Grande Cucina

Pulizia, preparazione, cottura e conservazione di pesci e crostacei

IL SEGRETO DELLO CHEF

Le operazioni di base per la pulizia del pesce sono la sbarbatura, la squamatura, l’eviscerazione e il lavaggio. Per la preparazione sono invece previste la spellatura, la sfilettatura e, per quanto riguarda i grossi pesci, il taglio, che può essere in tranci, darne, filetti, tronconi, scaloppe o medaglioni. Il sistema di cottura influisce in modo fondamentale nella percezione delle caratteristiche del pesce rispetto agli altri alimenti di origine animale. Di seguito si riepilogano i principali sistemi di cottura adottati per la preparazione del pesce:

Cottura alla griglia

Adatta pesci di dimensioni un po’ più grosse o tranci. un classico, come cucina regionale, è il trancio di murena alla griglia, tipico di Lampedusa. in quasi tutte le tradizioni locali, la cottura alla griglia vede il concorso di erbe aromatiche. Il pesce va eviscerato ma non squamato. Le squame infatti proteggono la carne evitando che questa si attacchi alla griglia. La caratteristica di questa preparazione è la tendenza amarognola. nel caso di pesci di taglia grossa, si richiede un’incisione sulla polpa per facilitarne la cottura.

In bianco

In realtà si intende la bollitura e la preparazione del court bouillon. tale procedimento consiste nell’aromatizzare con prezzemolo, sedano, carote, alloro e cipolla l’acqua, salando ed aggiungendo del vino bianco, facendo cuocere per una mezz’ora. una volta intiepidita si immerge il pesce oppure le rimanenze (lische e teste) e si fa cuocere ancora fino ad ottenere un concentrato che verrà poi utilizzato per le preparazioni di zuppe, oppure lasciato più liquido, come sorta di condimento del pesce. in questo caso il vino entra nella cottura del pesce e quindi, si può abbinare lo stesso vino utilizzato per la preparazione.

Con la sostituzione dell’aceto al vino si parla di:

 Cottura al blu

Utilizzato principalmente per i pesci d’acqua dolce trote ecc.

Marinatura

Prevede l’intervento dell’aceto o del limone. attualmente si tende ad usare questi ingredienti in modo lieve poiché non esiste più la necessità di conservare ma solo di apportare note gastronomiche

In umido

Consiste nel cuocere il pesce a fuoco moderato con l’aggiunta di un liquido (pomodoro, fumetto, vino ecc.) con verdure/ingredienti di varia natura. La preparazione ha solitamente connotazioni “rustiche”.

Al sale

Il pesce viene ricoperto completamente di sale e poi cotto al forno. avremo una cottura dalla consistenza soda ma umida.

Cottura per arrostimento

Metodo di cottura utilizzato per lo più per il pesce intero o in tranci. La temperatura del forno va dai 170°c per i pesci grossi e medi ai 240°c per quelli piccoli. nella cottura di pesci interi al forno o alla griglia, per facilitare la penetrazione del calore e renderla il più possibile omogenea, si possono praticare alcune incisioni sul corpo del pesce nei punti dove la carne è più spessa. Quando si arrostisce il pesce nel forno ventilato è buona norma mettere una teglia piena di acqua sul ripiano più basso del forno, in modo che il vapore che si sprigiona dall’acqua bollente durante la cottura tenga umide le carni del pesce. nel caso di forni trivalenti si consiglia la cottura in combinazione.

Cottura al cartoccio

Adatta a pesce in tranci, a pesci piccoli o a filetti. Questo tipo di cottura fa sì che aromi e umidità non si disperdano. il pesce va richiuso perfettamente in un foglio di alluminio, di carta oleata o di pellicola per cottura. cuocere nel forno a 180-200°c. il tempo di cottura è subordinato alla tipologia di pesce ed alla temperatura a cui si desidera servirlo.

Cottura in crosta

Riservata tradizionalmente a pesci interi. La cottura in crosta, come quella al cartoccio, consente di preservare maggiormente gli aromi e l’umidità del pesce. La crosta può essere di pasta da pane, pasta brisé, pasta sale o sale grosso. il pesce andrà completamente avvolto nella “crosta” dedicata a quella ricetta. La temperatura del forno varia dai 155°c per la crosta di pasta, ai 200°c per la crosta di sale. il tempo di cottura è subordinato alla tipologia di pesce e alla temperatura a cui si desidera servirlo.

Cottura al vapore

Questo metodo delicato è adatto a tutti i pesci, ai tranci e ai filetti. Nelle tecniche tradizionali il pesce va adagiato su cestello (oppure, nel caso dei filetti, tra due piatti imburrati) e posto a cuocere sopra acqua, brodo di pesce o court-bouillon, calcolando tempi leggermente più lunghi rispetto a quelli della lessatura.

Cottura in umido

Indicata per grossi pezzi di pesce, tranci e filetti, si effettua in casseruola, cuocendo il pesce in una salsa/sugo.

Cottura brasata

Dopo aver fatto rosolare brevemente il pesce (intero o in tranci) in un tegame in un soffritto di olio d’oliva e verdure aromatiche, si copre fino a metà con vino bianco e fumetto di pesce (o courtbouillon filtrato), si insaporisce con sale e pepe, si porta il tutto a una leggera sobbollitura, quindi si fa cuocere il pesce nel forno a 180 °c, irrorandolo ogni tanto con il liquido di cottura, finché questo risulterà assorbito, passando poi al setaccio il sugo e le verdure in modo da ottenere una salsa con cui accompagnare il pesce.

Cottura al burro

Dopo aver infarinato i filetti di pesce, si fanno rosolare in padella con burro, possibilmente chiarificato.

Cottura alla mugnaia

Differisce dalla precedente tecnica per il fatto che il pesce prima di essere infarinato e cotto nel burro, viene lasciato a bagno nel latte freddo per 30 minuti. a cottura ultimata si usa condirlo con una “salsa” a base di prezzemolo tritato, burro fuso e succo di limone.

Frittura

Prima di essere cotto il pesce deve essere “protetto”, passandolo in: farina (infarinatura), farina, uovo sbattuto e pangrattato (impanatura) in una pastella, farina, uova, sale e acqua o latte o vino  ecc. (impastellatura). L’olio deve essere sempre abbondante e ben caldo. i pezzi di alimento (pesciolini, filetti o tranci) devono essere fritti pochi alla volta con olio fra i 165 e 190°c, dipende dal tipo di pesce e dalla sua taglia.

PRODOTTI ITTICI E LORO CONSERVAZIONE

La conservazione dei prodotti ittici adotta sia tecniche antiche sia moderne, che possono essere le seguenti:

  • Salagione – può essere per via secca, che si ottiene cospargendo il sale sul prodotto oppure per via umida, immergendo il prodotto in salamoia. Alla salagione segue un periodo di circa 6/12 mesi di stagionatura per i pesci conservati.
  • Essiccamento – segue la fase della salatura e consiste nell’eliminazione parziale dell’acqua contenuta nei tessuti del pesce.
  • Affumicamento – trattamento che, bloccando l’azione microbica, asciuga la carne che viene anche aromatizzata con il fumo ottenuto bruciando legno aromatico (faggio, betulla e quercia), anche in questo caso previa salagione.
  • Sterilizzazione – generalmente utilizzata per il tonno, le sardine, il salmone e le aringhe, consiste nello sterilizzare il prodotto già inscatolato, alla temperatura di 110°/121°c.
  • Refrigerazione – consiste nel conservare alla temperatura di 0-1°c i prodotti in celle frigorifere oppure in ghiaccio formato da acqua marina. tale sistema è generalmente adottato a bordo dei pescherecci oppure a terra, per i prodotti destinati al consumo immediato.
  • Congelamento o surgelazione – un prodotto si definisce surgelato quando è sottoposto a un congelamento ultrarapido, ossia un abbassamento della temperatura fino a raggiungere i -18°C. il buon esito di questo trattamento richiede un prodotto di partenza perfettamente integro. sul prodotto che viene acquistato dovrà essere indicata la data in cui è avvenuta la surgelazione e, di regola, il prodotto dovrebbe essere consumato entro 24 ore dallo scongelamento. in questo contesto è molto importante il mantenimento della temperatura. si parla infatti di catena del freddo, si intende cioè il rispetto della temperatura durante tutti i passaggi, dalla produzione, all’immagazzinamento del prodotto, al trasporto fino al luogo di vendita.

CONSUMO DI PESCE CRUDO. IL RISCHIO ANISAKIS

il pesce crudo è una tradizione non molto diffusa nella cultura italiana poiché i frutti di mare, tradizionalmente mangiati crudi, non sono pesci bensì molluschi. alimentarsi con pesce crudo comporta grandi rischi d’intossicazioni e infezioni causate da batteri patogeni o infezioni da parte di parassiti. Per gli aspetti qui menzionati quando si consuma pesce crudo, il più delle volte s’incrociano le dita e ci si affida alla fortuna. il pesce crudo può essere contaminato da diversi microrganismi come Listeria, escherichia coli, salmonella, che provocano tossinfezioni e infezioni importanti. c’è da dire che di rado e solo in bambini e anziani, di natura più deboli, queste infezioni possono mettere in pericolo la vita. il rischio maggiore per chi consuma pesce crudo è anisakis. L’Anisakis simplex è un nematode presente come parassita intestinale in numerosi mammiferi marini. ospite intermedio, al suo stadio larvale può trovarsi in pesci tra cui acciuga, merluzzo, tonno, salmone, sardina, nasello, sgombro. L’anisakis è presente nell’85% delle aringhe, nell’80% delle triglie e 70% dei merluzzi.

Questi “vermi” (nematodi) si spostano dalle viscere del pesce alle sue carni, se il pesce non è prontamente eviscerato dopo la cattura. L’anisakis si presenta sotto forma di piccoli e sottili vermi lunghi da 1-2 cm di lunghezza, di colore

biancastro, solitamente arrotolati a spirale. Quando consumiamo pesce infetto crudo, non completamente cotto o in salamoia, le larve possono impiantarsi sulla parete del nostro apparato gastrointestinale, dallo stomaco fino al colon,

dove per difendersi dai succhi gastrici, attaccano le mucose perforandole e determinando quindi una parassitosi acuta o cronica. La parassitosi acuta da anisakis si manifesta già poche ore dopo l’ingestione di pesce crudo con intenso dolore addominale, nausea e vomito. Le forme croniche invece, possono mimare malattie infiammatorie e ulcerose del tratto intestinale, coinvolgere altri organi come fegato, milza, pancreas, vasi ematici e miocardio. Possibili anche le reazioni allergiche fino allo shock anafilattico, a causa della sensibilizzazione alle proteine antigeniche termoresistenti del parassita. La cura necessita spesso dell’intervento chirurgico con asportazione della

parte intestinale invasa dai parassiti. una circolare del Ministero di sanità del 1992 (oggi Ministero della salute) obbliga chi somministra pesce crudo o in salamoia (limone e l’aceto non hanno alcun effetto sul parassita) a utilizzare pesce congelato o a sottoporre a congelamento preventivo il pesce fresco da somministrare crudo.

i casi di anisakis sono in aumento e la causa è spesso da imputare ad alici marinate, evidentemente non sottoposte a congelamento preventivo. il rischio anisakis non è molto basso e gli allarmismi non sono eccessivi. ogni settimana vengono ritirate dal mercato tonnellate di pesce infestato dal parassita, e stiamo parlando sia di pesce fresco italiano

che estero. Le specie su prestare particolare attenzione sono lo sgombro, le sardine, il tonno e il pesce azzurro in

genere. Questo non vuol dire ovviamente che non sia presente nelle altre specie.

Anisakis nelle ostriche?

nelle ostriche non può esserci l’anisakis, così come in tutti i molluschi bivalvi (cozze, vongole, tartufi di mare, patelle ecc.). Essendo l’Anisakis un parassita intestinale ha bisogno dell’intestino dei pesci per poter svolgere regolarmente il suo ciclo vitale. non avendo questi l’intestino, non può vivere al loro interno. Le ostriche e gli altri molluschi bivalve sono quindi sicure da questo punto di vista.

Novità legislative

il 17 Luglio del 2013 il ministero della salute ha pubblicato un decreto che obbliga i venditori di pesce al dettaglio ad esporre un cartello che invita a congelare il pesce prima di consumarlo crudo. La disposizione vale anche nel caso di pesci d’allevamento, ma non vale per crostacei: scampi, gamberi, astici e aragoste. stesso discorso per i molluschi (ostriche, vongole cozze ecc.), per i motivi che abbiamo visto nel precedente paragrafo. cosa deve fare lo chef per essere a norma e per mettere al sicuro la salute dei suoi clienti? il regolamento 853/2004 ce dispone l’obbligo di congelare a temperatura non superiore a -20°c fino al cuore del prodotto su tutto il suo spessore, per almeno 24 ore, i prodotti della pesca:

  • consumati crudi o praticamente crudi
  • nel caso in cui il trattamento sottoposto non permette il raggiungimento della temperatura all’interno del prodotto oltre i 60°c
  • marinati e/o salati se il trattamento praticato non garantisce la distruzione delle larve di nematodi.

Il ristoratore deve richiedere la certificazione prevista da tenere agli atti ed esibire a richiesta degli organi di controllo, se l’esercizio di somministrazione si rifornisce di prodotti della pesca appositamente preparati e destinati a essere consumati crudi o praticamente crudi. nel caso in cui il ristoratore decida di preparare direttamente nell’esercizio stesso il prodotto a base di pesce crudo partendo da pesce fresco, è necessario:

  • Dare comunicazione preventiva all’autorità competente
  • Dotarsi di attrezzattura per congelamento a -20°c, da non usare per la conservazione dei congelati
  • Predisporre procedura scritta all’interno del Piano di autocontrollo (HaccP) per il controllo dei parassiti, pezzatura, e tempi di mantenimento a -20°c
  • Archiviare le registrazioni delle temperature (ccP) e la data del trattamento

Per la corretta informazione al consumatore può essere utilizzata la dicitura: “Prodotto conforme alle prescrizioni del reG ce 853/2004, allegato iii, sezione Vii, capitolo 3, lettera d, punto 3”.

© Foto di: Paolo Picciotto

Tratto da “Pesci e Crostacei” di Paolo Cappuccio – Vuoi sapere di più sul libro? Qui trovi tutte le informazioni