Social trend in cucina

La comunicazione del cibo: Maria Angela Polesana a Bakery 3.0

Maria Angela Polesana, sociologa dei media docente all’università Iulm di Milano durante il suo intervento a Bakery 3.0, l’evento dedicato alla panificazione organizzato da Italian Gourmet, ha spiegato come passare dalla galassia Gutemberg alla galassia internet.

Anche in panificazione, mai dimenticarsi del consumatore: non basta un buon prodotto per aver fortuna. Il saper fare si deve sempre abbinare al saper comunicare.
Come la stampa ha creato il senso dell’identità e dello stato nazione, internet ha infatti fatto cambiare in maniera sostanziale il nostro modo di comunicare e il lavoro delle aziende.
Il consumatore è lettore ma anche produttore di contenuto: si aspetta dalle aziende una trasparenza assoluta. L’etica deve essere al primo posto: dalla comunicazione in cui l’azienda parlava a tanti a una comunicazione orizzontale.
Torna di grande importanza il Cluetrain manifesto con uno dei suoi grandi principi: i mercati sono conversazioni e la conversazione procede anche senza di voi.
Dominare questa conversazione è parte del lavoro che qualunque azienda deve fare.

Il semiologo Gianfranco Marrone sostiene che la nostra è l’epoca della Gastromania: mangiamo, beviamo, compriamo cibo ma soprattutto ne parliamo, lo fotografiamo, lo condividiamo. E così il cibo diventa la sintesi tra l’esperienza che vivo e il racconto che ne faccio.
In effetti il cibo è perfetto come narrazione mediale: è bello, racconta storie, è denso di significato.

Quanto è cambiato, negli ultimi anni? I comportamenti alimentari odierni si possono riassumere in quattro assunti: snackizzazione, medicalizzazione, ritualizzazione, eticizzazione.
Nella società contemporanea i singoli individui consumano spesso pasti in momenti e modi non convenzionali.
E al contempo il cibo è aggregazione, è gioco e piacere: si è spostato da nutrimento a intrattenimento. Cambiano i luoghi di consumo e ci sono sempre più ibridazioni: il cibo diventa sempre di più esperienziale.
Si passa quindi da ‘Cosa posso comprare che ancora non posseggo’ a ‘cosa posso provare che ancora non ho mai sperimentato’.
Il consumatore, quindi, vuole essere coinvolto.
Inoltre, c’è una forte oscillazione tra due poli: la dieta e il parlare di cibo. La tv riesce a saturare il nostro bisogno di cibo.
Ma che differenza c’è tra gli attuali foodies e i vecchi gourmet? La foodyculture è una subcultura: i foodies si distinguono dai gourmet per democratizzazione. Si è passati dai cultori del cibo colto, ai narratori per immagini che esternano la passione per il cibo come immagine.
In questo senso, impossibile prescindere dal packaging. Al di là dei valori funzionali, va valutato per questioni estetiche, perché è la prima soglia di comunicazione, il primo punto di contatto tra l’azienda e il consumatore.
Il pane, che sembrava messo all’angolo dalla grande distribuzione, sta avendo una grande rinascita: le piccole panetterie sono risorte, valorizzando le offerte di nuovi prodotti e andando incontro alle richieste dei clienti. Nascono luoghi ibridi dove al pane si aggiunge un’esperienza, ed è questa – forse – la nuova strada da percorrere.