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Il menù di carne perfetto a cura di Sergio Mei: dalla testa alla coda e viceversa

Un menù di carne raccontato da Sergio Mei. Banale? Inadatto? Assolutamente no. Il maestro spiega in questo articolo come comporre un menù a base totalmente di carne.

Un menu di carne?

Che cosa banale, potrà forse pensare qualcuno. Invece no, è proprio tutto il contrario. Nella mia più che trentennale esperienza di cuoco, nello studio di libri di gastronomia, dal contatto con i tanti colleghi mi sono reso conto che comporre un intero menu di carne non è una cosa tradizionale e, per così dire, regolamentata dai “testi sacri” della cucina. In linea di massima, infatti, non ci sono regole codificate che possano guidarci nella composizione di un menu a base totalmente di carne; così negli anni io ho pensato a dei criteri che possano fare da fil rouge in un pasto di questo tipo. Pensateci un po’. Nella tradizione italiana familiare di solito si sceglie un tipo di materia prima: che sia il maiale o il vitello, il pollo o il manzo, c’è una carne che diventa la protagonista della portata principale di quel pasto – accompagnata da intingoli, verdure, o quant’altro – attorno alla quale si articolano gli altri piatti. Più difficile invece pensare a una successione di portate che, a partire dall’antipasto, possa offrire una variegata gamma di sapori “carnivori” senza annoiare i commensali. In questo libro ho voluto quindi raccogliere una serie di ricette che diano la possibilità di creare un menu in cui varie tipologie di carne e modalità di cottura possono integrarsi e trovare un’armonica composizione, consentendo ai commensali di esplorare la vastissima gamma di sapori che le carni offrono.

Un buon criterio: non ripetere

Un principio utile a mio avviso è quello di focalizzarsi su un prodotto – ad esempio uno dei più comuni, il vitello, ma il metodo vale un po’ per tutti i tipi di carne – e pensare a tutti i possibili tagli, comprese le parti come lingua, frattaglie, testina e molto altro, dando a ciascuna una “collocazione” nelle varie portate. Nella successione delle vivande un criterio generale sempre valido è quello di non ripetere uno stesso ingrediente in più portate (a meno che si tratti di un menu “a tema”, ad esempio a base di funghi o tartufi, per citarne due fra i più comuni). Questo si traduce, in sostanza, nell’individuare un tipo di taglio di vitello differente e per ciascuno di essi uno stile di preparazione e cottura differenti per ogni portata. E sempre andare in una progressione “a salire” di condimenti e sapori, per non stancare troppo presto il palato dei convitati.

Imparare a conoscere le carni

Oggi chi si diletta in cucina, ma troppo spesso anche i professionisti, è abituato ad acquistare tagli di carne già porzionati. Niente di male in questo, la praticità e il risparmio di tempo hanno di certo il loro valore; peccato però che questa abitudine abbia portato a dimenticare sempre più di frequente i tagli meno consueti, in genere definiti “poveri”: sono quelli che necessitano di cotture lunghe, che vanno insaporiti con sapienti abbinamenti o quelli come le frattaglie, che hanno visto un lungo oblio sulle nostre tavole. Tutto ciò a mio avviso è un grande errore: non solo si crea un odioso spreco, ma si perde la sapienza di antiche ricette, in grado di valorizzare ogni minima porzione dell’animale sacrificato per la nostra nutrizione. E poi quanti sono oggi, anche fra i cuochi, coloro che sanno porzionare, parare, sfilettare tagli grandi di carne, un maialino o anche solo un cappone? Sempre meno, a quanto vedo. Quindi, senza voler per forza diventare macellai esperti, affidiamoci almeno a un fornitore di fiducia, che sappia consigliarci sui tagli più adatti alle nostre esigenze, sulla maturazione delle carni, sulla frollatura, sulle cotture alternative che sarebbe utile riscoprire e rivalutare.

Diciotto i tagli, valorizziamoli tutti

Ogni animale, dal punto di vista dell’utilizzo in cucina, è costituito da 18 parti “utili”. Ognuna di queste ha il suo pregio gastronomico, bisogna saperlo mettere in valore con la cottura più adeguata alla portata e con abbinamenti studiati per contrasto o armonia di gusto. Qualche esempio può aiutare, ad esempio partendo dalla testa dell’animale. Così possiamo pensare ad aprire il pasto con una semplice ma gustosissima lingua bollita accompagnata da sottaceti o da una insalatina fresca e leggera; oppure preparare una testina di vitello o i nervetti in agrodolce, per stuzzicare la salivazione e l’appetito. A seguire, una semplice fettina di vitello tonnato, meglio ancora senza maionese, può essere la gustosa continuazione di un menu classico italiano, per continuare con un ragù leggero di polpa battuta al coltello, magari abbinata a verdure di stagione, ottima per condire una pasta all’uovo o secca. E poi il classico arrosto, preparato con il “cappello del prete” o “arrosto della vena” (sottopaletta di vitello), che grazie alla sua venatura interna lascia la carne morbida e succulenta, cotto nella versione tradizionale, solo con un po’ di odori e sfumato al vino bianco, soddisfa ampiamente la media dei commensali. Ma gli si può dare un tocco diverso di sapore anche solo con una grattugiata di buccia di limone, che lo rende fresco e profumato, accostandolo alle classiche patate, a un flan di verdure, a misticanza o quant’altro la stagione ci suggerisce.

Dalla coda in poi

Il percorso all’interno di un menu di carne potrebbe trovare ispirazione anche partire dalla coda, ottima cotta arrosto e disossata, con verdurine come antipasto; un magatello potrebbe diventare il protagonista di una tartare o un leggero carpaccio, seguito da una pasta ripiena, per passare poi a costolette, scaloppine, la pancia, il fegato e molto altro… Come si vede anche solo esplorando in modo analitico le varie pezzature si possono trarre molte ispirazioni gastronomiche. Ricordando che raramente un taglio di carne è adatto a un solo tipo di preparazione (in genere, quello a cui ci siamo abituati) e che quindi vale la pena di mettere alla prova anche altre soluzioni e metodi di cottura.

 La bassa temperatura, una riscoperta dal passato

Da qualche anno sono in auge le cotture sottovuoto a bassa temperatura in bagno termostatato (più comunemente conosciuto come “roner”). In questo libro non troverete ricette eseguite con questa tecnica, perché ho preferito concentrarmi su metodi di cottura realizzabili da chiunque, anche senza particolari attrezzature. Nella ristorazione è una modalità di cottura ampiamente utilizzata, a volte anche a sproposito, a mio avviso. In buona sostanza, comunque, non c’è nulla di nuovo sotto il sole. In passato le cotture prolungate erano usatissime, specialmente nella cultura contadina: gli stufati o le minestre di legumi erano messi a cuocere già alla mattina, in un angolo della cucina a legna e, al ritorno dal lavoro, erano pronti per la tavola. Oggi abbiamo solo imparato a usare una macchina che ci consente il perfetto controllo della temperatura, cosa che un tempo era frutto di conoscenze tramandate e tanta pratica. Premesso tutto ciò, in questo volume potete trovare un centinaio di ricette a base di carne che, variamente combinate fra loro, potranno aiutarvi a realizzare un eccellente e completo menu che potrà spaziare dalle ricette tradizionali a quelle di mia creazione. Di seguito aggiungerò qualche annotazione sintetica sugli specifici tipi di carne che sono trattati nel ricettario.

Agnello

In Sardegna e in generale nell’Italia del Sud c’è una consolidata tradizione nei riguardi del consumo della carne di agnello. Nella mia isola si tende a utilizzare animali di 3-4 mesi (da 6-7 kg di peso circa) che non hanno ancora brucato, mentre in Lazio e Abruzzo preferiscono l’agnellone, con una pezzatura di circa 20 kg, che quindi ha una diversa maturazione delle carni e richiede cotture differenti. Anche dell’agnello si usano tutte le parti, interiora comprese.

 Maiale

Anche in questo caso si tende a preferire l’animale piuttosto piccolo, per la tenerezza e maggiore delicatezza della carne. In Sardegna il tipico maialino da fare allo spiedo dovrebbe aggirarsi attorno agli 6-7 kg di peso. Animali più piccoli hanno carni tenere, si, ma poco consistenti e meno soddisfacenti per un intenditore.

Cappone, anitra e affini

Un cappone di 6 mesi d’età è l’ideale. Un tempo li si trovava pronti nel periodo natalizio, ma oggi sono disponibili tutto l’anno. Non limitiamoci a pensare solo a quello tradizionale di Natale farcito intero o disossato: esistono moltissime ricette che possono valorizzarlo, dal bollito all’umido, in gelatina, arrosto e via discorrendo. L’anitra è un pregiato volatile che si presta in maniera ideale a rapide cotture (il petto), ma anche a preparazioni in casseruola, glassate, arrosto…

Bovini

Che sia manzo o vitello, la cottura più adatta dovrebbe valutata in base a vari elementi fra cui prima di tutto il tipo di taglio, la frollatura, la quantità di grasso superficiale o di infiltrazione. Elementi che determineranno il tipo di morbidezza, succosità e sapidità della carne stessa e quindi il risultato finale nel piatto. L’esperienza di un bravo macellaio risulta particolarmente preziosa su questo fronte.

 

Tratto da “La cucina italiana all’italiana – Menu di carne” di Sergio Mei – Vuoi saperne di più su questo libro? Qui trovi tutte le informazioni