del Congusto Gourmet Institute?

Durante le lezioni da Congusto gli allievi del corso di cucina professionale imparano a conoscere e a preparare i principali alimenti e bevande fermentate come la kombucha, i kefir d’acqua e di latte, i già citati sauerkraut, le verdure in salamoia, i formaggi e le creme spalmabili vegetali e molto altro.

In cosa differisce il metodo casalingo rispetto a quello che può essere praticato in una cucina professionale?

Di base non esistono grandi differenze nei metodi di preparazione. Ciò che può variare sono le quantità o i materiali utilizzati. Spesso nelle cucine professionali utilizzano le buste per il sottovuoto, invece dei vasi di vetro. Un aspetto che uno chef deve tenere presente maggiormente, rispetto al cuoco casalingo, è la questione della sicurezza. Sia chiaro, le fermentazioni sono tutte sicure, ma se un alimento fermentato deve essere somministrato, bisogna esserne davvero certi. Per questo oltre alla prova assaggio, basta servirsi di un set di “cartine tornasole”. S’inserisce una striscetta nel vaso pronto e si osserva il colore che prende in base al pH raggiunto dal cibo fermentato. Il pH dovrà essere sempre inferiore a 4/4.5.

In Italia ci sono chef che cominciano ad apprezzare questa tecnica antica, eppure così attuale?

Le carte e i menu che propongono alimenti fermentati sono ormai moltissimi, anche in Italia. Non posso non citare Marco Ambrosino che mi ha aiutata molto durante la stesura del mio libro sulla fermentazione, oppure Mattia Baroni, con cui ho collaborato durante la stesura del suo volume tecnico che uscirà in autunno, edito da Italian Gourmet.

a cura di M.C.