Il Panificatore Italiano

Professionisti: Gluten-free, il business si fa andando oltre le mode

I celiaci in Italia sono 600 mila, ma più di 1 italiano su 5 dichiara di avere almeno un familiare intollerante. Un mercato da 320 milioni di euro, dove la quota in libera vendita vale il 25%: un’opportunità concreta di business per i panificatori, rispettando alcune semplici regole

La notizia è di pochi giorni fa: uno studio dell’Università di Harvard suggerisce che, nei soggetti non celiaci, il consumo di prodotti senza glutine possa aumentare il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2. L’incremento dipenderebbe dal minore contenuto in fibre, vitamine e minerali rispetto agli equivalenti “con”. Viceversa, ha rilevato ancora lo studio, in persone non celiache, predisposte al diabete, il consumo di prodotti completi di glutine può ridurre questo rischio fino al 13%. La ricerca americana è solo l’ultima di una lunga serie che avverte dei rischi di adottare una dieta “free from” in assenza di una reale patologia, allergia o intolleranza.

Il divario tra celiaci veri e salutisti

Nonostante il moltiplicarsi delle evidenze scientifiche, tuttavia, la moda del senza glutine tra i consumatori “normali” non accenna a declinare. Per dare l’idea del divario che separa la percezione dalla realtà basta confrontare il dato del Ministero della Salute, il quale stima che i celiaci siano circa l’1% della popolazione – un po’ più di 600 mila persone – con i risultati di una recente ricerca Nielsen, in cui addirittura il 23% degli italiani ha dichiarato che nella propria famiglia c’è almeno na persona intollerante.

È anche vero che, negli ultimi anni, le diagnosi di celiachia si sono moltiplicate. Soprattutto a causa, sembrano indicare gli studi, degli additivi presenti in molti prodotti industriali, che favorirebbero l’insorgere di fenomeni di intolleranza: secondo l’Osservatorio dell’Associazione Italiana Celiachia (AIC), nell’ultimo decennio le diagnosi sono lievitate da poco più di 63 mila nel 2007 a quasi 183 mila nel 2015. Tra celiaci veri e persone che rinunciano al glutine per scelta, comunque, il mercato è imponente: sempre secondo dati del Ministero, il valore complessivo è stimato in circa 320 milioni di euro l’anno, dei quali 240 sono la spesa per l’erogazione gratuita.

L’Italia, infatti, insieme a Malta, è l’unico Paese europeo che prevede, per le persone alle quali viene diagnosticata ufficialmente la celiachia, un rimborso per l’acquisto di prodotti senza glutine. La cifra varia in base all’età e altre caratteristiche, ma, in media, si aggira intorno ai 140 euro al mese. Anche per questo motivo la parte del leone continuano a farla le farmacie e i negozi specializzati, che si accaparrano il 75% del fatturato.

Ma il 25% di prodotti non rimborsabili, veicolati tramite grande distribuzione e altri negozi, rimane una fetta di mercato più che ambita, come testimonia l’esplosione delle referenze: se nel 2001 il Registro nazionale dei prodotti per celiaci contava 281 alimenti, l’ultima revisione del 2016 ne cataloga ben 6.500, inclusi 300 diversi tipi di biscotti, 600 di pasta, 50 di taralli e 40 di panettoni.

Il free-from per moda

Un fenomeno, per così dire, collaterale è la crescita di prodotti che non sono gluten-free perché sottoposti a qualche particolare processo, ma semplicemente perché realizzati con ingredienti che già in natura non contengono glutine: è il caso, ad esempio, del riso o del mais, o dei cosiddetti non-cereali (o pseudocereali) come il grano saraceno, il miglio, l’amaranto e la quinoa. Va notato, però, che utilizzare questi ingredienti non è sufficiente perché il prodotto finito ottenga la certificazione, il famoso bollino con la spiga barrata: è infatti necessario poter garantire che durante la lavorazione non vi sia stata nessuna possibile contaminazione con altri prodotti contenenti glutine.

“Oggi la salute è uno dei determinanti principali delle scelte di consumo – commenta il professor Michele Carruba, Direttore del Dipartimento di Farmacologia dell’Università di Milano e membro del comitato scientifico di Spazio Nutrizione, il più importante evento italiano dedicato al dibattito scientifico sull’alimentazione, che quest’anno si terrà nell’ambito di Tuttofood – e in effetti le ricerche dimostrano che almeno il 50% dei fattori di longevità sono legati a una corretta nutrizione. Tuttavia, ai progressi scientifici non sempre corrisponde la diffusione tra il pubblico di una cultura dell’alimentazione.

Spesso i consumatori credono soltanto di sapere, ma si fanno influenzare da informazioni non corrette o incomplete”. “Ne sono esempi – prosegue il professor Carruba – la polemica sull’olio di palma, in cui una questione di sostenibilità delle coltivazioni è diventata in modo ingiustificato un problema alimentare, o i dubbi che circondano le verdure surgelate, che sono invece un modo ottimale per conservare le proprietà nutrizionali del prodotto appena colto. Un discorso simile riguarda anche la moda del free-from: tempo a in un ristorante negli Stati Uniti mi è capitato di vedere un’etichetta free from perfino sull’acqua minerale! Per questo è importante che la filiera sia coinvolta, in modo da poter a sua volta accompagnare la vendita al consumatore finale con una corretta informazione”.

Le prossime tendenze

Quali le prospettive per il futuro? Secondo il rapporto Top 10 Global Consumer Trends for 2017 (Le dieci principali tendenze globali tra i consumatori nel 2017) dell’analista di mercato Euromonitor, per l’anno in corso le nuove frontiere del gluten-free saranno il fuori casa e l’abbinamento con prodotti a basso contenuto calorico in un’unica offerta che Euromonitor ha battezzato Balanced Choice (scelta bilanciata). Fenomeni che stanno già prendendo piede nei Paesi anglosassoni, soprattutto in Gran Bretagna. Per quanto riguarda il fuori casa, qui Euromonitor osserva un aumento nella richiesta di prodotti free-from, e in particolare senza glutine, nei fast food e nell’asporto, entrambe modalità di consumo particolarmente popolari in questi mercati.

Cresce anche l’offerta combinata con ristoranti all’interno dei negozi, sul modello di quanto già fatto nel segmento gourmet con esperienze come Eataly: ad esempio, Whole Foods Market, una delle più importanti catene americane di prodotti integrali, vegetariani-vegani e salutistici, sta pianificando di aprire un punto di consumo in ognuno dei propri negozi e, per il punto vendita di prossima apertura alle Hawaii, ha previsto un ristorante da 200 coperti. Anche nel nostro Paese, dopo essersi ormai affermato nei canali di vendita, il gluten-free si sta spostando verso il mercato del fuori casa, sebbene con modalità diverse e più consone alle abitudini di consumo degli italiani, più focalizzate su ristoranti classici e bar. Tra i ristoranti, aumentano sia i locali specializzati sia i ristoranti generalisti – e anche gli hotel – che includono un’offerta senza glutine. Da qualche anno sono nati anche portali specializzati che si occupano di segnalare queste attività, come Ristoranti per Celiaci (www.ristorantiperceliaci.net) o Gluten Free Roads (www.glutenfreeroads. com/it) oltre a sezioni dedicate nei portali per celiaci quali Free Senza Glutine (www.freesenzaglutine.it), Mangiare Senza Glutine (www.mangiaresenzaglutine.it) o Celiachia Italia (www.celiachiaitalia.com) e anche nei portali di ristorazione generalisti come The Fork (www.thefork.it) o la stessa TripAdvisor (www.tripadvisor.it).

 Diversificare prodotti e canali

Nel canale bar è naturalmente il segmento colazione quello più promettente. Un recente studio dell’analista di settore The NPD Group, Inc. conferma che, in generale, la voce principale dei prodotti dell’Arte Bianca nei pubblici esercizi rimane la Viennoiserie, come brioches o croissant, dove il consumatore dà crescente importanza alla qualità: se nel 2011 erano il 13,3% i clienti dei bar che la consideravano un fattore importante nella scelta del locale, nel 2016 questa percentuale è salita al 16,3%. È dunque tra questi prodotti che ci si può aspettare una crescita nella domanda freefrom.

Dati e tendenze suggeriscono dunque che il mercato gluten-free rappresenti effettivamente una concreta opportunità di business per il mondo della panificazione, a patto di attenersi a poche semplici regole. Innanzitutto, tenere sempre ben presente la linea di demarcazione tra necessità mediche dei celiaci – per i quali i prodotti devono essere rigorosamente certificati – dalla semplice moda free-from, alla quale si può rispondere con prodotti di più semplice realizzazione basati su cereali o noncereali naturalmente privi di glutine, senza necessità di una vera certificazione. È inoltre importante mantenersi costantemente aggiornati in modo da poter dare ai propri clienti informazioni corrette e complete, indirizzandoli verso i prodotti più adatti a loro. Infine, il suggerimento commerciale è di diversificare i canali tra vendita diretta al cliente finale e forniture al fuori casa, puntando in particolare sul segmento colazione nel canale bar.

 A cura della redazione