
Preparazioni di tutti i giorni che, con piccoli accorgimenti si moltiplicano in prodotti finiti diversi, anche molto innovativi. Ecco come fare
Due giovani pasticceri di successo ci raccontano come ottimizzare la produzione in modo semplice e creativo, creando dolci classici e innovativi da un solo impasto.
Luca Rubicondo: una rivoluzione da un impasto “quotidiano”
È un impasto di brioche veneziana a lievitazione mista, la base delle creazioni di La Dolza. Il marchio è di una giovane promessa della pasticceria italiana, Luca Rubicondo. Una serie di creazioni rivoluzionarie e spiazzanti, che giocano fra un aspetto visivo salato e una degustazione dolce. «L’impasto è unico, realizzato con farina da panettone» dice Rubicondo.
«Lo vado a declinare in vari formati e pezzature, per realizzare prodotti dalle sembianze salate, ma che a tutti gli effetti sono brioche di pasticceria. La salsa al pomodoro è un gel alla fragola e lampone, la mozzarella è una panna cotta vaniglia e agrumi. Il wurstel è un cremoso al pistacchio rivestito di cioccolato ruby, la maionese è crema pasticcera, il ketchup sempre gel al lampone. Anche l’asparago è un cremoso al pistacchio. Sono tutte preparazioni che farei comunque e che già utilizzo normalmente all’interno della mia pasticceria, in torte e mignon. Le vado a impiegare in parte anche per questo progetto».
Pierluigi Sapiente: tre impasti, dieci prodotti completamente diversi
«Nel momento in cui faccio un impasto – mi ci vuole almeno 40 minuti – e lo metto in linea, ci devo creare almeno 3 prodotti, per ammortizzare il tempo» dice Pierluigi Sapiente, promettente pasticcere e consulente dell’innovazione dolce. Insieme a lui, avevamo già visto come passare facilmente da un impasto all’italiana ad uno alla francese. Ma l’ottimizzazione non si ferma lì e va oltre, vedendo come partire da una base e poi procedere con diverse lavorazioni. Una usanza comune ai pasticceri , specialmente nei piccoli lievitati da colazione.
«Con l’impasto del cornetto all’italiana, se non lo sfoglio, faccio veneziane e brioche gelato, senza dover perdere tempo. Con la stessa base integrale posso fare un calzone o un fagotto salato con spinaci, che si può vendere a 3,5 euro invece che a 2 euro. E il cliente ha un prodotto in più. Sulle frolle è banale, ma non sui cake. Io faccio il cake base, neutro, che aromatizzo come voglio. Faccio una montata e la divido in 4 impasti: classico, al pistacchio, alla nocciola, agli agrumi. Stesso discorso anche con altre tipologie di dolci, come le mousse, in cui parto da una base comune di bavarese neutra alla vaniglia».
Tre croccantezze in tre mosse
In un classico croissant francese la percentuale di burro su 1 kg di impasto, che andiamo a sfogliare, è del 30%.
Se lo voglio sempre “francese” ma un po’ meno croccante per arricchirlo con le creme, posso scendere al 20%.
Se vogliamo che sappia ancora più di burro e sia ancora più croccante vado al 40%.
Lo spessore: più è alto, più il prodotto finito sale
Anche la fase di laminazione può essere fatta in modi diversi e dare origine a più prodotti differenti. Parliamo non di piega a 3 o a 4, ma dello spessore della pasta. Ad esempio: con uno spessore di 1 cm avremo un prodotto finito molto sfogliato e croccante; con uno spessore di 6 millimetri, gli strati di burro diventano più fini, la sfogliatura è meno visibile e più regolare e diminuisce la croccantezza.
Il “pain au chocolat” è tirato a 3 mm, il croissant a 4mm; se si vuole più sfogliato a 5 mm. Anche altri prodotto meno comuni, dove non c’è pasta arrotolata come la danese, hanno sfogliatura molto evidente. Oggi i croissant moderni sono tirati più spessi per aumentare la sfogliatura e renderli più “instagrammabili”.
L’ultima piega nell’impasto diventa la chiave
In sfogliatura posso personalizzare lo stesso impasto il prodotto anche inserendo ingredienti caratterizzanti nell’ultima piega: sale, zucchero, polveri, semi… Nella fase di riposo in frigorifero si amalgameranno e avrò prodotti finiti completamente diversi partendo dal medesimo impasto.
Un esempio iconico: il cubo
«Il croissant è prodotto dove marginiamo di meno – continua Sapiente – il cubo, ad esempio, costa di più e dentro c’è meno prodotto». Prodotti iconici dei nostri tempi, come i cubi o i New York Rolls, partono dalla stessa base sfogliata e variano il metodo di laminazione.
Il cubo, ad esempio, è laminato più sottile del croissant ed è poi cotto in stampo chiuso a pressione, come il pane in cassetta. «Non ha quindi possibilità di sviluppo verso l’alto, come nel croissant classico, e il burro fuoriesce dallo stampo».
Foto courtesy Luca Rubicondo e Pierluigi Sapiente
a cura di Alessandra Sogni
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