Grande Cucina

Alain Ducasse: un’intervista ricca di classe e modernità

Un'intervista ricca di charme ad Alain Ducasse, la grande icona della cucina internazionale

Incontro Monsieur Alain Ducasse nel suo ristorante londinese, all’interno del prestigioso Dorchester Hotel di Park Lane.

A colpirmi non è il suo charme, ormai noto a tutti, ma la semplicità e la gentilezza dei modi.

È stato un altro particolare a colpirmi, un braccialetto colorato legato al polso destro, di quelli che si comprano durante un viaggio esotico.

Classe e modernità: ecco gli ingredienti chiave della poetica dello Chef Ducasse.

Dopo aver scritto la storia della cucina moderna e aver portato alla luce tanti talenti, Alain Ducasse  non si adagia sui successi passati ma, ossessionato dalla ricerca, dall’innovazione e dal bisogno di condividere il sapere, continua a far parlare di sé, a partire dal progetto di costruire un ristorante galleggiante sulla Senna.

 

Tutti parlano di Ducasse sur Seine, un ristorante galleggiante sul fiume più romantico del mondo. Come è nata l’idea?

Ci sono voluti cinque anni di lavoro per elaborare questo progetto. Realizzare un ristorante di alta gastronomia francese contemporanea su un bateau elettrico per scoprire Parigi senza odori, rumori e inquinamento, è una vera evoluzione, quasi una rivoluzione. Si tratta di un vero e proprio ristorante con una vera cucina, uno spazio creato per regalare ai clienti un souvenir indimenticabile. Un ricordo delizioso dal punto di vista del cibo certamente, ma anche dal punto di vista dell’esperienza. Sono molto contento e sono sicuro che avremo successo, c’è già molto interesse attorno alla cosa, abbiamo ricevuto già molte prenotazioni.

 

Come si presenterà il bateau?

L’italiano Maurizio Galante e l’israeliano Tal Lancman, entrambi stilisti, hanno realizzato un arredamento delicato ed elegante, ci tengo a dire che la mobilia viene da Firenze. Volevo uno stile grigio, brillante e argentato. Volevo molta luce e divise elegantissime. Tutto è curato nei minimi dettagli, dai bagni all’accompagnamento musicale. Ne capisce di arpa contemporanea? Sève, una giovane arpista che compone musica contemporanea attraverso uno strumento molto classico, ha creato una colonna sonora davvero sorprendente.

 

Che tipo di clienti si aspetta di ospitare a bordo di Ducasse sur Seine?

L’esperienza è aperta a tutti, francesi, turisti, giovani, meno giovani. È un progetto pensato per gli amanti di cucina che vogliono vivere un’esperienza incredibile per scoprire e assaporare Parigi. Il fatto che ci sia il mio nome sul progetto ovviamente è un plus, ho voluto che tutto fosse molto chic.

 

Chic nel senso di esclusivo?

Nel senso di casual chic: elegante, raffinato ma non esclusivo. Qualcosa di magnifico e accessibile allo stesso tempo. Abbiamo pensato a un’esperienza che metta radici nella memoria dei clienti che gusteranno l’architettura parigina, la cucina francese e l’art de vivre à la francaise. Ho progettato a Ducasse sur Seine pensando a una clientela permeabile, curiosa, persone intellettualmente eleganti con tanta voglia di scoprire, respirare, assaporare. Non tutti sono pronti a vivere nuove esperienze catturandone l’essenza.

 

A ottobre il cioccolato Alain Ducasse prodotto a Parigi sbarcherà a Londra con uno store permanente nel cuore di King’s Cross.

Amo il cioccolato da sempre, è un gusto radicato nella mia memoria, da quando guardavo mia nonna cucinare nella fattoria di famiglia in cui sono nato. Quando ho preparato il mio primo dolce, la Bouche de Noel, avevo solo 12 anni. A 18 ho fatto la mia prima esperienza di pasticceria, mi piaceva, ma il mio destino era diventare chef. Molti anni dopo sono tornato al mio primo amore e insieme all’artigiano del cioccolato Nicolas Berger abbiamo creato Le Chocolat Alain Ducasse. Il nostro intento è di salvaguardare la biodiversità e mantenere il gusto d’origine delle migliori piante di cioccolato. Così facendo permettiamo ai nostri clienti di scoprire le infinite varianti di gusto di questo incredibile prodotto.

 

Il cioccolato, come altri gusti, hanno il potere di riportarci indietro nel tempo. Che ruolo qual è il ruolo della memoria in cucina?

La memoria è il dna, l’hard disc che ci portiamo dentro fin dalla nascita. È il luogo da cui veniamo, l’origine, le radici che ci permettono di progettare il futuro. La memoria è necessaria alla cultura dei popoli civilizzati che hanno una grande storia come noi Francesi e voi Italiani. Uscire, andare al ristorante, mettersi a tavola, stare insieme, godersi il momento, il buon cibo, il buon vino è un’abitudine che consolida un momento che resterà nei nostri ricordi. Soltanto i popoli civilizzati ricavano godimento dal nutrimento.

 

Si ricorda il momento preciso in cui ha deciso di diventare chef?

Ho deciso di cucinare a 12 anni, mia madre non era d’accordo e ha fatto di tutto per farmi desistere. Dentro di me però era già forte la volontà di fare quello che volevo e di dire il contrario di quello che dicevano i miei. La vita in cucina però non è stata facile, qualche volta sono stato sul punto di mollare tutto. È un mestiere esigente, difficile, doloroso. Chi resiste è perché trova il piacere oltre l’ostacolo. Il piacere più grande di chi cucina è preparare il nutrimento per gli altri, ecco perché il nostro è un mestiere allo stesso tempo duro e generoso.

 

Come sceglie i suoi collaboratori?

Sono ossessionato dall’impellenza di trasmettere il sapere ai giovani. Jean Philippe Blondet (lo chef executive del ristorante Alan Ducasse del Dorchester Hotel di Londra ndr) ha 34 anni, aveva poco più di vent’anni quando l’ho conosciuto. Quando scopriamo un talento facciamo di tutto per tenerlo con noi, formandolo al meglio con le nostre scuole di cucina, di panificazione, di pasticceria. Per tutta risposta i giovani talentuosi tendono a stare con noi per molto tempo perché crescono sia da un punto di vista professionale che umano. Noi sappiamo quanto è importante stare bene come persone per poter lavorare al meglio. Dato che l’abitudine è la peggiore delle abitudini ci piace incentivare i nostri giovani a cambiare, evolvere, provando tutti i ruoli: da aiutante a chef, da chef a manager, solo così un petit commis può diventare un grande chef, proprio come è successo a Jean Philippe.

 

Come si riconosce un talento?

Un vero talento può non essere evidente all’inizio. Quello che mi piace riconoscere in un giovane o giovanissimo è la passione per la cucina. Il talento si costruisce poi e va di pari passo con la voglia e il duro lavoro. Il grande chef italiano Massimo Bottura da giovanissimo cucinava nella campagna modenese. Fu il proprietario della Monari Federzoni, la celebre azienda italiana che produce aceto balsamico, a portarmi a mangiare da lui ormai trent’anni fa. C’erano delle signore che facevano la pasta e questo giovane cuoco che mi disse: “Sogno di lavorare per lei un giorno”. Io gli ho risposto: “Massimo vieni quando vuoi!”. Fu così che Massimo Bottura decise di lasciare la campagna modenese e il suo lavoro di piccolo chef per lavorare per me a Monaco.  Opportunità, voglia e passione. Ho conosciuto lo chef Gennaro Esposito nel suo ristorante Torre del Saracino a Vico Equense vicino a Napoli grazie al giornalista Enzo Vizzari. Ero in vacanza con mia moglie. Nel ristorante c’eravamo solo noi, Gennaro e la moglie che si occupava di pasticceria. Abbiamo gustato dei piatti incredibili, il talento di Gennaro è straordinario. Potrei dire lo stesso per il bravissimo Davide Oldani e tanti altri nomi che oggi sono sulla bocca di tutti e che quando hanno iniziato erano giovani pieni di passione.

 

Monsieur Ducasse, lai ha conquistato il mondo

Beh, ho appena cominciato…

 

Qual è il posto che chiama casa?

La Francia, e poi subito dopo l’Italia e il Mediterraneo, in particolare la terra che attraversa la Riviera italiana a quella francese e che arriva a Parigi. È lì che si incontrano sapori incredibili, che richiamano a tradizione e innovazione.

 

Cosa c’è nel menu quotidiano di uno chef come Alan Ducasse?

Ho gustato di tutto nella mia carriera. Nella mia dieta quotidiana non mancano i legumi e i cereal. Limito i grassi, gli zuccheri e le proteine animali a cui preferisco del pesce. Sto attento all’origine dei prodotti, mi interessa che siano sostenibili. Chiunque abita questo pianeta dovrebbe fare la sua parte per salvarlo. Ognuno di noi fa ogni giorno una scelta: fare o non fare qualcosa di buono per il nostro futuro.

 

a cura di Silvia Galeazzi