
Federico Veronesi, erede di Oniverse, si fa strada nel vino con Oniwines: 100 milioni di fatturato in un anno, cantine tra Lazio, Valpolicella, Sardegna e Marche. Tradizione, innovazione e sinergie di famiglia per un futuro da protagonista nel mondo enologico.
La sfida è di quelle che fanno tremare le vene dei polsi: diventare uno dei poli d’eccellenza della viticoltura italiana.
Certo, tutto sembra un po’ più facile quando si ha alle spalle un gruppo da tre miliardi e mezzo di fatturato. Ma essere figlio di Sandro Veronesi, fondatore di Oniverse – al quale fanno capo i marchi Calzedonia, Intimissimi, Intimissimi Uomo, Tezenis, Falconeri, Atelier Emé, Antonio Marras, Signorvino, Pardo Yachts, Gran Soleil Yachts, Van Dutch Yachts – non è detto che basti. Il rischio è quello di finire schiacciati da tanto successo paterno, tra la voglia di dimostrare il proprio valore e la paura di non essere all’altezza.
Invece, Federico Veronesi, trentatreenne bocconiano di modi garbati e conclamata passione per l’enogastronomia (e la musica, suona la batteria), si è ricavato uno spazio autonomo e originale tra marchi di moda – di cui si occupa il fratello Matteo – e brand di barche (di competenza del primogenito Marcello): Oniwines, che a un un solo anno di vita ha già superato i cento milioni di fatturato. “Sarà che sono nato nelle vigne e che da ragazzino andavo in vendemmia, ma la passione per cibo e vino ce l’ho addosso da sempre. Uno dei miei bisnonni faceva il vino, l’altro aveva un mulino. Poi negli anni ‘50 il nonno materno ha cominciato a fare le calze a Mantova (la futura Golden Lady). Ma la memoria del gusto della nonna mi ha segnato per sempre. Ho imparato a cucinare. A Natale faccio sia i tortelli di zucca con amaretti e mostarda che i bigoli con le sarde. Una tradizione intoccabile”.
Pur avendo rinunciato all’Alberghiero in favore di studi orientati all’economia, Federico ha fatto master e stage in giro per il mondo, imparando a tenere insieme marketing e vocazione golosa. Così, ancora ragazzo gli è sembrato naturale aprire un primo locale, il Bep’s, dedicato ad hamburgher e gin tonic. Un successo vero, prima di vendere a un gruppo importante, perché nel frattempo era nato Signorvino e bisognava starci dietro a tempo pieno.
Oggi i locali firmati Signorivino sono 43, di cui due all’estero (Parigi e Praga). “Proponiamo ricette tipiche del territorio, ma anche selezioni di salumi e formaggi. Sembra banale, ma non lo è, perché scegliamo i fornitori con grande attenzione. Oniwines oggi rappresenta solo il 2,3% del fatturato globale, ma l’ambizione è grande, a partire dalle nostre cantine. Tenimenti Leone, al prima, dieci anni fa, è nata da una settantina di ettari sui colli Albani, alle porte di Roma, parzialmente reimpiantati con vitigni dimenticati come il Bellone e lavorati secondo il metodo biologico, approccio a cui teniamo molto”.
Poi, l’acquisto de La Giuva, azienda fondata dall’ex allenatore di calcio Alberto Malesani, per valorizzare una zona marginale della Valpolicella, dalle grandi potenzialità. E poi al nord ovest della Sardegna, quella del Vermentino di Alghero. “Il podere Guardia Grande è in conversione biologica. L’interior design è stato curato da Antonio Marras. Ci teniamo ad apparecchiare le cose per bene”.
Lo scorso anno è arrivata Villa Bucci, la cantina iconica creata da Ampelio Bucci, tra i fondatori dello IULM, straordinario maître à penser del vino (e non solo). “Con lui e mio padre ci siamo confrontati a lungo. Gli siamo grati per aver deciso di affidarci la sua azienda, dandoci la possibilità di dimostrare che facciamo le cose sul serio”, mentre la new entry si chiamerà ERT1050, in onore della salita – ert, in Trentino – e della quota (massima) delle vigne che l’enologo Matteo Moser, dell’omonima cantina, ha tradotto in un metodo classico elegante e verticale da presentare al prossimo Trento Doc Fest, in programma a settembre.
“Ci sarà spazio anche per una cantina piemontese, ma non è ancora il momento di parlarne. Vogliamo fare uscire i vini giusti al momento giusto”.
Intanto Federico elabora nuovi modi di comunicare, approfittando delle sincronie interne. “Il successo di Signorvino dimostra che bisogna far assaggiare, raccontare, all’occorrenza spiegare. E creare delle occasioni uniche. Degustare in un negozio Falconeri a NY, per esempio. E raggiungere il pubblico femminile, sempre interagendo con i marchi di famiglia. Non mi spaventano né i dazi né i dealcolati. Mettiamo in campo sinergie, intelligenza e passione. Il resto arriverà”.
a cura di Licia Granello
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