GIUGNO 2024

CERCASI NUOVI FORMAT PER LA RISTORAZIONE

A cura di Licia Granello

C’era una volta (e c’è ancora) uno dei grandi ristoranti di Francia, il Leon de Lyon, due meritatissime stelle Michelin. Se invece di entrare, giravi l’angolo, trovavi il suo annexe, Le Petit Lyon. 

Erano i primi anni ‘90 e lo chef-patron Paul Lacombe aveva scelto di supportare la proposta superstellata – in termini di incassi e di divulgazione della cultura culinaria – con un annesso di vocazione popolare, dove i piatti di alta cucina venivano serviti in forme più semplici, con orari più morbidi, a prezzi più accessibili. L’annexe del Leon de Lyon era speculare a quello di Nobu a New York, il Nobu Next Door.

Nel tempo, i grandi cuochi del mondo hanno imparato a integrare entrate e forza d’immagine grazie a bistrot, consulenze, catering, home cooking, ecc. Ma il concetto di annexe/next door non è stato mai davvero abbandonato: piuttosto rielaborato e per certi versi inglobato, se è vero che sempre più ristoranti accolgono al loro interno formule diverse, perfino antagoniste, almeno all’apparenza.

E’ il terzo millennio, bellezza!

L’evoluzione della società ha squadernato i parametri della ristorazione, né poteva essere diversamente. La gente mangia sempre meno a casa. E – almeno per quanto riguarda l’Italia – deve fare i conti con stipendi e introiti rimasti tristemente al palo. 

Da una parte, l’esternalizzazione della pratica culinaria ha assunto forme quasi parossistiche: a New York, i nuovi appartamenti vengono costruiti e arredati escludendo lo spazio-cucina in favore di “living” e postazione per lo smart working. Se proprio bisogna alimentarsi a casa, si utilizzano mini-abbattitori e super forni a microonde, opportunamente inseriti (e nascosti) in moduli pensati ad hoc.

Dall’altra, è obbligatorio contenere gli esborsi per colazioni – altro rituale sempre più spesso consumato fuori casa – pranzi e cene, fermo restando il sogno dell’esperienza stellata, da vivere quando (e se) possibile. A questi mutamenti va aggiunto l’incremento poderoso delle presenze turistiche. Il che significa prima di tutto dilatare senza soluzione di continuità gli orari di servizio.

Photo courtesy Joca Ristorante e Tapas Bar di Gianluca d’Agostino

In teoria, i nuovi format della ristorazione dovrebbero praticare una vera e propria no-stop dell’offerta gastronomica. A partire dalla mattina: lievitati, centrifugati, fermentati (la scoperta di kefir e kombucha), caffè declinati secondo le ultime tendenze (infusi e percolati). 

Un attimo dopo è ora di pranzo: insalate di frutta&verdura, paste integrali, crostoni (su tutti, gli avocado toast), ma anche una piccola carta gourmand. Poi c’è lo spuntino di metà pomeriggio e subito dopo è tempo di aperitivi e infine la cena, più o meno declinata secondo gli standard del fine dining.

Gestione impossibile in termini di costi, a partire dalla forza-lavoro. Il dopo-Covid ha evidenziato un cambiamento socio-antropologico: il tempo non è più denaro. Al contrario, soprattutto i più giovani sono disposti a guadagnare meno, pur di avere più tempo a disposizione. 

Gianluca D’Agostino, a lungo chef stellato del Veritas di Napoli, ha appena inaugurato il suo “Joca” nel quartiere chic di Chiaia, dove l’apertura è alle 18:30. Da quel momento, si possono gustare tapas ad alto tasso gourmand in abbinamento a vini e cocktail per una cena informale (ma non banale), oppure per un aperitivo goloso. In questo caso, la stessa bottiglia aperta per accompagnare la sfiziosa scapece di sgombro gustata al banco o su un tavolino alto può essere portata al tavolo della cena.

L’apertura pomeridiana permette una gestione più morbida del personale, i clienti scelgono di volta in volta quanto spendere e che tipo di serata regalarsi. 

È una possibilità. Finito il tempo delle cattedrali culinarie – fruibili da un numero sempre più ridotto di frequentatori – bisogna trovare nuove formule, che non azzoppino saperi antichi e nuovi percorsi, ma diano fiato e sicurezza alla ristorazione che verrà. La sfida è appena cominciata.

I Tre Pilastri della Nuova Ristorazione?

Primo, l’adozione diffusa del delivery e del take-away ha ridefinito il modo in cui i ristoratori interagiscono con i clienti. Per rimanere competitivi, è essenziale sviluppare menù pensati appositamente per il trasporto e il riscaldamento a casa, senza compromettere la qualità dell’esperienza culinaria.

Secondo, l’innovazione nei formati dei ristoranti sta aprendo nuove strade. Dall’ibridazione di negozi di alimentari con bistrot alla combinazione di caffetterie con punti di ristorazione veloce, il settore si adatta ai nuovi ritmi di vita dei consumatori, offrendo esperienze gastronomiche su misura.

Terzo, c’è una crescente attenzione per la salute del consumatore e la sostenibilità ambientale. L’aumento della richiesta di prodotti vegetariani e a base vegetale richiede non solo opzioni salutari nei menù, ma anche pratiche aziendali eco-friendly che rispondano alle esigenze moderne.

In sintesi, la ristorazione moderna si impegna a innovare e adattarsi costantemente. Chi abbraccia questi principi con creatività e determinazione non solo si distingue nel mercato, ma contribuisce anche a plasmare il futuro del settore alimentare.

GESTIRE E VALORIZZARE LA PASTA AL RISTORANTE

A cura di Roberto Carcangiu

La pasta è sicuramente uno dei prodotti su cui la ristorazione di tutti i livelli e specie può e deve investire, considerando tutte le sue forme, colori ed estensioni.

Partendo dal fatto che solo quelle tradizionali catalogate sono circa 350 possiamo già capire quanto sia ampio lo spettro creativo a nostra disposizione.

Quali e quanti sono i valori tecnico commerciali associati a questa preparazione per noi cosi “normale” da essere sovente sottostimata nella sua piena valorizzazione.

1. Innanzitutto è il piatto che forse più ci identifica nel mondo come nazione. Oserei dire una sorta di brand image.

2. In secondo luogo perché apprezzato da tutti indipendentemente da religioni, culture, razze, ecc.

3. Consente all’azienda ristorativa indipendentemente dalla sua grandezza di costruire una brand identity ben definita

4. È una delle preparazioni con il più alto indice di produttività (e con una manualità, tranne in qualche caso, abbastanza semplice)

5. Ha i margini di utile economico fra i più alti in assoluto.

6. Si presta ad essere inserita come parte di un menù o come piatto unico

7. Può essere casual, rustica od elegante modificando forme, farine, salse o ripieni

8. Con l’utilizzo di farine proteiche come pisello, ceci, lenticchia, fagiolo può interpretare il “bisogno” di un’alimentazione moderna low carb od addirittura gluten free

9. Molto duttile poiché adattabile a qualsiasi ciclo/necessità produttivo interno

10. Può essere realizzata solo a mano, solo a macchina o con sistemi misti

11. Le combinazioni possibili per tipologie di farine, salse o ripieni sono praticamente infinite. Questo concede quindi molto spazio alla creatività della cucina ed al bisogno del mercato di nuovi prodotti

Nel realizzare la “nostra” pasta dovremmo tener presenti alcuni fattori di carattere tecnico

Degustazione: l’assaggio andrebbe fatto senza aggiungere alla pasta alcun condimento o al limite versando un cucchiaino di olio extravergine di oliva su un campione per valutarne la tenuta finale del condimento.

I riferimenti durante l’assaggio per ottenere dei parametri di giudizio sono principalmente:

• consistenza

• omogeneità della cottura

• collosità

• flavour

• tenuta di cottura

• colore

Consistenza: è consistente quella pasta che, cotta in modo ottimale, si presenta soda ed elastica non cede facilmente alla pressione e dopo riacquista la sua forma iniziale.

Omogeneità della cottura: alcuni tipi di pasta ottenute con semole con una componente scadente di glutine o con poche proteine dell’uovo, risultano scotte all’esterno e crude all’interno. La pasta ideale deve risultare omogenea nella consistenza in ogni sua parte.

Collosità: dopo la cottura la pasta si presenta collosa si ammassa e presenta una superficie appiccicosa ancor prima di essere condita. Questo difetto potrebbe riferirsi al tipo di materia prima utilizzata (farina miscelata alla semola), o alla tecnologia di produzione non completamente perfetta.

Flavour: è un termine che esprime l’insieme delle caratteristiche gustative, aromatiche e odorose tipiche della pasta e cioè un giudizio complessivo che indica la piacevolezza delle sensazioni che si provano durante la degustazione.

Tenuta di cottura: La tenuta della pasta dopo la cottura e scolatura prima dell’aggiunta dei condimenti serve per verificarne le qualità in quanto alcuni difetti delle paste tendono ad aumentare col passare del tempo, anche pochi minuti dopo la scolatura risultano immangiabili

Colore: è essenziale che eventuali colorazioni degli impasti derivanti dall’utilizzo di “farine” diverse o aggiunta di ingredienti atti a colorare non cambino nel tempo in conservazione od in cottura

Forma: la forma data/desiderata deve rimanere il più stabile possibile anche dopo la cottura

Quali sono invece le modalità di lavorazione che possiamo adottare per produrre la pasta in funzione delle nostre specifiche esigenze.

Trafilatura
L’impasto viene poi estruso attraverso una trafilatrice, che ne imprime la forma desiderata. Se la trafila è in bronzo, la superficie della pasta risulterà lievemente rugosa, rendendo la pasta più adatta a trattenere sughi e condimenti.

Laminazione
(alternativo all’estrusione) L’impasto viene passato attraverso cilindri contrapposti dalla distanza decrescente fino ad ottenere una sfoglia dello spessore desiderato. Tale sistema evita alla pasta la temperatura (80 C° o superiore) e la pressione (100 bar o superiore) cui è sottoposta la pasta nel processo di trafilatura/estrusione.

Essiccamento
La prima fase di essiccamento riguarda prevalentemente gli strati superficiali della pasta e prende il nome d’incartamento; a essa segue una fase di stazionamento chiamata rinvenimento, che consente la ridistribuzione dell’umidità su tutta la superficie. Si attua, quindi, l’essiccamento definitivo, la cui durata è in funzione delle dimensioni della pasta, dell’umidità dell’am­biente e della temperatura raggiunta.

Generalmente si utilizzano temperature variabili da 40 a 80 °C per un tempo che va dalle 6 alle 28 ore. (Per legge l’umidità finale non può superare il 12,5%, partendo da una percentuale di umidità pari a circa il 35%.)

Difetti e valutazione della pasta

Difetto

Come si presenta

Causa dei difetti

Conseguenza

Venata o bollata

Bolli bianchi, minuscole crepe, venature non regolari

Stagionatura non sufficiente, sosta in ambiente umido, stagionatura con temperatura non controllata

Collosità in cottura, perdita di consistenza

Rotta o crepata

Rotta in superficie

Cattiva manipolazione post produzione, urti ecc.

Si apre in cottura

Infestazione da insetti

Vermi insetti vari e larve

Scarsa pulizia in deposito, magazzino infestato

Non commestibile

IL PROBLEMA DEL PERSONALE? NOI L’ABBIAMO RISOLTO COSI’ (E IL RINNOVO DEL CONTRATTO NAZIONALE NON C’ENTRA)

A cura di Daniela Acquadro

Come tutti gli operatori del settore sanno, lo scorso 5 giugno è stato siglato – a tre anni dalla scadenza – il nuovo contratto collettivo per i lavoratori dei pubblici esercizi, della ristorazione e del turismo. Il contratto interessa oltre 1 milione di lavoratori e  più di 330mila aziende e si applicherà per la prima volta anche al settore del banqueting.  Il contratto avrà validità dal 1 giugno 2024 fino al 31 dicembre 2027.

L’accordo non è stato né semplice né indolore: la trattativa è stata lunga, con molte iniziative di mobilitazione e persino uno sciopero nazionale a fine 2023.

Le principali novità riguardano la retribuzione, che a regime e per il quarto livello, avrà un aumento mensile di 200€; la ridefinizione delle regole del premio di risultato; l’aumento dell’assistenza sanitaria integrativa a carico del datore di lavoro; l’introduzione per la prima volta di misure di contrasto alle molestie e violenze nei luoghi di lavoro e infine un aggiornamento sulle regole dei congedi di maternità e paternità.

La ristorazione è da sempre un settore trainante nel nostro paese e, secondo Fipe, negli ultimi 15 anni nessun comparto ha visto crescere l’occupazione così tanto: +36.5% dal 2008 al 2023.  Sempre secondo Fipe questa sarebbe la riprova della capacità del settore di attrarre anche i più giovani.

Ma è proprio così?

Il COVID ha sconvolto ogni equilibrio precedente e, soprattutto nelle generazioni che si affacciano alla vita adulta, ha fatto ripensare alle priorità. Per moltissimi la qualità della vita è passata al primo posto, davanti a guadagno e carriera.

 Il tema è cruciale in un settore come quello della ristorazione, in cui il sacrificio, la fatica e la dedizione hanno sempre fatto parte della mistica della professione, tanto in cucina quanto in sala. Allora, accanto alle sempre attuali storie di chef-tiranni al cospetto dei quali occorre genuflettersi per imparare il mestiere, acquistano sempre più importanza narrazioni differenti, di imprenditori e cuochi che considerano il personale da un punto di vista moderno.

Qualche esempio?

Christian Costardi , nel suo recente progetto Scat_to all’interno delle Gallerie d’Italia a Torino, ha potuto cominciare da zero, con un approccio democratico. “La nostra azienda occupa una quarantina di dipendenti, divisi tra cucina e sala sia del Caffè San Carlo che di Scat_to. Non è certamente un periodo facile per la ricerca del personale, per poter assumere oggi ci vuole una grande attenzione soprattutto allo stile di vita che si concede ai dipendenti. L’orario di lavoro deve essere sostenibile, così come i turni di riposo: noi cerchiamo di lavorare 5 giorni su 7, salvo chiedere, in periodi particolari, il sesto giorno a orario ridotto.

Il nostro obiettivo è avere persone riposate che vengano a lavorare con piacere. Cerchiamo di stimolare il personale anche attraverso la formazione, penso al mondo del caffè, a quello del vino o alla pasticceria. Siamo all’interno di un museo, ci piace che i ragazzi possano visitare le mostre per capire cosa succede attorno a loro e per avere argomenti da condividere con i clienti.

La nostra scelta è stata quella di lavorare coi giovani, sia in cucina che in sala. Siamo consapevoli di dover investire in formazione per sopperire alla mancanza di esperienza che la giovane età porta con sé, e vogliamo che i ragazzi restino con noi” spiega Christian.

Eugenio Boer, di Bu:r a Milano, ha fatto scelte simili. “Abbiamo deciso di lavorare 5 giorni, chiudendo il lunedì e il martedì, ma il sabato e la domenica saremo aperti anche a pranzo. Sono certo che i ragazzi della brigata saranno felici di avere due giornate di libertà. In questo modo ci avviciniamo ai paesi dell’Europa Continentale, in cui è così già da anni’.

Cesare Battisti al Ratanà di Milano è aperto ogni giorno, ma il personale lavora a rotazione non più di 4 giorni e mezzo. Con un incremento dei costi del 25%, ma con un significativo impatto sulla qualità della vita di ognuno.

Anche Juri Chiotti, di Reis nel cuneese, si fanno cinque servizi a settimana. Il resto del tempo ci si occupa dell’azienda agricola e, soprattutto, della famiglia.

Non sono solo le realtà medio-piccole ad avere a cuore il benessere del personale (e dell’imprenditore).

 Al Borgo Sant’Andrea, in Costiera, il GM Orlacchio racconta che “ Per avere successo, occorre che gli ospiti percepiscano che il personale, di indiscussa professionalità, sta bene. L’ambiente di lavoro è fondamentale, tanto quanto uno stipendio adeguato: qui diamo grande rilevanza al rapporto umano con i dipendenti, al welfare come lo intende Brunello Cucinelli. Io cerco di essere molto presente, non sono un direttore che sta solo in ufficio, e, nonostante rappresenti la proprietà ho ben chiari i diritti di chi lavora per noi. Posso contare sul mio team perché so che i ragazzi sono contenti”.

Tanti sono gli spunti di riflessione ma, crediamo, la tendenza ad un rinnovato equilibrio tra vita professionale e vita privata, sia irreversibile. Per fortuna.

Christian Costardi
Eugenio Boer
Cesare Battisti
Juri Chiotti
Maurizio Orlacchio
Photo courtesy Pexels e Archivio Italian Gourmet/Grande Cucina