
I prodotti caseari visti da una delle famiglie italiane che lavorano con savoire-faire semi-artigianale e che compiono notevoli sforzi per far cultura nel campo del latte e dei derivati.
Circa un anno fa di questi tempi, assistevo a un convegno dal titolo evocativo di “La nuova era del latte” organizzato da Brazzale, azienda casearia di Zanè, in provincia di Vicenza. Confesso che ero un po’ prevenuta (nel nostro settore le occasioni di formazione sono tante e non tutte di qualità). Invece, sono stata felicemente sorpresa nello scoprire concetti per me nuovi come quello di “matrice del latte” e anche nel trovarmi a riconsiderare il concetto di chilometro zero e italianità di un prodotto. Quello che segue è la sintesi di una lunga intervista a Piercristiano e Roberto Brazzale, che da anni si battono per rafforzare il comparto delle aziende casearie e anche per sfatare alcuni falsi miti che rendono complicato conoscere alimenti straordinariamente come i latticini.
Piercristiano Brazzale, Co-amministratore delegato del Gruppo Brazzale, vicepresidente della Brazzale Moravia ed ex Presidente della Federazione Mondiale del latte

Può spiegare brevemente il concetto di “matrice del latte”?
Gli alimenti sono costituiti da un gran numero di nutrienti diversi, contenuti all’interno di una struttura fisica più complessa: la matrice. La natura della struttura fisica, insieme alla combinazione dei singoli nutrienti e delle sostanze bioattive, può influire sulla digestione, sull’assorbimento e sul metabolismo dei nutrienti stessi, influenzandone le proprietà nutrizionali e funzionali. Ed è esattamente questo il senso di matrice del latte e dei suoi derivati: l’azione di un singolo nutriente dipende dall’interazione con gli altri e dà origine a una sorta di effetto sinergico dal punto di vista metabolico aumentandone l’azione positiva sulla salute e il benessere. L’effetto matrice sembra esplicitarsi al massimo nel latte e nei suoi derivati influenzando il processo di digestione e assorbimento dei componenti alimentari nel tratto gastrointestinale, oltre che gli effetti nutrizionali.
Che cosa resta di questa ricchezza nei prodotti derivati (prevalentemente il burro)?
Il burro, oltre ad essere un alimento gradevolissimo dal punto di vista organolettico, è un concentrato dei principi nutritivi del latte e, di conseguenza, ne esalta i suoi effetti positivi. Tutti sanno che è un alimento ricco di acidi grassi, ma pochi sono a conoscenza del fatto che la scienza sta riconsiderando questi componenti in un’ottica positiva. Le ricerche più recenti hanno infatti rivalutato il ruolo del burro in una dieta sana ed equilibrata. Solo per citare alcuni esempi, se assunto nelle giuste quantità, è stato dimostrato che non fa male al cuore, non ha una correlazione diretta sull’aumento di colesterolo “cattivo” del sangue e ha invece un ruolo importante nel prevenire il diabete di Tipo 2. Inoltre, è ricco di acido linoleico coniugato, che ha un effetto di prevenzione di diverse forme di cancro oltre che di regolatore del metabolismo.
Quindi il burro non fa male.
Da questi pochi cenni si capisce come il burro non sia un nemico, anzi è salutare e digeribile come l’olio. È un grasso animale ricco di colesterolo e acidi grassi a catena corta che forniscono energia immediata all’organismo e, proprio per questo, è considerato l’alimento ideale soprattutto per gli sportivi. È ricco di antiossidanti, prezioso per l’intestino (è ricco di glicosfingolipidi, acidi grassi che proteggono l’intestino da infezioni e problemi gastrointestinali), aiuta il sistema immunitario grazie alla presenza di carotene e fortifica l’organismo contro le infezioni). È anche prezioso per il benessere della tiroide (grazie alla alta concentrazione di vitamina A); allevia l’artrite, poiché aiuta il corpo a contrastare i problemi legati alle articolazioni. Ed è amico degli occhi (la vitamina A protegge gli occhi dall’insorgere della cataratta), del cuore(anche se i grassi saturi aumentano il colesterolo, quelli contenuti nel burro contribuiscono infatti, a innalzare quello buono); è anche un alleato delle ossa in quanto contrasta l’osteoporosi, grazie alla presenza di manganese, rame, zinco e selenio. Infine, aiuta a dimagrire aumentando il senso di sazietà e grazie all’azione stimolatrice del metabolismo dell’acido linoleico coniugato.
Poiché latte, panna e burro vengono poi cotti nei prodotti da forno, che cosa resta di questo enorme patrimonio organolettico e nutrizionale dopo la cottura?
Le trasformazioni che subiscono i prodotti in seguito alla cottura non sono necessariamente “distruttive”. Al contrario, possiamo tranquillamente sostenere che il calore provoca una sorta di “emancipazione strutturale” che, dal punto di vista nutrizionale, è positiva. Tuttavia, per riuscire a valorizzare pienamente ciò che il calore riesce a produrre su sistemi organici molecolari come quelli del latte e dei suoi derivati dovranno trascorrere molti lustri. E ciò, malgrado gli sforzi della chimica analitica e della biologia molecolare, che permettono già oggi di affermare che le valenze delle materie prime lattee in trasformazione sono tutt’altro da sottovalutare.
Roberto Brazzale, presidente della holding vicentina Florentis che controlla il caseificio Brazzale

Secondo lei ha senso utilizzare un burro di pregio nei prodotti da forno?
Ovviamente sì, ma non lo dico io. Sono gli stessi professionisti che considerano il burro utilizzato nella preparazione dei grandi lievitati come un ingrediente decisivo, probabilmente il più importante sotto l’aspetto tecnologico e quello in grado di fare la differenza. Noi, avendo scelto di realizzare un burro di assoluto livello quantitativo partendo dal latte di raccolta e con metodi di produzione che definirei semi-artigianali, abbiamo continui riscontri da chi lo utilizza.
In effetti si sottolineano spesso le caratteristiche organolettiche del burro e quasi mai quelle tecniche.
Si tratta di una banalizzazione comune, dovuta per lo più alle norme che considerano il burro come il sale, cioè alla stregua di una molecola. Viene valutato praticamente solo in base al suo contenuto di grasso, il che porta a considerare solo la percentuale di materia grassa contenuta. Questa banalizzazione è esattamente l’ostacolo che ci impedisce di capirne a fondo le caratteristiche: il burro è composto dalla stessa complessità del latte, ossia centinaia di componenti significativi (acidi grassi, proteine, vitamine e così via), ma contiene anche un’infinità di microcomponenti che sono altrettanto significativi. Se per il vino siamo abituati a distinguere fino all’estremo la qualità e le caratteristiche specifiche, non facciamo lo stesso per il burro. Se lo facessimo ci accorgeremmo che non esiste “un” burro, ma esistono infiniti burri, esattamente come capita per il vino.
Continuo con questo paragone: per il vino il territorio conta molto, vale lo stesso anche per il latte?
Per il latte ancora di più e le spiego il motivo: la vacca da latte è una macchina meravigliosa dentro cui è contenuta la sintesi di tutto l’ambiente esterno. Per alimentarla è necessario avere ettari ed ettari di terreno e quest’ultimo, ovviamente, porta con sé delle caratteristiche specifiche. Questa macchina meravigliosa mette molto del suo nel produrre il latte che – ricordiamolo – è destinato a nutrire il vitello e ha quindi una funzione biologica ancora più complessa. Le faccio un esempio che stiamo studiando e che concerne la presenza di melatonina nel latte. La percentuale di melatonina cambia a seconda che la mungitura avvenga di mattina o si sera, perché la vacca si regola naturalmente in base alla luce per dare al proprio vitellino un contenuto più o meno alto di melatonina. E questo è solo uno dei molteplici microcomponenti contenuti in questo alimento. È per questo che noi non tocchiamo la natura. Il nostro burro è integro: non appena il latte viene raccolto, si utilizza un metodo di produzione che non ne modifica le caratteristiche, nonostante sia molto frequente il contrario per facilitarne l’utilizzo. Noi non vogliamo facilitare l’uso, ma portare al professionista il massimo assoluto che natura può realizzare: sarà poi lui a gestire le proprie attività in laboratorio per ottenere il massimo. Mettiamo però a disposizione degli artigiani il nostro centro scientifico per dare e ricevere riscontri.
Brazzale in Moravia

Brazzale ha fatto una scelta coraggiosa che è quella, per alcuni prodotti, di spostare la lavorazione nella Repubblica Ceca. Come mai questa scelta?
Tra la pianura padana e la Moravia c’è una vocazione totalmente diversa e questo già oggi cosa consente di avere il maggior benessere animale, perché a Nord delle Alpi si hanno almeno 10°C di temperatura in meno. Il vantaggio è avere una miglior qualità dei foraggi sia dal punto di vista della qualità sia della salubrità. Gli allevatori italiani sono bravi a realizzare ottimi prodotti, nonostante le condizioni siano meno propizie. In Moravia abbiamo tutti gli impianti, perché il latte venga lavorato dove è ideale farlo: tutto ne beneficia, anche la salubrità del prodotto.
In Repubblica Ceca voi producete solo il Gran Moravia o anche altri prodotti?
Tutto il latte ceco lo lavoriamo in Moravia e quello italiano in Italia: possiamo scegliere fra la Lombardia, il Veneto e la Moravia. In queste tre aree raccogliamo circa un milione di litri di latte al giorno. Ogni area ci dà un latte che è ideale per determinate lavorazioni, anche se occorre ammettere che il latte moravo è quello che ci dà più soddisfazioni sia per i formaggi sia per il burro.
Per ottenere dei prodotti migliori, usate dei blend di latte?
Se parliamo di latte crudo, dieri di sì. Noi, però, non compriamo latte in cisterna da altri utilizzatori, ma utilizziamo solo latte raccolto direttamente da allevamenti che conosciamo da decenni e dunque abbiamo un controllo totale sulla filiera.
Come si realizza il burro e che differenza c’è tra zangolatura e centrifuga?
Mettiamo ordine: il burro si fa con la panna e quando si usa il termine “zangolare” si intende dire “purificare”. Oggi questo passaggio non si fa più con la zangola, ma con una macchina che ha lo stesso scopo, cioè inverte l’emulsione. Il principio è quello di uno shaker: in questo modo la concentrazione della panna emerge. Lei ha usato la parola “centrifuga”, anche con la centrifuga si separa la panna dal latte. Però non è tanto questo il procedimento, quanto l’origine che conta. La panna per centrifuga può derivare direttamente dal latte di raccolta intero, ed è la nostra filosofia, oppure dalla risulta di altre lavorazioni, per lo più dei formaggi. Anche in questo caso il burro si fa con la panna, ma si tratta di panna ottenuta con una centrifuga che screma il siero del latte che resta dopo la produzione del formaggio: una base onesta e sana, ma che nulla ha a che fare con il burro ottenuto dalla scrematura del latte intero. Oltre a ciò, noi pratichiamo un controllo selettivo continuo sul latte: tornando all’esempio del vino, così come questo cambia a seconda del vitigno, ma anche del territorio e del clima, così fa il latte. Solo che – a differenza del vino – il cambiamento per noi avviene ogni giorno. Gestire la raccolta del latte è come gestire una vendemmia quotidiana: ogni giorno possono esserci condizioni diverse. Ecco perché è importantissimo conoscere la natura, vederla muoversi e gestire i processi naturali grazie alla tecnologia.
Ho visto che avete un impianto di stagionatura robotizzato: di che si tratta?
Si tratta di un magazzino, un luogo nel quale il formaggio inizia una serie di processi stupefacenti che fanno modificare le proteine, i grassi e gli zuccheri presenti nel latte. Il processo di maturazione avviene nel tempo e offre il massimo quando temperatura e umidità sono ottimali. Quando la lavorazione è terminata, occorre poi un lasso di tempo di maturazione. Grazie alla tecnologia, abbiamo la possibilità di dare omogeneità massima a questi processi. La voltura e la spazzolatura sono operazioni assolutamente ripetitive e meccaniche; dunque, si possono benissimo robotizzare ed è quello che abbiamo fatto noi. Inoltre, si possono si può utilizzare la robotizzazione per dare più omogeneità al deposito nel quale avvengono questi processi, perché si eliminano i corridoi evitando variazioni di temperatura e umidità. La scelta di usare la più recente tecnologia, fra l’altro italiana, per la realizzazione del nostro magazzino del Gran Moravia è volta alla qualità processo di stagionatura, ma ha anche altri vantaggi, come la riduzione di spreco energetico, la riduzione di spazi di occupazione del suolo, ecc.
Ho visto che avete appunto inaugurato recentemente il Brazzale Science Nutrition & Food Research Center (BSC), dedicato a vostro padre. Quali funzioni ha?
Si tratta di un centro scientifico di ricerca a 360°, nato in collaborazione con L’Università degli Studi di Milano. Il focus è l’ingresso della Accademia nell’attività quotidiana. Dunque, qualsiasi tematica interessi la produzione trova nel centro scientifico un valido supporto. Le faccio un esempio semplicissimo: il packaging. Per Gran Moravia grattugiato abbiamo studiato un materiale completamente riciclabile in carta. Oppure sempre BSC è nato il Burro delle Alpi Pro Levosod, a basso contenuto di sodio, premiato a Tuttofood per la qualità e l’innovazione sostenibile. Ovviamente il BSC compie anche le analisi sul latte per fornire agli allevatori tutti gli elementi necessari a compiere le scelte migliori.
a cura di Atenaide Arpone
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