
Negli ultimi anni la pasta, fresca e secca, è tornata protagonista anche fuori dalle cucine domestiche.
In molte città italiane sono nati piccoli pastifici di quartiere, gestiti da cuochi o artigiani che puntano su pochi formati di pasta, materie prime chiare e un modello sostenibile di produzione. È un fenomeno diffuso, ma ancora poco analizzato sul piano imprenditoriale. Dietro la parola “autenticità” spesso mancano riflessioni concrete su costi, gestione, posizionamento e formazione. Temi che per chi lavora nel settore contano più di qualsiasi dichiarazione d’intenti.
Dalla carbonara ai pastifici di quartiere
La riscoperta e il ritorno in auge della tradizione gastronomica regionale è un dato di fatto. La cucina romana, fra queste, piace sempre più agli italiani perché unisce semplicità e immediatezza a una sorprendente varietà di piatti. Ma non è solo questione di gusto. Mangiare romano oggi significa cercare una socialità semplice, dove la sostanza conta più dell’apparenza. Guanciale, pecorino, pepe e verdure di stagione bastano per dare carattere a piatti che hanno attraversato generazioni e mode.
Tra i casi più evidenti di questo successo c’è Osteria da Fortunata. Nata negli anni ’20 come piccolo laboratorio di pasta fresca nel cuore di Roma, oggi conta undici locali tra Milano, Roma, Bologna e Firenze.
Un’espansione che ha mantenuto lo stesso formato: cucina a vista, piatti abbondanti, personale riconoscibile. Un modello semplice, ma replicato con coerenza e riconoscibilità — due elementi che nel mercato della ristorazione valgono quanto la ricetta. I numeri parlano chiaro oltre 1 milione di clienti all’anno, circa 67.000 strozzapreti alla carbonara serviti e 46.000 piatti di fettuccine alla coda alla vaccinara.
Non si tratta solo di quantità, ma di fedeltà a un’identità gastronomica che, pur semplice negli ingredienti, ha un peso culturale e commerciale forte.
Perché la cucina romana oggi
Secondo un’indagine BVA Doxa per American Express, il 63% degli italiani va in trattoria o osteria almeno una volta al mese.
Tra i piatti più ordinati ci sono la carbonara (63%), la cacio e pepe (59%) e l’amatriciana (53%). Anche fuori dall’Italia la tendenza è simile: una ricerca del Touring Club per l’Unione Italiana Food, in occasione del World Pasta Day, colloca gli Spaghetti alla Carbonara sul podio dei piatti italiani più amati all’estero.
Questi dati mostrano come format come Osteria da Fortunata non vivano di nostalgia, ma interpretino il gusto contemporaneo con una proposta immediata, coerente e sostenibile. La semplicità, nel senso autentico del termine, diventa un valore competitivo. Ma serve metodo: coerenza negli ingredienti, selezione dei fornitori, lavorazione manuale e formazione costante del personale.
Il servizio, l’ambiente e la filiera degli ingredienti — dalla farina al guanciale fino al pecorino DOP — richiedono standard precisi. In un’osteria tradizionale la carbonara non ha segreti, ma ogni dettaglio fa la differenza: stagionature, temperature, gesti.
L’appeal della cucina capitolina, e più in generale delle cucine regionali, mostra come molti italiani non cerchino solo un piatto “da foto” ma un’esperienza coerente, solida e riconoscibile.
Le trattorie e le osterie oggi non sono solo luoghi del gusto ma modelli di business capaci di generare valore attraverso autenticità controllata, continuità gestionale e capacità di interpretare la tradizione in chiave contemporanea. La cucina romana resta una scuola di concretezza: l’autenticità, nel 2025, significa saperla gestire.
a cura di FL
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