
Sovraindebitamento, fondi antiusura e crediti deteriorati: tre questioni da rivedere per ridare fiato a 5 milioni di italiani. Ecco la storia del gelatiere-imprenditore pugliese Angelo Pignatelli, schiacciato dai debiti fino a precipitare nel sovraindebitamento, non rappresenta un caso isolato: nella sua stessa situazione altri cinque milioni di italiani. La sua storia ci darà modo di affrontare questo tema in più puntate.
Angelo Pignatelli ha 61 anni e lavora da quando aveva 15 anni. Oggi è un accreditato artigiano del gelato, con un locale gioiello dotato di attrezzature all’avanguardia, eppure da cinque anni non vive più. «Sono schiacciato dai debiti e mi trovo nella povertà più assoluta. Per colpa delle istituzioni ho perso cinque anni della mia vita che nessuno potrà restituirmi».
Parliamo di sovraindebitamento con Angelo Pignatelli
Ma andiamo con ordine, Angelo raccontaci la tua storia
Dopo aver condotto alcune attività in ambito food con la mia famiglia, nel 2009 ho preso in affitto un locale tutto mio e lì sono cominciati i problemi: la difficoltà ad ottenere un finanziamento a 43 anni e le spese fisse, come l’affitto, hanno reso la mia situazione finanziaria sempre più complessa.
Così, dopo innumerevoli lettere inviate a tutte le istituzioni, dalla Presidenza della Repubblica in giù, nel maggio 2012 sono riuscito ad accedere ad un mutuo ipotecario con Banca Intesa. Nel frattempo, però, avevo pagato 36 mesi (circa 34 mila euro) di affitto a vuoto, oltre che ad aver investito un cospicuo capitale nella sistemazione del locale (altri 36000 euro).
Però, nonostante i debiti cresciuti in maniera esponenziale, riesci ad aprire la tua gelateria nel luglio 2012
Il locale sorge in un posto centralissimo, è una gelateria gioiello dotata di tutte le attrezzature necessarie per un gelato di alto livello, però, passato il periodo estivo, mi sono accorto che gli incassi iniziavano a calare drasticamente, soprattutto perché non disponevo di posti a sedere al coperto. Così ho cominciato la trafila per la concessione di un dehors che mi permettesse di sfruttare maggiormente la mia attività. Ma le pratiche si sono interrotte a causa delle lungaggini amministrative tipiche italiane e dell’inefficienza dell’amministrazione comunale, portando a un nulla di fatto.
Insomma, la situazione diventa sempre più pesante
Resomi conto della gravità della situazione, dal novembre 2018 comincio a scrivere alla Presidenza della Repubblica, alla Presidenza del Consiglio, al MEF, al MISE, al Ministro dell’Interno; mi sono rivolto anche alla fondazione antiusura di Bari. Ho mandato lettere e-mail, fissato incontri in prefettura e regione, addirittura ho fatto tre scioperi della fame, ma non sono riuscito ad ottenere niente. Tanto che nel dicembre 2019 ho chiuso definitivamente la mia attività.
Le associazioni di categoria ti sono state di supporto?
Assolutamente no. Sono stato iscritto a Confcommercio, ma viste le difficoltà per ottenere un finanziamento, ho deciso di non aderire più a nessuna associazione. Dal 2020 sono delegato regionale del popolo delle partite IVA, ma anche qui il discorso è complesso, sono nati tanti movimenti interni e se non ci uniamo veramente non otterremo mai l’attenzione dei politici.
Tu cosa chiedi esattamente?
Voglio semplicemente poter rinegoziare il mio debito in una soluzione e avere la liquidità per riaprire la mia attività. Inoltre, questa tremenda esperienza ha fatto sì che prendessi consapevolezza delle gravissime problematiche che attanagliano ben cinque milioni di Italiani. Va assolutamente rivista la legge sul sovraindebitamento, che in altri paesi funziona molto bene. A questo proposito deve passare il messaggio che se un imprenditore viene messo nella condizione di tornare a lavorare, ricomincerà a produrre reddito. Inoltre, i Fondi Antiusura sono troppo esigui, basti pensare che nel 2025 sono ammontati a soli 18 milioni di euro – contro i 50 milioni del 1996 – e sono destinata in minima parte a chi ha subito usura creditizia. Infine, c’è il ddl sui Crediti Deteriorati che purtroppo è in una fase di stallo, ma che se venisse approvato permetterebbe di riacquistare, a costi vantaggiosi, i crediti che gli istituti bancari hanno ceduto alle società finanziarie. C’è poi la questione della tassazione, che in Italia è altissima e penalizza gli artigiani.
Secondo te cosa si può fare per evitare che una situazione tragica come la tua si ripeta nuovamente?
Molti imprenditori cominciano le loro attività con il cuore ma senza considerare i conti economici. Invece è indispensabile fare formazione economica e diffondere, tra chi vuole dare avvio a un’attività, una buona educazione finanziaria. Urge, poi, una presa di coscienza sulla gravità della situazione da parte delle istituzioni che devono dare le adeguate risposte normative e creare una rete di supporto per gli imprenditori.
a cura di Valeria Maffei
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