
È l’estate del 2023, e per la prima volta in Italia si inizia a parlare insistentemente del granchio blu, una specie aliena proveniente dall’Atlantico occidentale che ha invaso i mari dell’Adriatico e messo a repentaglio l’intero ecosistema marino, in particolar modo molluschi come cozze e vongole dell’Emilia-Romagna e del Veneto.
Il primo avvistamento del granchio blu nelle nostre acque risale al lontano 1949, nel golfo triestino. All’epoca dei fatti però, la sua presenza non fu impattante come oggi. Arrivato in Italia con l’acqua di zavorra delle navi, questa specie non solo danneggia le reti dei pescatori, ma si nutre voracemente anche del pescato, generando ingenti danni economici.
Sono già passati due anni dal primo campanello d’allarme, ma sembra che il suo continuo proliferare nei nostri mari non abbia accennato a placarsi: per questo non si può dire del tutto terminata l’emergenza.
Nonostante siano state messe in atto misure straordinarie per combatterlo, come lo stanziamento di circa 11 milioni di euro da parte del Governo per la cattura e lo smaltimento della specie, è chiaro a tutti che l’eliminazione definitiva non sia una strada percorribile. Per questo, sin da subito, si è pensato a metodi alternativi come la commercializzazione nei mercati ittici per ridurne l’impatto. Malgrado l’entusiasmo iniziale, pare che questo modello non stia funzionando, e che molti pescatori siano oggi costretti a disfarsene rigettandoli in mare. Il motivo? È un prodotto che viene pagato molto poco, pertanto sconveniente alla vendita.
Granchio blu: da pericolo a risorsa
C’è però chi non si è arreso, e ha portato avanti la battaglia contro il granchio blu attraverso l’esaltazione delle sue potenzialità in cucina.
Stiamo parlando di Tino Vettorello, chef poliedrico e di larghe vedute della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e di altri eventi sportivi internazionali come i Giochi Olimpici invernali di Sochi e Vancouver, nonché proprietario di numerosi locali tra cui il Tino Jesolo, ristorante che sorge sulla foce del fiume Piave, a due passi dal Golfo di Venezia.

Vero precursore dell’utilizzo del granchio blu in cucina, Vettorello è stato infatti il primo a valorizzarlo e celebrarlo attraverso la creazione di piatti gustosi e sorprendenti.
Prova ne sia che, all’interno del menu del suo locale di Jesolo, ha inserito lo spaghetto “granchio blu”, uno spaghetto al nero di seppia con granchio blu, datterino giallo e rosso, e bottarga di muggine. Una scelta etica e di gusto, tanto da aver conquistato anche il palato dell’attore Pierfrancesco Favino nell’ambito della Mostra del Cinema nel 2023.
Il granchio blu, la cui polpa è bianca, tenera e succosa, ha un sapore analogo a quello dei gamberi, e un retrogusto simile all’astice. È dolciastro, ma con una punta di salinità persistente, ideale nella preparazione di sughi e condimenti, insalate e primi piatti come proposto dallo chef Vettorello.
La carne del granchio blu, molto simile a quella della granseola, un crostaceo più comunemente conosciuto e consumato proprio nelle zone dell’Adriatico e della laguna veneta, si estrae rompendo il carapace e le chele, ma non senza difficoltà. Questa specie è infatti molto difficile da maneggiare a causa della sua aggressività, ma questo non ha impedito allo chef di servirlo e promuoverne il consumo.
È grazie alla visione di Vettorello che combattere la presenza di questa specie infestante, si può.
E per quanto sia evidente che il granchio blu non svanirà mai del tutto, grazie alla buona volontà di chi ha a cuore il tema, e alla creatività in cucina, ci si può davvero lasciare stupire dalle mille sfumature della natura e dell’universo enogastronomico.
a cura di Valentina Roncadi
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