Grande Cucina

L’Alfabeto di Ellegì di Licia Granello. V come Venezia: l’altra ristorazione in laguna

La città più incredibile del pianeta. La più fantasmagorica, rapinosa, ammaliante, poetica, sospesa com’è tra leggende millenarie e ovvia precarietà. Desiderio cocente di miliardi di potenziali turisti: visitarla una volta nella vita, almeno una.

A Venezia i guai cominciano un attimo dopo aver messo piede alla stazione di Santa Lucia o aver parcheggiato la macchina in piazzale Roma. Venezia si trasforma in un approdo faticoso per le gambe (e ci sta), ma soprattutto per stomaco e palato.

La scelta di abbassare il profilo turistico di Venezia non ha nulla a che vedere con la sua “democratizzazione”. Semplicemente, si paga a caro prezzo quello che non vale, tra alberghi raffazzonati e camere con vista sui bidoni dell’immondizia, paninerie sciatte e ristoranti con fritti di pesce che gridano vendetta al cospetto del dio della buona cucina.

Vuoi riempirti occhi e cuore nei giardini della Biennale, nutrirti l’anima percorrendo le sale di Palazzo Ducale, farti cogliere dalla sindrome di Stendhal davanti alle opere di Ai Wewei all’isola di San Giorgio? Bene, allora accetta il rischio (alto) di mangiare e dormire pagando tanto e ricevendo poco, punizione ineluttabile da scontare a fronte di tanta bellezza.

Ma un’altra Venezia è possibile, anche nell’ospitalità. Una nuova generazione di albergatori e ristoratori sta mettendosi lentamente in rete per offrire immagine e sostanza di una città finalmente allineata a un turismo di qualità. Che non ha nulla a che vedere con i prezzi. Sono i concetti a fare la differenza.

La rivincita del bacari

Foto: hotel Aquarius

Luca Chiais è il direttore generale dell’Aquarius, hotel 4 stelle nato due anni fa dalla ristrutturazione di un palazzo del quindicesimo secolo, già sede della Facoltà di Architettura, affacciato su Campo San Giacomo dell’Orio, nel popolare quartiere di Santa Croce. Spiega: «Dobbiamo pensare a una Venezia alternativa, dove anche i panini siano fatti a regola d’arte. La scarsissima presenza di veneziani nell’amministrazione comunale certo non aiuta. Perché Venezia viene considerata per i suoi incassi e non per le sue potenzialità. Ma per fortuna qualcosa sta cambiando, non dai politici, ma dal basso».

bacari, per esempio, stanno riguadagnando consensi a fronte dell’offerta dilagante di pizza-poke-hamburger&Co. Al posto del mordi(malamente)-e-fuggi, la pausa con chiacchiere sorseggiando un’ombra (bicchiere) di vino giusto e qualche cicchetto ben fatto, con una differenza di prezzo davvero risibile. Pochi locali storici resistenti, su tutti il sempiterno Bottegon di Fondamenta Nani, stanno facendo scuola a un ventaglio di giovani coraggiosi, come i ragazzi del minuscolo All’Arco a San Polo, lontanissimi da pesce surgelato, sottaceti del discount e vini da due euro al litro.

Venezia, il lusso della qualità

Un passo più su, i ristoranti. Ancora una volta, l’altra Venezia si esprime per piccoli numeri. Al Portego, I Promessi Sposi, Le Testiere, sono locali appena discosti dai percorsi più battuti, gestiti in modo morbido e sapiente. Luoghi del buon mangiare che sanno trasmettere al meglio gusti e accenti della cucina veneziana – pesce freschissimo, saor fatti comediocomanda, le primizie di Sant’Erasmo – con un eccellente rapporto-qualità-prezzo.

Perfino la Venezia del lusso sta cercando nuove modalità di comunicazione e offerta, dai reading al Fondaco dei Tedeschi, accompagnati dalle gourmandise del bistrot Amo dei fratelli Alajmo, alla magnifica colazione proposta nell’antico sottoportico del traghetto di Ca’ da Mosto, oggi parte del nuovissimo Hotel Venice Venice, con strepitosa vista sul Canal Grande e il mercato di Rialto.

Proprio il Venice Venice (insieme a Belmond Cipriani e Aman) è partner di Edipo Re, la storica, fascinosa barca a vela cara a Pasolini e Maria Callas, reinventata per mini crociere nei luoghi più rapinosi della laguna.

Dall’alba al tramonto, le materie prime, scelte tappa dopo tappa, andando a conoscere le realtà di piccoli artigiani e fattorie sociali, vengono trasformate in piatti squisiti da alcuni tra i migliori chef veneti, imbarcati per l’occasione.

Il futuro dell’altra Venezia dipende molto dalle nuove energie messe in campo. La sfida è quella di mettere insieme accoglienza, promozione delle produzioni agricole/ittiche locali e rispetto di una realtà fragile, complicata, bellissima. Venezia da mangiare, portandosi via il piacere di una fetta di polenta col baccalà mantecato e non l’odore trucido degli oli esausti.

 

In apertura: Hotel Venice Venice

a cura di Licia Granello

La Nuova Cucina Regionale

Roberto Carcangiu

Venti grandi chef italiani interpretano la tradizione all’insegna della creatività e del territorio. 528 pagine in cui ogni regione viene interpretata in chiave gourmet con le ricette di Carcangiu, divise in antipasti, primi e secondi, e da un ‘ambassador del gusto’, uno chef eccellente che racconta i suoi luoghi e svela ingredienti e piatti sulla base della tradizione locale della propria terra.

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