Grande Cucina

Fare ristorazione oggi: abitudini, personale e aumento dei costi. Parlano gli chef

Fare ristorazione oggi, gestire non solo la cucina nel suo aspetto creativo, ma anche e soprattutto la brigata, il food cost e le spese generali che un’attività richiede: si tratta di un ambito certamente complesso, che necessita di passione, insieme a una grande attenzione e capacità organizzativa. Nel presente che stiamo vivendo, questo ambito sembra ancora più articolato e portatore di difficoltà e preoccupazioni in virtù dei cambiamenti che la pandemia ha attivato o accelerato e, negli ultimi mesi, degli stravolgimenti che la guerra in Ucraina sta generando. Stravolgimenti legati all’inasprimento delle spese energetiche, della disponibilità di materie prime e dei costi a esse collegati.

Sembra, insomma, che non vi sia tregua per la categoria, che non vi sia il tempo per prendere fiato ma la costante esigenza di resistere. Per chi può. Per chi riesce. Per chi è più strutturato.

Sono diverse le esperienze e le voci della ristorazione italiana che si stanno esprimendo in tal senso, ognuna con un suo punto di vista filtrato dalla quotidianità lavorativa che li contraddistingue. Ma un comune denominatore c’è ed è quello di una situazione che rimane sospesa tra resilienza, preoccupazione e capacità di adattamento.

Fare ristorazione oggi, parlano gli chef

Cesare Battisti (Ratanà)

Cesare Battisti_professionisti della ristorazione

«Da questa pandemia in molti sono venuti fuori con le ossa rotte, ma la situazione attuale non aiuta: affitto, dipendenti, acquisto materie prime e spese energetiche rendono tutto complesso, «spiega Cesare Battisti, chef patron del ristorante Ratanà, Milano, «A livello di gestione, sono diventati importanti aspetti prima marginali, anche le persone soppesano maggiormente dove e quando andare a mangiare fuori, chiedono molto di più. A Milano, ad esempio, lavorano bene i ristoranti che hanno una identità, che sono riconoscibili. Oggi più che mai dobbiamo comunicare il valore dell’artigianalità e della ricerca».

«Aggiungo che noi chef abbiamo una responsabilità sociale, siamo i detentori del sapere culinario e dobbiamo consegnarlo ai giovani per favorire una evoluzione e trasmettere la passione per il mestiere. Perché è sempre più difficile trovare giovani che vogliono fare questo lavoro, desiderano una vita tranquilla con tempo libero a disposizione. Al Ratanà siamo aperti 7 su 7 ma lavorano tutti quattro giorni e mezzo, che si traduce in un 25% in più di personale e costi».

«È innegabile che la ristorazione stia vivendo un momento di crisi e cambiamento – conclude – ma il lato positivo è la maggiore attenzione che poniamo verso tutto: ai menù, ai prodotti stagionali e quelli italiani, anche se a fronte di costi sostenuti. Non ho ancora aumentato i prezzi, è vero che i clienti capiscono la situazione ma, dall’altra parte, gli stipendi rimangono uguali con la conseguenza che si sceglie di andare al ristorante una volta in meno».

Chicco Cerea (Da Vittorio***)

Chicco Cerea

«Gestire un ristorante oggi è più complicato perché il contesto, seppur migliorato rispetto ai momenti “caldi” degli ultimi anni, si presenta ancora più articolato dal punto di vista burocratico. Il costo del lavoro è troppo alto in Italia, tanto da non renderci competitivi a livello non dico internazionale, ma neppure europeo», racconta Chicco Cerea, chef patron del ristorante Da Vittorio, «A questo si aggiunge un livello di spese per materia prima ed energia difficile da sostenere. Ciò è vero per tutta la categoria, ma per il nostro ambito lo è anche di più: facciamo “abiti sartoriali” e non riusciamo ad ammortizzare come dovremmo le spese».

«Io sono sempre positivo, ma non è un momento felice per la ristorazione italiana, anche per quanto riguarda lo staff e la brigata. Cerco di gestire al meglio il personale impiegato nelle diverse attività, di rispettare le loro esigenze e i tempi, ci vuole molto impegno. Poi ci sono le materie prime sempre più costose e difficili da reperire, le bollette energetiche quasi raddoppiate, tutti temi che ci hanno obbligato a dover ritoccare leggermente i prezzi. Ma la clientela sa e comprende, sostiene. Penso si debba tenere duro, per poi essere pronti al ritorno alla normalità».

Viviana Varese (VIVA*)

Viviana Varese Champions of Change

«La gestione di un ristorante è in continua evoluzione, temo che il peggio debba ancora arrivare. La pandemia ha colpito duramente tutti, ma non abbiamo avuto il tempo di rialzarci. Il costo di materie prime ed energia è diventato preoccupante, il mercato risulta come “drogato”, con aumenti che vanno dal 40 al 180%. E questi costi incidono pesantemente sull’economia dell’attività».

«Non solo», aggiunge la chef Viviana Varese, patron del ristorante Viva di Milano, «sono rimasti in pochi a voler fare questo mestiere, quindi la scelta è duplice: o si riescono a dare più soldi al personale, oppure si mantiene lo stesso stipendio dando più tempo libero. Noi ad esempio, diamo un giorno aggiuntivo di riposo che si riflette in un giorno di chiusura prima non previsto, ovvero in una perdita di incasso. L’urgenza è quindi quella di far quadrare i conti, molti di noi si sono indebitati perché continuano a crederci fermamente. Anche per questo sono stata costretta ad aumentare i prezzi del menu».

E conclude: «Il futuro è incerto. Io mi reputo fortunata, perché ho un ristorante conosciuto e apprezzato, ma anche per i lavori a corollario della mia attività. Bisogna però tenere presente che andare al ristorante diventerà sempre di più l’evento e non l’abitudine, soprattutto per quanto riguarda l’alta ristorazione».

Eugenio Boer (BU:R di Eugenio Boer)

Eugenio Boer chef

«Devo essere sincero, gli ultimi anni non ci hanno creato particolari problemi perché i problemi li abbiamo vissuti prima. Anzi, mi sono serviti per regolare il tiro, per riorganizzarmi e tornare a proporre qualcosa di convincete per la clientela. La presenza di mia moglie Carlotta è stata fondamentale», tiene a sottolineare lo chef Eugenio Boer, ristorante Bu:r a Milano, «Insieme abbiamo costruito una brigata di cucina presente ancora oggi. Dirò di più, durante la pandemia abbiamo anche assunto del personale, tutto a tempo indeterminato. Rispetto a prima, la differenza è che non riusciamo ad aiutare gli altri colleghi che magari stanno cercando per il loro staff, perché arrivano veramente pochi curriculum. Non è più il mondo della ristorazione di sei o sette anni fa, la pandemia ha dato un colpo violento a un cambiamento già in essere».

«Per quanto riguarda i prezzi, non sono stati aumentati e questo in virtù del fatto che avevo impostato già prima il tutto in modo che costi/ricavi tornassero bene. Oggi c’è sicuramente un guadagno inferiore, ma pazienza».


In apertura: foto PxHere

a cura di Chiara Marando