Il Pasticcere e Gelatiere

Panettone Senza Confini: diario di bordo/giorno5

Oggi è un giorno importante: entriamo nel vivo di “Panettone Senza Confini”. La giornata inizia presto (presto per me) con la lezione che attendevo: come giudicare un panettone?
Certo, perché, qui, sulla Costa Smeralda mica ci sono salita per guardare albe e tramonti dal mare, ma per essere parte della giuria critica del concorso. Le domande in testa stanno a mille, ho paura di fare figure: sinceramente, in mezzo a tanti maestri, mi sento piccola e novellina.
Ci pensa Iginio Massari a darmi un po’ di conforto. E chissà se, a conti fatti, avrò imparato qualcosa. Lo scoprirò il 19, nella finale di Civitavecchia.

I numeri del panettone: composizione

In un panettone tradizionale artigianale, da disciplinare, c’è il 4% al secco di tuorlo d’uovo; 20% circa di frutta mista; 17% di zucchero (calcolando anche il miele per chi lo mette); burro 20%. Massari apre qui una parentesi importante: «Secondo il disciplinare, si può mettere solo il burro. Se uso l’olio d’oliva, non c’è problema, non è un panettone secondo disciplinare». E poi c’è la farina, che comprende anche il lievito, assolutamente madre/naturale, che da quello è composto, oltre che dall’acqua.

Il ruolo del sale

L’impasto deve avere anche minimo il 2 per 1000 di sale. Si può scendere a livelli molto bassi, ma serve perché apporta una parte molto importante. È un rilevatore di aromi: se è troppo poco, gli aromi precipitano del 30%; se è troppo, rallenta la fermentazione. Bisogna avere la capacità di dosarlo in modo corretto.

Il lievito e la fermentazione

Per andare a giusta maturazione, il lievito va rinfrescato 3 volte da un mese prima di utilizzarlo. Il raggiungimento della forza completa, del totale degli acidi, ha bisogno di tempo. Se si fa man mano, il panettone sarà perfetto dopo il Natale. È meglio iniziare a rinfrescarlo, utilizzando un po’ di acqua e farina, perché la piccola spesa sarà un ottimo investimento, in grado di dare un grande risultato.
La farina è la variabile che comanda la fermentazione. Ci sono delle farine che accelerano troppo in fretta e il panettone diventa acido. Ci sono quelle ritardanti, che fanno fare la muffa in fretta.
Il tempo di lievitazione dipende dalla percentuale di zucchero e burro, che rallentano la fermentazione. I grassi sono isolanti. Il tuorlo d’uovo è un ritardante della fermentazione. Se vogliamo fare un panettone “ricco” dobbiamo sapere che avremo molte più difficoltà.

La vaniglia nel panettone

La vaniglia è un ingrediente prezioso. Non solo dal punto di vista dell’aroma, ma proprio per il costo. Scopro che servono 500 euro/kg per quella Madagascar e addirittura 800 euro/kg per la Tahiti. Ma non basta. Perché, se non la tratti nel modo giusto, la vaniglia non esplode.
Scopro anche che le bacche di vaniglia del supermercato sono soldi buttati: la loro parte aromatica non vale nulla, perché è solo di legno. La proteina fresca o pastorizzata toglie circa il 24% della percezione aromatica della vaniglia. Quindi attenzione: la bacca deve essere di ottima qualità, deve misurare circa 20 cm di lunghezza ed essere assolutamente morbida.

La frutta e i canditi

Attenzione alla distribuzione di canditi nell’impasto, perché «come spesso accade, dopo aver inserito la frutta non si impasta per il tempo necessario (5/6 minuti) ».
Oggi imparo anche un altro accorgimento per far distribuire meglio i canditi, un “trucco vecchia scuola”: si toglie il 10% di burro normale e si mette un burro liquido (che ha il punto di fusione a 17 gradi) e si mescola il tutto con le mani.
«I canditori attualmente preferiscono l’arancia calabrese – dice Massari – Ci sono tipologie di arancia che si riconoscono all’occhio. Alcune aziende fanno la mezza canditura per mettere meno zucchero. Io l’ho assaggiata non una, ma 100 volte».

Panettone basso o alto?

Per Massari, un panettone basso è senza dubbio più pratico per diversi motivi. Il primo è che uno alto è più facile che collassi. Un panettone collassato ha una masticazione forte. Se si mangia nei primi 15 giorni è ancora buono, ma dalla quarta settimana inizia a “soffrire”.
Attenzione anche al “fungo”: talvolta viene quando ci sono degli errori. Intanto potrebbe avere poca frutta, perché se ho meno acqua ho più pasta lievitata e comunque una lievitazione maggiore. Se il panettone sviluppa troppo in altezza, poi, potrebbe anche essere un po’ acido.

Differenze fra panettone artigianale e industriale

«Innanzitutto l’industria deve cambiare la shelf-life, se vuole fare un prodotto artigianale – esordisce Massari, sull’argomento – Il panettone industriale contiene poi diversi additivi: emulsionanti (tutti gli impasti hanno alla base l’emulsione) e anti-muffa. Inoltre, a livello artigianale, sono fondamentali i canditi e la loro qualità. In certi panettoni mettono anche lo zenzero, ma ad esempio dipende da quando è raccolto: se in estate, è duro; se invernale – più difficile da raccogliere e ce n’è di meno – è molto più valido».
Piccola curiosità: in Brasile, il panettone è amatissimo e consumato tutto l’anno. Infatti è lì l’industria più grande del mondo, a San Paolo.

Il “Panettone Senza Confini”

Per il contest, si poteva presentare un panettone alto, basso, glassato o scarpato. La glassa può essere a base di amaretto o di nocciole, a seconda delle regioni e delle scelte personali. Dice Massari: «La glassa all’amaretto, se ben fatta, dà aromi molto interessanti. Dove c’è la glassa abbiamo alveoli molto più grandi. (vedi foto 17) Ogni g di zucchero, infatti, richiede 5 g di acqua. Quindi anche la frutta crea alveoli più grandi, perché l’acqua produce vapore».
Il cioccolato, invece, essendo fatto con il cacao, assorbe l’acqua 3 volte più della farina. Poi la rilascia quando c’è calore. Il cioccolato ha anche la tendenza ad asciugare la pasta più in fretta.

Ma quindi, come valutare un panettone?

Massari assicura – e non stento a credergli – che un esperto già al taglio riconosca se il panettone è “giusto o sbagliato”. Comunque, sono 2 i macro criteri da tenere presente, prima di passare all’aspetto gustativo: visivo e olfattivo/aromatico, come riporta la mia scheda di valutazione.

Aspetto visivo: si guarda il colore, la forma, la distribuzione dei canditi. La crosta e l’impasto.
Aspetto olfattivo: le percezioni che dovrebbero arrivare per prime sono gli aromi di prevalenza. Innanzitutto gli agrumati, poi il burro e la vaniglia. Se c’è si deve sentire il miele. (Massari preferisce quello di acacia; quello di castagno, dice, porta via tutti gli altri aromi e rimane solo il gusto amaro).

Mentre ripasso la lezione, il personale (splendido) di Costa Crociere sanifica tutto l’ambiente e poi siamo pronti per la prova di degustazione. Mi sento un po’ anche io, sotto esame, ma mi impegno al massimo ad annusare, schiacciare, sbriciolare, sbocconcellare insieme e separatamente: pasta, canditi, uvetta. Sbircio poco, i miei vicini, giornalisti blasonati ed esperti: provo a fare da sola e vediamo come andrò.

Tra i 20 assaggi, trovo il mio preferito. Alla fine, zuccherosamente ubriaca, mi perdo nei mille piani di questa nave e vagolo felice per ore.

Un pensiero prima di dormire

Nel pomeriggio, il Sanremo Lounge ospita la presentazione della collana autobiografica di Iginio Massari, realizzata in collaborazione anche con noi di Italian Gourmet. È di nuovo un momento prezioso, che aggiunge nuove tessere al puzzle di un uomo complesso, finalmente davvero tridimensionale. Forse anche di più. Si leggono memorie felici e riflessioni dolorose; capisco la base e l’essenza della persona oltre il personaggio e mi commuovo anche un po’. Gli zuccheri non c’entrano, c’entra la storia di un uomo che si interseca con la Storia di un Paese e di una comunità che lui ha sempre trattato da pari.

Qualche ora dopo, il maestro mi fa un regalo inaspettato: il suo libro “Dolce Italia”. Nell’introduzione, scritta con la figlia Debora, leggo una frase che è mia da sempre. “Sono mille i modi per viaggiare. Alcuni banali, altri più costruttivi. Uno dei più interessanti è certamente quello di scoprire, capire la gente, la cultura, il territorio, il cibo. Per migliorare la gente che incontriamo? No di certo, per migliorare noi stessi”.

Voglio immaginare che questo viaggio abbia migliorato qualcosa di me, nei begli incontri che ho fatto, nelle esperienze uniche che ho vissuto, nelle conferme e nelle smentite di certezze e impressioni. Nei dolci appassionati, mai stanchi, che ho assaggiato. Voglio credere di avere fatto un passo in più nella vita, aprendomi a questa avventura. E, mentre richiudo il libro prima di dormire, vedo una dedica. Tra le parole ce n’è una che dà luce a questa speranza. È la parola “stima”, che il maestro ha scritto per me e che non potrebbe avere, oggi, importanza più grande.

(Nella foto qui sopra, la nave in cioccolato che Massari e Santoro hanno realizzato in occasione di una festa su Costa Classica. la nave è rimasta in esposizione 3 mesi, poi è stata levata perchè mezza smontata a suon di assaggi clandestini).

a cura di Alessandra Sogni