Social trend in cucina

Salato, dolce e reciproche incursioni

Salato e dolce sono sempre più compresenti nelle partite di ristoranti e pasticcerie: scopriamo le più consuete e quelle che stanno facendo tendenza.

Ci possono essere varie partite in un ristorante: la partita dei primi, antipasti, secondi, l’alta gastronomia francese prevede persino l’addetto alle salse in maniera esclusiva. Chi lavora in una di queste può, più o meno in maniera versatile, lavorare in un’altra. C’è sempre stata una partita a parte, quella della pasticceria: la linea di demarcazione tra il dolce e il salato ha reso a lungo impermeabile, o quasi, questo settore. Oggi molto meno, con crossover riusciti quasi sempre, nei negozi di pasticceria e al ristorante, eccone cinque.

(a cura di Roberto Magro)

Nella pasticceria, come nella vita, ci vuole un pizzico di sale
La prima e la più semplice delle incursioni: il sale nei dolci, presente da sempre se parliamo di impasti, il fatidico pizzico che tira su e supporta il dolce. Ultimamente sempre più presente all’esterno: cristalli, fiocchi, a dare non solo una punta di salato in giochi di contrasto, ma anche con una funzione di consistenza, apporto di croccantezza salina, dove Maldon e Guérande sono i nomi di tipi di sale che fanno al caso e spopolano. Oltre al sale in purezza, si dà il caso dei dolci con abbinamenti salati. Pierre Hermé in Francia con i macarons ha fatto scuola, anche in questa variante: olio d’oliva e mandarino, tartufo bianco e cioccolato. In Italia basti pensare alla collezioni di torte Extreme proposte qualche tempo fa da Ernst Knam: affiancati a elementi consueti della pasticceria, come nocciole o cioccolato, convivono aglio nero fermentato, gorgonzola, gelatina di pomodoro o cremoso al parmigiano, in una serie di torte colorate, essenziali ma esplosive di sapore. Se, invece del dolce che si cosparge di sale, accade che il salato si appropria di un abito dolce, allora capita che…

Il salato ha il nome di un dolce, ma non sempre è un dolce nome
Quando è il mondo del salato che si impadronisce della terminologia pasticcera, incorre spesso in risultati che possono far arricciare il naso: millefoglie, zabaione, tiramisù, nomi che, da indicazioni di golosità zuccherine, sono stati applicati alle carni o ai pesci. Provate a scrivere millefoglie su google: dopo il primo link del classico dolce seguono varie declinazioni salate. Non sempre il naso si arriccia, pensiamo allo straordinario Loacker nocciola e foie gras di Uliassi, divenuto iconico ormai; si tratta comunque di un’incursione linguistica rischiosa. Al ristorante la sezione dei dolci è in fondo alla carta e se le sezioni salate poste sopra sconfinano, può capitare che…

La carta del ristorante e il dolce non dolce
Molti ritengono che il dessert a fine pasto debba avere la consapevolezza della propria collocazione, il fatto di essere alla fine di una serie di portate, appunto. In base a questo teorema la pasticceria a conclusione di un pasto non dovrebbe avere le stesse caratteristiche, quanto a zuccheri e grassi, di un dolce gustato a metà pomeriggio con una bella tazza di tè. Se millefoglie deve essere le creme o la sfoglia stessa vanno alleggerite, senza perdere in sapore. Capita poi che gli chef decidano invece di far migrare ingredienti di preparazioni salate nel dolce, realizzando accostamenti inusuali ma spesso azzeccati per la parte dolce del menù, magari con l’intento di renderli più freschi e aromatici. Il Tiramisud de Il Luogo di Aimo e Nadia, ad esempio, dove al tradizionale Tiramisù, comunque reinterpretato, vengono aggiunti capperi di Pantelleria. O ancora un insolito ma riuscito gelato al lievito affumicato, come elemento di un dessert di Marco Ambrosino. Oppure ancora un dolce alla nocciola con broccoli, di Stefano Sforza, anche questo un must in voga: l’elemento vegetale che si somma a preparazioni tipicamente dolci. In questi tentativi viene messa alla prova la tecnica e l’abilità nel bilanciare i sapori, il pastrocchio è dietro l’angolo. La naturale dolcezza di alcuni ortaggi a volte agevola e il pasto si conclude con il cosiddetto “dolce non dolce”. L’inizio del pasto, all’opposto, può essere salato ma con un aspetto dolce…

L’estetica da pasticceria mignon declinata al salato, ovvero gli amuse bouche al ristorante
Spesso nei ristoranti che eseguono la cosiddetta cucina d’autore gli amuse bouche hanno in tutto e per tutto l’aspetto, la cura estetica, la stratificazione di sapori e consistenze che nulla hanno da invidiare alla pasticceria mignon di qualità, di fatto lo sono, ma salata. Bignè farciti con crema di baccalà, macaron al gambero di Marcello Trentin, macaron con rigaglie di piccione e gruè di cacao di Eugenio Boer, e così via. Questo però riguarda la fascia “alta” della ristorazione, dove anche il resto delle portate è estremamente curato nell’estetica, apprezzabili imitazioni di opere d’arte contemporanea, dai dripping di Marchesi in giù. Diverso il discorso di un negozio di pasticceria vero e proprio che converta parzialmente la propria produzione al salato, mantenendo la forma ‘a pasticcino’. Qui, se c’è un reparto salato, capita comunemente che si riduca e pizzette, vol-au-vent, sfoglie e tartine, poco altro. Gradevoli e spesso buone preparazioni ma non pari alla meraviglia che si può provare davanti ad alcune monoporzioni dolci, quanto ad estetica e golosità suggerita, a meno che…

Maestri pasticceri che si cimentano con creazioni salate
Esiste poi il caso di maestri pasticceri veri e propri che nel laboratorio ricercano un’estetica e una cura pari ai dolci ma con ingredienti esclusivamente salati, è il caso recente della Pasticceria Martesana di Milano. Qui può capitare una piccola magia, sembrano davvero pasticcini mignon, poi al sapore non lo sono. Colori e aspetto uguali al dolce in tutto per tutto: una creazione mignon con gelatine rosse, verdi, e gialle, che fanno sognare acidità di lamponi, freschezza di menta e un giallo che riporta subito ai limoni della costiera, rivelano poi una gelée al pomodoro, una al basilico e una ai peperoni. Trompe l’oeil, una sorta di “inganno”, un ” ‘Inganno felice” come il titolo di un’Opera di Rossini. L’occhio è ingannato, il palato appagato.