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Stato di crisi: il pane muore? Ma va là!

Assipan-Confcommercio e Assopanificatori-Fiesa Confesercenti lanciano un grido di allarme sul calo delle vendite del pane e chiedono lo stato di crisi del settore. E fanno l’ennesimo, madornale errore.

Stato di crisi del pane: in un comunicato congiunto due associazioni di categoria dell’Arte Bianca, Assipan-Confcommercio e Assopanificatori-Fiesa Confesercenti, denunciano il calo di vendite vertiginoso. “Negli ultimi anni – dichiarano – il consumo di pane in Italia è sceso del 40% con un utilizzo pari a 31 chili pro capite l’anno, un livello largamente inferiore rispetto a quello di altri Paesi dell’Ue. La notizia è stata ripresa dal sito corriere.it che intervista Davide Trombini, presidente di Assopanificatori, il quale rincara la dose denunciando che il prezzo del pane cresce al di sotto dell’indice medio di incremento degli altri prodotti alimentari e questo a fronte di costi per l’energia che aumentano a due cifre. Non manca, come da copione, la critica alla concorrenza definita “sleale” della GDO che utilizzerebbe il pane come prodotto civetta, così come non manca l’accenno al pane surgelato proveniente dall’Est Europa.

Tutte affermazioni che – a mio avviso – non solo non configurano uno stato di crisi del pane, ma neppure lo spiegano. Infatti, è lo stesso Trombini che aggiunge che il calo di vendite è dovuto a un fantomatico “cambiamento culturale” avvenuto in Italia, dove sempre più individui mangiano fuori casa e scelgono prodotti “diversi dal pane tradizionale”. Come se nel resto d’Europa fossero tutti rintanati a casa a mangiarsi le pagnotte che gli lasciano gli italiani… La cosa grave è che nessuno si chiede a che cosa sia dovuto questo “cambiamento culturale”, considerato il fatto che siamo il Paese in cui, tra le altre cose, ci siamo inventati un prodotto come il panino che è un must del pranzo fuori casa e che, per altro, il mondo ci sta copiando. E infatti, nel mondo i consumi di pane, calano meno.

La notizia si conclude con una richiesta inviata al Ministero dello Sviluppo Economico attraverso un documento che individua in 10 punti i temi da affrontare e risolvere. Una misura che secondo le associazioni è necessaria e urgente come sostegno alla rivalutazione del “prodotto pane” nell’alimentazione e di valorizzazione della panificazione. Addirittura, si chiede al Mise il riconoscimento dello stato di crisi del settore. Nella richiesta, in particolare, si fa cenno a: misure di sostegno a favore di imprese e lavoratori che evitino la perdita di posti di lavoro, la costituzione di un tavolo di confronto permanente, azioni per la valorizzazione del pane e dei prodotti da forno, il rafforzamento della lotta all’abusivismo e alla contraffazione, l’istituzione di  una Consulta della Panificazione (qualsiasi cosa voglia dire ndr), l’introduzione di modifiche significative per la semplificazione del sistema fiscale, il riconoscimento dell’attività di panificatore come “lavoro usurante”, la tutela dei panifici come luoghi storici della cultura agroalimentare italiana, il contrasto alla vendita sottocosto.

IL PARERE
Il comportamento delle due associazioni mi appare, oltre che incomprensibile, assolutamente controproducente. Del pane si parla sempre in termini negativi, ma quasi mai seriamente. Reputo, per esempio, assolutamente inutile chiedere uno stato di crisi, come se questa dipendesse da eventi esterni e straordinari. La crisi del pane esiste da tempo ed è causata soprattutto dall’incapacità di alcune associazioni di leggerne il fenomeno e di comunicare la bontà del prodotto (laddove esiste). Ma è anche causa di quegli addetti ai lavori che non fanno abbastanza per sostenere la necessità di una formazione continua per chi il pane lo produce e per chi lo vende. Nella stragrande maggior parte dei casi si entra in laboratorio dopo le scuole professionali con una preparazione magari buona, ma sommaria (quando si è fortunati, perché quelle di buon livello sono pochissime) e, da quel laboratorio, non si esce più. Si continua a lavorare nell’unico modo che si conosce, mentre tutto intorno il mondo cambia alla velocità della luce.

Nessuno, o quasi, ha il coraggio di dire che cosa manca davvero ai panificatori non già per raggiungere, ma almeno per avvicinarsi ai colleghi delle altre categorie del settore gastronomico. Io ci provo, indicando non tutte, ma almeno alcune delle principali lacune

condivisione: questa iniziativa è stata presa da due associazioni che si sono “dimenticate” di avvertire le altre. Se l’unione fa la forza, evidentemente loro non se ne sono accorte.
formazione: non esiste un corso di studi che formi in modo serio e completo gli operatori del settore. I panificatori sono poco considerati non solo dal pubblico, ma anche dai colleghi di altri settori, perché non sono autorevoli e molti di essi non conoscono alcuna realtà al di fuori delle mura del proprio laboratorio. I pochi, pochissimi considerati autorevoli non sono supportati dai colleghi, anzi vengono duramente criticati ogni volta che cavalcano un’iniziativa sia essa formativa o di comunicazione.
modestia: non esiste nel settore. Se il pane va male è sempre colpa di qualcun altro. Forse è il caso di domandarsi quanti panificatori fanno del “buon” pane e non solo “del pane”. O si deciderà di farne un prodotto premium o non si venderà mai al prezzo che permette la sopravvivenza dei forni.
lucidità: il pane è in calo perché non regge il passo del cambiamento dei consumi. E non lo fa perché chi lo produce e chi lo dovrebbe difendere lo considera ancora un prodotto che si vende o dovrebbe vendersi da sé. La storia del “principe della tavola” è finita e non c’è stato un lieto fine. Ma ve ne siete accorti?
burocrazia: alcune associazioni esistono per motivi ignoti, sicuramente non per offrire servizi alla categoria. E la categoria brancola nel buio. Ma, attenzione! Questo disastro non è solo colpa delle associazioni, ma anche dei panificatori stessi, che da tali associazioni si allontanano costantemente. Le guerre si vincono lottando, a volte anche all’interno. Sicuramente non si vincono scappando. Scegliere bene i propri rappresentati è fondamentale per non essere mal rappresentati.

EPILOGO
Io e per fortuna personaggi molto più autorevoli e importanti di me, abbiamo deciso di non cedere alla logica della calamità naturale. Anzi abbiamo deciso di rilanciare. Italian Gourmet è convinta della forza del pane e organizza, a cavallo tra il 2019 e 2020, una serie di eventi con il pane come protagonista. Uno fra tutti (ma vi comunicheremo presto anche gli altri) si terrà a novembre: è un dibattito che nasce dal Bakery 3.0 e che ha come obiettivo quello di diventare un punto fermo del settore. Si chiamerà “Gli stati generali dell’Arte Bianca”. Per cui non disperate: il pane è vivo. E ve lo dimostreremo.

a cura di Atenaide Arpone