Il Pasticcere e Gelatiere

La pasticceria in TV: Iginio Massari e The Sweetman

“DA GRANDE VOGLIO FARE IL PASTICCERE” La figura, ancor prima che la professione di pasticcere, ha acquisito valore
di aspirazionalità per le persone comuni. Perché? È una professione che ha tutti quegli elementi di scoperta e sfida che oggi vanno per la maggiore

“The sweetman” è il titolo del programma di Iginio Massari in onda su SkyUno. Rispetto ai precedenti questo format mette in gioco, per una singola puntata, un aspirante pasticcere alla prova con sé stesso nell’eseguire il suo miglior dolce. Come dire dei dilettanti si cimentano con il giudizio del maestro. È un confronto per capire quanto il proprio impegno e l’aspirazione di essere un potenziale pasticcere corrispondono alla realtà di un metro ideale di misurazione, l’Iginio stesso.

Finita la puntata resta il maestro, ma il concorrente va a casa comunque soddisfatto sia che si sia meritato il cappello più piccolo o il più grande. Solo il fatto di essere stato in televisione è una soddisfazione ineguagliabile. Non è che l’ultimo indizio che ha valore di prova: la figura, ancor prima che la professione di pasticcere, ha acquisito valore di aspirazionalità per le persone. Cosa intendo dire? La società nella sua evoluzione identifica in alcune figure professionali, direi addirittura retoriche, un esempio da seguire per etica, morale, successo.

Vado veloce e per suggestioni: negli anni ‘70, figli del benessere e dello sviluppo tecnologico, andavano di moda il politico, il pilota d’aereo, la hostess, poi nel consumismo anni ’80 la modella, il playboy, l’intellettuale, infine in anni più vicini ahimè il calciatore, la velina, l’uomo forte in politica. Ora è il momento del food, ma mentre lo chef è “star” e ammirato, il pasticcere diventa un punto di riferimento per testar le proprie abilità personali, la precisione, la resistenza e la durata nel tempo. Spadellare, sifonare e impiattare in cucina ha qualcosa di possibile e facile per tutti, quasi di edonistico, mentre far la pasta frolla, lievitare, infornare, decorare è una prova e un esame continuo che ha anche qualcosa di punitivo per chi si cimenta. Correre una maratona (la pasticceria) rispetto a una finta a calcetto (la cucina).

È una tendenza, quella di cimentarsi con l’arte pasticcera, che porta sempre più frequentemente a vedere sui banchi delle scuole di pasticceria, fianco a fianco, manager di aziende, liberi professioniste e casalinghe. Uomini e donne indifferentemente, che dedicano tempo e fatica a provare e riprovare fino a fare le cose giuste. Le mura di casa, non bastano più, sono solo un trampolino di lancio per cimentarsi in nuove prove e tecniche di preparazione. Direi che ormai la casa, con le sue torte della tradizione tramandate in famiglia, sono una gabbia per chi vuole fare di più, come un panettone, una pralina, un cannoncino. Anche la moda del cake design è stata effimera, superata la forma, non rimane che lavorare sul contenuto, che è relativamente scarso in questo settore.

Non basta saper “carrozzare” un pan di Spagna o una cup-cake per essere pasticceri. E anche in questo caso, non se ne abbia a male nessuno, più che di un pasticcere mi viene in mente la casalinga disperata che si inventa un lavoro, la decorazione di un dolce ma poteva essere qualsiasi altra attività, come essiccare i fiori o creare accessori di abbigliamento. Più creatività e tentativo di riuscire in qualcosa, che concretezza e tecnica di pasticceria. Cosa c’è quindi di aspirazionale nella figura e nell’attività del pasticcere? La precisione del mestiere: la pasticceria è tecnica, reazioni chimiche, cura dei dettagli. Le cose accadono in maniera scientifica, il pasticcere è l’ingegnere del food, ed è un complimento.

Così per le persone comuni questa professione ha tutti quegli elementi di scoperta e sfida che oggi vanno per la maggiore. Prendiamo ancora lo sport: il running e il ciclismo, un tempo sport poveri e minori, oggi sono quelli più di moda e praticati. Richiedono fatica, programmazione (mi alleno in funzione del risultato), cura dei dettagli, sfida contro se stessi e un pizzico di maniacalità. La nostra società si divide tra il disimpegno totale, vivo sdraiato come molti giovani con lo smartphone in mano, oppure con un impegno totale, qualche volta anche eccessivo nel cimentarsi in nuove e avvincenti prove rispetto alla propria cultura e alla propria professionalità. Ecco che oggi, sui banchi di una scuola professionale come quella di Cast Alimenti vedi anche un/a manager di 50 anni che potrebbe con lo stesso spirito correre la maratona di New York.

Il pasticcere è autorevole: Iginio Massari su tutti, ma anche i più giovani pasticceri hanno un’attendibilità e credibilità date dalle caratteristiche del mestiere. Così noi vediamo questa professionalità: se il tronista è stupido ma piace alle donne, essere pasticcere, sempre come figura e non come mestiere, vuol dire essere persona seria, credibile, modesta e precisa. E si spera comunque di piacere all’altro sesso… In un mondo appunto dove le figure di riferimento sono spesse contraddistinte da eccessi di tutti i tipi, l’uomo forte in politica o lo sportivo che fa la bella vita, il pasticcere è un esempio di riferimento per la sua normalità. Anche qui un paradosso, se dobbiamo ricorre alla pasticceria per salvare l’identità della nostra società siamo messi piuttosto male… Il pasticcere è competente (e anche un po’ saccente): non si offenda nessuno, se sei serio, bravo e competente, sei anche autorevole. Se sai e sai fare nella società del disimpegno sei anche bollato come pignolo, primo della classe, esigente.

Alle persone piace chi oggi ha un’indentità chiara nella propria professione, si immedesima e lo prende a modello. Non è un caso che Iginio Massari sia un modello di professionalità a tutto tondo, sia per la sua professionalità che per la sua umanità. Ho usato sempre la parola “figura” più che “mestiere”, perché tra l’ispirarsi a un’icona di riferimento e invece praticare la professione c’è una grande differenza, come correre la maratona di Milano per sfida personale rispetto a partecipare alle Olimpiadi. Proprio per questo motivo penso che questa riflessione sull’aspirazionalità della figura del pasticcere nei nostri tempi abbia risvolti positivi non solo sulle scuole, editori, corsi vari e quant’altro, ma sui pasticceri e sulle loro pasticcerie e in generale per tutto il settore.

Un mondo positivo agli occhi delle persone, rispettato e stimato, ammirato e un po’ invidiato.

(A cura della redazione)