Beniamino Bilali

Chef

 

È figlio di fornai. Ma è molto ambizioso Beniamino Bilali. Nato a Durazzo nel 1985, riminese d’adozione, consulente e docente per professione. Un pizzaiolo alchimista che,
nonostante la giovane età, ne ha già fatta di strada. In primis, dall’Albania alla Riviera Romagnola. E poi, via via, in pizzerie d’eccezione come la Canasta di Riccione, O’ Malomm di San Patrignano, la bolognese Berberè di Castel Maggiore, nonché ’O fiore mio di Faenza. Inanellando pure innumerevoli campionati d’arte bianca e portando a casa ottimi risultati.
Del resto, bB (come lui si firma) è un fuoriclasse che ha stoffa e testa per puntare molto in alto. Rispettando il passato, con sapiente concessione di rielaborazione. Rinnovando il modus operandi, senza mai tradire la tradizione. Rivoluzionando il dato per scontato, senza mai stravolgere il concetto
pop di pizza. Sperimentando costantemente, senza mai dimenticare di toccare, schiacciare, stendere e manipolare l’impasto. Che deve essere assolutamente naturale. Generato dal lievito madre nonché dall’idrolisi dell’amido, massima espressione dell’idratazione e della spontanea fermentazione. Visto che, come spiega lui stesso: “nel chicco del cereale, specie se integrale, sono presenti lieviti ed enzimi che possono far partire una fermentazione”. Con la sola aggiunta di acqua calda e sale. Per un prodotto incredibilmente leggero, digeribile, vaporoso e alveolato. “Dopotutto, cucinare la pizza è come comporre un brano musicale. Ci vuole armonia nell’intreccio”, afferma con convinzione. L’importante è mantenere la calma, avere pazienza e azzardare con misura. Quanto basta per ottenere una buona struttura del disco, capace di accogliere il topping. Pronto a cuocere insieme alla pizza, per una religiosa coesione fra base e ingredienti. Che devono essere semplici, genuini, stagionali e locali. “Sì, perché se ognuno ha il proprio modo di esprimersi, io sono mediterraneo al cento per cento”. dichiara il geniale Bilali. Che, con precisione e passione, crea prelibatezze virtuose d’esser la concretizzazione del decimo “comandamento” del Manifesto della Pizza Italiana Contemporanea. Come? Onorando l’orto in tutta la sua intrinseca cromaticità. Ossia, preparando una pizza fiera di svelarsi in un superbo mix di colore e sapore, summa di bietole, porri, carote, scarola, pomodorini, uvetta sultanina, pepe nero e sale di Cervia. Mentre un grande classico come pane, cipolla e formaggio sublima in una pizza rusticamente chic, in cui la cipolla borettana viene cotta a bassa temperatura e il Parmigiano Reggiano (a ricordare i nebbiosi inverni emiliani) è di lunga stagionatura. Per una pietanza essenziale ma non certo banale. Come anche quella con lardo e formaggio di fossa e quella con scalogno e guanciale di Mora Romagnola. Non trascurando il bilaliano calzone-rotolo con ricotta, ciccioli, olive taggiasche e pomodoro San Marzano. Tagliato volutamente a rondelle. Per sintetizzare tutti gli elementi in ciascuna porzione di degustazione. E per elevare la tipicità a forte identità. “Vorrei evolvere nel tempo e non essere solo una moda”, auspica Beniamino. Che ha piglio e puntiglio per sfornare un fragrante futuro.