Grande Cucina

Enrico Bartolini: perché chef stellati si nasce

È illusorio pensare che uno chef oggi si caratterizzi solo per quello che è in grado di pensare, realizzare in cucina e portare nel piatto del cliente. Il mondo dei fornelli non sfugge a un’epoca fatta di social, comunicazione e storytelling.

Ogni chef si distingue dall’altro per la propria filosofia di cucina, certamente, ma anche per il proprio atteggiamento rispetto al mondo dei social e dei media. Non ultima anche per la propria propensione, avversione, o indifferenza, ( quest’ultima più o meno sincera) rispetto alle guide: punteggi, stelle o forchette che siano.

Il successo, la realizzazione professionale di un cuoco, poi, sono il risultato di una serie di fattori: talento, in cucina e imprenditoriale, duro lavoro e fortuna sono ingredienti che giocano un ruolo fondamentale. Le dosi le stabilisce il fato, e dall’alchimia ne nascono ricette di successo o flop clamorosi.

Quella di Enrico Bartolini è una storia di successo, con alcune peculiarità che la rendono unica. Se un libro non va giudicato dalla copertina, è pur vero che la homepage di Enrico Bartolini parla di numeri che con il successo hanno a che fare; scorrendo le voci del menu del sito, la seconda invita a scoprire i ristoranti, al plurale, che portano la firma dello chef.

Superando anche i confini nazionali, e arrivando in altri continenti, il cuoco di origini toscane ha all’attivo ben otto insegne. E in più nel suo caso il talento imprenditoriale va di pari passo con i riconoscimenti della critica di settore. Se in Italia conta cinque locali, le stelle sono ben sei. L’ultima conquistata con l’edizione 2019 della rossa, assegnata alla Locanda del Sant’Uffizio a Cioccaro di Penango, in provincia di Asti. Ultima insegna nata e subito premiata nel giro di un anno.

Bartolini, chef da record

Un vero poker d’assi quello dell’edizione Michelin 2017, conquistandone quattro stelle in un anno solo:

  • due assegnate al Ristorante Enrico Bartolini al MUDEC, Museo delle Culture di Milano
  • una al Casual Ristorante a Bergamo
  • una La Trattoria Enrico Bartolini a Castiglione della Pescaia

Se a questo uniamo il fatto che lo chef appartiene alla classe 1979, emerge un bel percorso per i suoi primi 40 anni e con la prima stella conquistata a soli 29.

Una storia che ricorda alcune carriere di successo di chef stranieri e francesi, enfant prodige della ristorazione internazionale che hanno saputo essere anche creatori di piccole o grandi fortune imprenditoriali fondate sui fornelli. E il rimando non è causale almeno per due motivi: Bartolini ha avuto una serie di esperienze all’estero, che hanno sicuramente allargato la sua visione su come intendere il ruolo del cuoco. Restando in Italia, ha anche lavorato con Massimiliano Alajmo, che di storia di successo in giovane età, stelle incluse, è un emblema nazionale.

Dell’uomo Bartolini come primo impatto stupisce la pacatezza, la lontananza nei modi da qualunque atteggiamento istrionico. Una sorta di calma interiore che si trasmette all’esterno sotto forma di controllo, padronanza, un’educazione nei modi quasi d’altri tempi accompagnata da un tono di voce rassicurante. A uno sguardo superficiale potrebbe sembrare schivo in un’epoca di divi ai fornelli, ma così non è. Un uso moderato dei social, il suo, e nemmeno tanto esposto mediaticamente; i risultati sembrano dire che non ne ha avuto e non ne ha un gran bisogno.

Certo, di Bartolini si parla puntualmente, ma sono sopratutto i riconoscimenti ottenuti che fanno parlare di lui. Un atteggiamento di sicurezza in se stessi è un’ottima premessa per diventare leader in cucina. E quando le cucine sono numerose, e ubiqui non si può essere, il leader si fa insegnante, sviluppa la capacità di circondarsi di fidati collaboratori ai quali prima insegnare e poi delegare.

In un sola parola, lo chef, il vero capo, sa creare una squadra vincente ma sopratutto che si identifichi con lui e la sua cucina: come se ai fornelli ci fosse sempre Bartolini, anche quando non c’è. Rendendo concreta e quotidiana la battuta di Paul Bocuse quando gli chiesero chi cucinasse quando lui non c’era, “le stesse persone che cucinano quando ci sono io” rispose.

 


Articolo a cura di Roberto Magro