Grande Cucina

Antonio Chiodi Latini: a Torino, la rivoluzione “underground” dell’alta cucina vegetale

Che la percezione e lo sviluppo della cucina vegetale abbiano subito una metamorfosi radicale negli ultimi anni è ormai un dato assodato. Percorsi di degustazione interamente dedicati agli ingredienti dell'orto fioriscono ovunque.

Ma a Torino, c’è chi ha spinto l’acceleratore su questa evoluzione, abbandonando le rassicuranti sponde della cucina classica per intraprendere un viaggio sperimentale alla ricerca della propria “entelechia” culinaria: Antonio Chiodi Latini.

Il suo percorso è quello di un lombardo arrivato giovanissimo in Piemonte che, dopo aver appreso i segreti della grande cucina come allievo di Gualtiero Marchesi e aver lasciato la sua impronta in diverse insegne torinesi di prestigio come la Maison Nove Merli, Villa Somis e il Ristorante Della Rocca, ha compiuto una svolta epocale. Oggi, nel suo omonimo ristorante in Via Bertola, a due passi da Palazzo Madama, Chiodi Latini ripensa l’alta cucina utilizzando solo elementi vegetali.

Un cambio di prospettiva nato da una profonda riflessione personale, più che da un’adesione ideologica. Nell’estate del 2016 ha deciso di fermarsi per mettersi a studiare: niente nuove ricette ma la connessione profonda tra cibo, salute, ambiente ed energia.

La sperimentazione oltre le etichette

Antonio Chiodi Latini sperimenta come un chimico e crea come un artista. Per ogni ortaggio studia meticolosamente la tecnica di lavorazione ideale per esaltarne l’essenza gustativa e proporlo in una veste inedita. Non si accontenta delle etichette comuni di “vegetariano” o “vegano”.

Definisce la sua cucina “underground”, un termine che evoca un’immersione nelle profondità della terra per estrarne l’essenza degli ortaggi. La sua è una vera e propria missione: sovvertire i luoghi comuni che spesso accompagnano il mondo vegetale, abbattere le resistenze legate a odori intensi, consistenze poco familiari o aspetti non sempre invitanti.

Per farlo, non esita a impiegare tecniche che trasformano la materia prima, come criogenizzazione, crioessiccazione, maturazione e fermentazione. Il Rotavapor, un distillatore a bassa temperatura con cui Chiodi Latini produce acque vegetali, fa mostra di sé nella vetrina e incuriosisce i passanti.

Antonio Chiodi Latini: il ristorante come laboratorio

Il suo ristorante è un laboratorio permanente, un luogo di continua sperimentazione dove l’obiettivo primario è la felicità di chi siede a tavola.

In sala non si discute di proteine o diete, ma si invita a scoprire un nuovo modo di stare bene, proiettato nel futuro. La nobilitazione del vegetale inizia dalla scelta meticolosa dei fornitori: Paysage à Manger in Valle D’Aosta, Cascina del Chioso nel biellese e R.A.M. Radici sulle colline di Moncalieri, la Riserva San Massimo per il riso, realtà che condividono la sua filosofia di rispetto per la terra e per i cicli naturali.

“Con il tempo ho smesso di dire “senza” e cominciato a dire “con”: con fermenti, con fibre, con membrane croccanti, con sapori umami che vengono da radici, da muffe buone, da stagionature diverse” – racconta Chiodi Latini. “Il frutto della terra è pieno di contrasti: può essere dolce e acre, morbido e fibroso, tenero e spigoloso; non è sempre accomodante, non è fatto per piacere a tutti, non è mai un compromesso. È vivo. E in quanto tale, se lo cucini come merita, restituisce qualcosa che va oltre il sapore: una volontà, un carattere, una visione.”

Uno chef “vegetale”

Chiodi Latini non si definisce uno chef vegano, anche se lo è, di fatto. I suoi ospiti sono onnivori per la gran parte: da queste parti non si servono (più) tofu, seitan o tempeh. Il vegetale ha tanto da offrire anche se non scimmiotta la carne.

“Il gusto è un fatto culturale: si educa, si costruisce, si allena. Ma prima ancora del gusto, è il vocabolario a dover cambiare – spiega lo chef. “Se diciamo “proteina vegetale” solo per spiegare che non c’è la carne, stiamo ancora giocando in difesa. Ma se partiamo dal vegetale come fonte autonoma, allora il discorso cambia.”

Un approccio che incuriosisce forse destabilizza ma non delude chi si lascia guidare. Come recita un suo motto: «Se la spiego, la dimentichi. Se la guardi, la ricordi. Se la gusti, la capisci».

I menu del ristorante

Ricorderemo il Pinzimonio con quattro olii extravergine abbinati a bottoni coloratissimi di verdure liofilizzate, il Porro e Maillard, o il Crudo di Asparagi e il Risotto con piselli e ciliegia.

Rossa Francese ricetta Antonio Chiodi Latini

Tra i classici dello chef, la Rossa francese, un omaggio alla patata vitelotte, dove la buccia diventa protagonista per la sua astringenza, in un dialogo sorprendente con il caramello di bergamotto e la sapidità del tamari.

La cucina di Antonio Chiodi Latini è un invito a una comprensione profonda del mondo vegetale, un’esperienza che va oltre il semplice pasto, trasformandosi in un viaggio di scoperta e stupore, dove la felicità sembra germogliare direttamente dalla terra.

I percorsi di degustazione vanno da 5 a 9 interpretazioni (60 e 90 euro) mentre a pranzo nei giorni feriali è disponibile anche L’Approdo Vegetale, un assaggio della sua cucina a 30 euro.

IL LAVORO DELLO CHEF CON MEIKO

a cura di Daniela Acquadro