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Pizza napoletana, pizza bianca, pinsa romana, pizza in pala: tutte le differenze

Quali sono le differenze tra pizza e pinsa? E tra la pizza in bianca e in pala? Scopri tutte le caratteristiche e peculiarità di questi straordinari prodotti.

Paese di pizze, l’Italia, preparate in decine di modi diversi nelle differenti località della penisola. Pizza napoletana, pizza bianca, pinsa romana, pizza in pala sono certamente gli esponenti più noti: di seguito le caratteristiche di ogni tipologia.

La pizza Napoletana

Tutelata dal marchio STG, la pizza napoletana deve essere preparata in base a un preciso disciplinare e presentare determinati requisiti. Secondo il disciplinare:

«La “Pizza Napoletana” STG è caratterizzata da un cornicione rialzato, di colore dorato, proprio dei prodotti da forno, morbida al tatto e alla degustazione; da un centro con la farcitura, dove spicca il rosso del pomodoro, cui si è perfettamente amalgamato l’olio e, a seconda degli ingredienti utilizzati, il verde dell’origano e il bianco dell’aglio, il bianco della mozzarella a chiazze più o meno ravvicinate, il verde del basilico in foglie, più o meno scuro per la cottura.

La consistenza della “Pizza Napoletana” deve essere morbida, elastica, facilmente piegabile. Il prodotto si presenta morbido al taglio; dal sapore caratteristico, sapido, derivante dal cornicione, che presenta il tipico gusto del pane ben cresciuto e ben cotto, mescolato al sapore acidulo del pomodoro, all’aroma, rispettivamente, dell’origano, dell’aglio o del basilico, e al sapore della mozzarella cotta. La pizza, alla fine del processo di cottura, emanerà un odore caratteristico, profumato, fragrante».

Un risultato che si ottiene a partire da un impasto fatto solo con acqua, sale, lievito e farina. Dopo una lievitazione di almeno 8 ore, la pasta va stesa esclusivamente con le mani. Il panetto viene rivoltato più volte in modo tale da ottenere un disco di pasta in modo che al centro lo spessore sia non superiore a 4 millimetri.

La pizza viene quindi farcita: pomodoro, mozzarella, basilico e olio extravergine per la Margherita. Il marchio STG tutela solo le pizze con condimenti tradizionali, ma è su questa base che si possono realizzare tutte le varietà di pizze possibili. La cottura è brevissima: non più di 90 secondi nel forno a legna.

Pizza in pala

Proprio la cottura è uno degli elementi che maggiormente differenziano la pizza napoletana da quella romana, chiamata anche pizza “alla pala” o “in pala”. Quest’ultima infatti cuoce a temperature molto più basse (280-300 °C contro i 485 °C richiesti per la napoletana), per un tempo ben più lungo, ossia per 7-10 minuti, su pietra refrattaria.

Altra differenza risiede nell’impasto, ad alta idratazione: circa il 75% di acqua, a fronte di un quantitativo di lievito inferiore rispetto a quello usato nella napoletana e di un periodo di lievitazione ben più lungo, anche superiore alle 48 ore. Il risultato è una pizza croccante fuori e molto alveolata dentro, fragrante e gustosa, ma digeribile e leggera.

Le differenze non si fermano ovviamente alla preparazione, ma emergono alla degustazione e alla vista. La forma allungata e le dimensioni (80-120 cm per 30) sono il tratto distintivo di questa pizza, che viene condita direttamente sulla pala del forno.

Pizza bianca

Non chiamatela focaccia. La pizza bianca a Roma si prepara con l’impasto della pizza in pala, che viene infornato senza condimento. Stesa e unta di olio, la pizza bianca cuoce in forno: solo una volta cotta può essere condita a piacere. Classico l’abbinamento con la mortadella. Ma è deliziosa da gustare così com’è.

Pinsa

Scopriamo bene ora la differenza tra pizza e pinsa.

Alla scuola romana va ricondotta anche la pinsa, che oggi spopola non solo nella capitale, ma in tutta Italia. Forma allungata, consistenza soffice ma croccante, niente cornicione “rialzato” come nella napoletana, la pinsa si prepara con un impasto altamente idratato, con una lunga lievitazione (24 ore minimo) e con l’uso di pochissimo lievito madre, a partire da una miscela speciale di farine: farina di soia e di riso in primo luogo, cui si possono aggiungere miglio, farro, kamut e una ridotta percentuale di farina di frumento.

Si possono unire anche erbe e pochissimo olio. Importante anche la regolazione delle temperature: l’acqua deve essere fredda per consentire la lunga lievitazione. Bisogna poi ricordare che è la farina di riso che conferisce morbidezza all’impasto, mentre la lunga lievitazione e il ridotto uso di frumento, lievito e condimenti aumentano la digeribilità del prodotto. Poco anche il sale, da aggiungere a fine cottura: esistono dei forni studiati appositamente per la cottura della pinsa.

a cura di Daniela Guaiti

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