Il Panificatore Italiano

Professionisti: Lievito madre, farine magiche e pane di qualità

La qualità del pane oggi è un prerequisito indispensabile, ma non basta evidenziare l'uso del lievito madre per distinguersi, Ci sono ben altri valori in campo.

Per i casi della vita e di lavoro mi son trovato a Cavour, la città di Camillo Benso, dove camminando in un centro storico grande come una via di Milano, mi sono imbattuto a distanza di neanche 200 metri in due panetterie. Entrambe elogiavano in vetrina la bontà e la naturalità del pane realizzato con lievito madre, con farine di grani antichi o macinate a pietra.

Incuriosito ho dato un’occhiata e ho intuito che una impastava e faceva il pane alla maniera tradizionale, l’altra invece mescolava partendo da un mix di prodotti. Non fraintendetemi, non giudico, analizzo solamente, e abbiate pazienza che arrivo al dunque. Sempre in questo tour piemontese sono arrivato al factory outlet di Vicolungo dove Cucina Barilla ha aperto un negozio temporaneo.

Acquistando in comodato d’uso un forno strabiliante e speciale, si ha la possibilità di avere mensilmente una fornitura per 30 euro dei nuovi prodotti per fare pane, focacce, dolci: in pratica apri la busta del preparato “butti” tutto nel forno che contiene una vasca con impastatore e viene caricato con acqua, e magicamente viene cucinata la focaccia o la torta. Più difficile spiegarlo che farlo. Anche qui il messaggio è lo stesso, oltre ovviamente alla liberta di farselo da solo, c’è la naturalità del prodotto, la freschezza, l’artigianalità, eccetera… Eccoci al dunque: il messaggio contemporaneo

nel mondo del pane è tutto basato sul recupero del valore della qualità del prodotto attraverso ingredienti o metodi di lavorazione che un tempo sarebbe stato semplice chiamare artigianali. Oggi il lievito madre, se si va a curiosare nei laboratori, può avere 100 anni o essere una polvere che esce da un sacco o che è già mescolata alle farine, ma – ripeto – non è questa la cosa importante. Il punto è che chi va a comprare il pane a Cavour, a Milano o a Bolzano, vedrà evidenziata questa informazione come una motivazione per comprare un pane più buono.

E per le farine è la stessa cosa: pane, pizza e focaccia sono venduti sempre di più con l’esplicitazione della tipologia di farina, della sua lavorazione (a pietra! a pietra!), della sua origine. Tutto ciò è un bene: seguendo finalmente il filone del food esperienziale anche il pane investe sulla qualità e cerca di venderla al cliente finale. Che sia di 100 anni o in polvere (il lievito madre) interessa poco e se ci mettiamo a disquisire di questo torniamo indietro di secoli: la qualità oggi prima va venduta, farla e pensarla è un prerequisito. Ancora positivo è che questa qualità della panificazione si sia trasmessa dalle figure di innovatori, quali Longoni o Bonci per esempio, a tutto il settore, una democratizzazione della qualità che spesso passa per l’aiuto importante delle aziende, ma che ha come recettori le nuove leve della panificazione, giovani motivati e senza il peso del passato…

Esiste un rischio in questo processo, ovvero che l’esecuzione non sia in linea con le aspettative: lievito madre e farine magiche non bastano per fare un pane buono, bisogna metterci la capacità di saper fare del panificatore.

Anzi come in tutti i processi di trasformazione più i prodotti sono “delicati” più ci vuole abilità nel saperli combinare. Altrimenti diventa solo un esercizio commerciale: promettere bontà solo attraverso gli ingredienti, ma vendere un pane “normale” a prezzo maggiore della media. Un boomerang. Allora come cliente, compro Cucina Barilla, almeno ho il forno di Harry Potter!

 

A cura della redazione