
Daniel Facen, chef e autore del libro Tecniche e tecnologie in cucina, ci spiega come utilizzare questo strumento tecnologico.
Una breve ma esaustiva guida all’uso del sonicatore, strumento tecnologico che ha utilissime applicazioni in cucina. Per farlo ci siamo rivolti a Daniel Facen, chef esperto che sa applicare al meglio l’innovazione dietro ai fornelli.
Se vuoi scoprire ancora di più su questo e tanti altri strumenti, scopri Tecniche e tecnologie in cucina, il libro di Daniel Facen.
Ecco intanto cosa ci spiega lo chef per un primo, efficace approccio al sonicatore:
Le applicazioni delle onde acustiche
Negli anni Sessanta si scoprì che le onde sonore prodotte dai sommergibili uccidevano i pesci che si trovavano nell’acqua circostante. Una conseguenza infausta, quindi, che permise però l’applicazione delle onde acustiche in più vari e vasti ambiti, in primis nella disintegrazione cellulare e in seguito per omogeneizzare, estrarre, degassare, disperdere.
Cos’è la sonicazione?
Quando si parla di sonicazione si parla di onde acustiche ultrasoniche. Il sonicatore viene usato principalmente in biologia per provocare la rottura delle membrane biologiche e recuperare il contenuto intracellulare. La sonicazione è utilizzata anche per ottenere la sospensione acquosa di fosfolipidi e liposomi.
Dal passaverdura al sonicatore
C’erano una volta i passaverdure. Poi sono arrivati i frullatori e i frullatori a immersione. Infine è arrivato il sonicatore, niente di più che un frullatore all’estrema potenza. Se prima c’erano il cavallo e il calesse e poi sono arrivate le automobili è perché – se dobbiamo percorrere strade – è bene farlo sempre meglio: il paragone calza, niente da dire. Potrai comunque usare il passaverdura e il cavallo con il calesse; in fin dei conti sminuzzerai e farai comunque il percorso, ma i risultati non potranno nemmeno essere messi al confronto.
Salse perfette
Io sognavo le salse perfette, quelle dal gusto omogeneo e ineccepibile. Desideravo unire ciò che era diviso e separare ciò che era unito per avere tutti e cinque i gusti perfettamente distinti, e credo di esserci riuscito. Definisco il sonicatore una “macchina infernale”, un attrezzo geniale che frantuma le cellule, arriva fino al nucleo e le rende assimilabili. Questo attrezzo, simile a un frullatore a immersione per la sua struttura che definirei essenziale, è entrato dalla porta principale della mia cucina e non esce più.
Se prima le emulsioni instabili avevano bisogno degli additivi per mantenere l’aggregazione, con il sonicatore non serve più. Una volta sonicata la salsa, le cellule di grasso e acqua saranno così piccole che l’acqua e il grasso saranno perfettamente emulsionati e non ci sarà più la necessità di usare additivi e non sarà più possibile la disgregazione.
Ed è a questo punto che il microscopio diventa un mio valido alleato. Se si osserva una salsa prima della sonicazione, il grasso e la parte acquosa si distingueranno perfettamente. Una volta sonicato, il composto apparirà del tutto omogeneo e non ci sarà pericolo di disgregazione. Quindi gli elementi apolari sono stati perfettamente emulsionati senza nessun legante esterno, ma semplicemente con il lavoro di 24000 pulsazioni al secondo.
L’importanza della potenza del sonicatore
Naturalmente la forza del sonicatore va bilanciata a seconda del prodotto da emulsionare: più delicata è la salsa, più bassa deve essere la potenza, altrimenti si rischia di riscaldare il solvente. Uso il sonicatore alla fine di ogni preparazione e vicino al momento dell’impiattamento per bisque, zuppe, creme di ogni tipo, salse, qualsiasi solvente che contenga parte grassa che abbia bisogno di essere emulsionata in modo stabile.
Va sottolineato il vantaggio di non aggiungere nessun legante esterno quando si sonica, che è prima di tutto quello di mantenere o addirittura riportare l’alimento al suo gusto originario e perfetto. Inoltre, essendo le cellule frantumate in parti piccolissime, sarà avvantaggiata la percezione del gusto. La salsa rimarrà sul palato il tempo necessario affinché si possano avvertire tutte le sfumature gustative che diversamente non sarebbero così intense.
Che cos’è un’emulsione?
Ma che cos’è un’emulsione? Nelle cucine professionali e di casa ne facciamo spesso. Se dico citronette, vinaigrette, orangette, parlo di un’emulsione, che è una miscela, o mescolanza, di sostanze definite non immiscibili.
Il sale per esempio si scioglie nell’acqua, perché le sostanze polari (il sale) si sciolgono nelle sostanze polari (l’acqua). Al contrario, le sostanze organiche apolari come l’olio non sono solubili in acqua, ma in solventi apolari.
Facciamo un esempio: se versiamo un po’ di olio e di acqua in un bicchiere e lasciamo riposare, si noterà chiaramente che i due elementi non si sciolgono l’uno nell’altro, cioè non sono miscelabili. Anche l’olio e l’aceto sono immiscibili, tuttavia se facciamo un condimento sbattendoli forte otteniamo delle goccioline che si uniscono e impiegheranno un po’ di tempo per separarsi: riusciamo a condire l’insalata, alla fine, ma il loro destino è quello di separarsi.
Si creano dunque delle emulsioni che, nella definizione più adatta, sono dispersioni di colloidi, particelle di dimensione variabile. Ma il liquido della fase dispersa e il liquido di quella disperdente non si misceleranno perché le loro particelle hanno polarità diverse. Questo deriva dal fatto che i legami tra molecole dipendono dalla diversa attrazione dei nuclei sugli elettroni, la quale a sua volta è influenzata dalla loro distanza dal nucleo.
In particolare l’acqua è polare: ha un polo negativo e uno positivo, mentre l’olio, così come tutti i grassi, contiene legami carbonio-idrogeno ed è apolare. E dato che in chimica vale l’assioma che il simile scioglie il simile e apolare si lega con apolare, come polare si lega con polare, ne deriva che acqua e olio, così come aceto e olio, sono immiscibili e tutti i grassi non possono essere sciolti in acqua.
A meno che… a meno che non si intrometta un tensioattivo, quasi un terapista di coppia per i legami difficoltosi. A parte gli scherzi: il tensioattivo impone, permette, facilita, l’aggregazione. Pensiamolo come un bastoncino che ha un’estremità polare e l’altra apolare. Porta tutte le molecole dell’acqua da una parte e quelle dell’olio dall’altra. In pratica l’olio non si mescola con l’acqua ma il tensioattivo è l’impositore di aggregazione, il collante, il trait d’union che congiunge i “due” diversi.
Il caso della maionese
Nella maionese questa funzione è svolta dal tuorlo dell’uovo che contiene grassi e acqua. In una maionese perfetta per ottenere un’emulsione bisogna infatti che l’olio possa disporre di una sufficiente quantità d’acqua che si trova nel tuorlo, ma può essere aggiunta in assenza della stessa. Quando la maionese impazzisce significa che l’acqua è diventata insufficiente.
Lecitina di soia: un altro tensioattivo
Ma torniamo ad acqua e olio per spiegare l’ingerenza sulle miscele immiscibili, perdonatemi il gioco di parole, di un altro tensioattivo: la lecitina di soia. In un barattolo mettiamo acqua e olio in parti uguali. Come già sappiamo per le loro differenze all’origine si separeranno nettamente: l’olio più leggero starà in superficie e l’acqua nella parte inferiore.
Ora proviamo ad agitare piano per qualche istante acqua e olio: e vedremo che paiono miscelati. Ma se lasciamo poi riposare per qualche secondo, vedremo che cominceranno immediatamente a separarsi e piano piano tutto tornerà come all’inizio. Se aggiungiamo però mezzo cucchiaio di lecitina di soia (il tensioattivo) e agitiamo, le goccioline di olio non si fondono più in un’unica fase. Significa che le molecole del tensioattivo hanno rivestito le goccioline di olio che impedivano l’aggregazione.
Questo poiché la testa idrofila dei tensioattivi possiede una carica elettrica e le goccioline di olio risulteranno cariche dello stesso segno.
Il sonicatore e la carne
Ma torniamo per un attimo ai poveri pesci e al loro sfortunato passaggio vicino ai sommergibili. Il sonicatore è un emulsionatore perfetto, ma anche un ottimo disgregante: cambiando il sonotrodo è in grado di intenerire le fibre della carne.
La tenerezza della carne è influenzata dalla composizione, dalla disposizione strutturale e dalla composizione del muscolo scheletrico.
In passato si usava il martellamento della carne sia per appiattirla sia per renderla più tenera. L’intenerire può essere ottenuto, ora, meccanicamente: l’ultrasuono ad alta potenza è un nuovo metodo meccanico per intenerire la carne.
Il trattamento ultrasonico si traduce in un migliore intenerimento della carne, dal momento che la cavitazione ultrasonica spezza il tessuto connettivo e rende la struttura tenera e morbida.
L’intenerimento della carne attraverso la cavitazione ultrasonica crea intense forze di taglio, spezza le cellule muscolari e stimola gli enzimi intra tessutali, gli stessi che intervengono nel processo di frollatura e sono responsabili della morbidezza della carne.
Se le strutture cellulari vengono aperte ecco che sono pronte ad assorbire al meglio e in profondo i profumi e gli aromi.
Per cui è lapalissiano intuire un altro enorme merito del sonicatore, quello di sfruttare al massimo le marinature per ottenere la miglior qualità alimentare possibile.
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a cura di Redazione Italian Gourmet

Tecniche e tecnologie
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Un prezioso volume che analizza strumenti antichi e moderni della cucina che guarda al futuro, per permettere a tutti i cuochi di sperimentare e ottenere risultati creativi, precisi e innovativi.


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