Grande Cucina

Attenzione sempre maggiore per il pane al ristorante

Il pane in tutte le sue declinazioni è la base, anche simbolica, dell’alimentazione umana.

Ormai la tendenza è chiara: sempre maggiore attenzione per il pane al ristorante.

Non può mancare sulla tavola, fuori e dentro casa. Qual è allora l’approccio dei ristoratori con un alimento così fondamentale? Lo abbiamo chiesto a Eugenio Boer, Christian Costardi e Marta Grassi.

PANE E RISTORANTI AWARD BY GRANDE CUCINA: GORINI VINCE LA PRIMA EDIZIONE

Pane al ristorante: parola agli chef sulla tendenza

Eugenio Boer – Bu:r, Milano

Boer pane

Eugenio Boer, cittadino del mondo dalla nascita, ha scelto, nel suo ristorante milanese, di rendere omaggio all’Italia, interpretando in chiave contemporanea e personale, piatti e prodotti nostrani. La sua cucina racconta il suo vissuto, i suoi ricordi insieme a quelli delle persone che hanno condiviso una parte della sua strada.

Nei quattro menu degustazione di Bu:r ricorre “Eravamo come pane e burro”, che col pane ha molto a che fare. “È una portata che dà valore a tutte le altre, perché il pane è la prima ricetta, forse quella che ha più varianti nel mondo e che identifica un popolo secondo la sua cultura e la sua storia”.

Le portate del pane da Bu:r sono divise in tre momenti: l’aperitivo d’entrata insieme al quale sono serviti i grissini che cambiano durante l’anno e che in questo momento sono alle olive taggiasche e olio extravergine di olive taggiasche del Frantoio di Oneglia, insieme alla focaccia ai sette cereali, da farine di Putignano, fatta alla maniera ligure ma tanto scura da ricordare i pani del nord Europa.

Tra il primo e il secondo antipasto si ha il secondo momento dedicato al pane: la torta delle rose, che Eugenio da bimbo pensava si chiamasse così in onore a sua nonna Rosa. In questo caso è reinterpretata in chiave salata: pasta sfoglia tirata in maniera classica, poi tagliata e sovrapposta a strisce in modo da avere una parte che sfoglia per un verso e l’altra che sfoglia per il verso opposto – alla maniera di Cédric Grolet – riempita con cipolla stufata in questo menu, ma che ha avuto diverse varianti (olive taggiasche o pomodori secchi con capperi e basilico).

Dopo il secondo antipasto viene servito il pane e burro (della cascina Carena di Lodi): una pagnotta di lievito madre, un Licoli di tre anni prodotto con i torsoli delle mele, con una bella alveolatura e una crosta importante. Il pane, con farine del Molino Quaglia, è cotto nelle pentole di ghisa, perché, sostiene Boer, in mancanza di un forno da pane questa tecnica permette di ottenere ottimi risultati. Le pentole di ghisa vengono fatte scaldare per mezz’ora in forno a 260° prima di utilizzarle per cuocere le pagnotte.

L’idea di servire il pane a tappe è nata dall’esigenza di valorizzarlo e di accostarlo alle portate nel giusto momento. “In tutti i ristoranti gastronomici il pane gioca un ruolo fondamentale, noi abbiamo voluto creare quasi una degustazione del pane parallela a quella dei piatti, in modo che il pane sia mangiato sempre alla temperatura corretta e prendendosi il tempo giusto. I pani sono serviti e raccontati come i piatti, quando arrivano in tavola sono soli, viene data loro importanza”.

Il risultato è che si avanza pochissimo pane, segno che è una formula vincente.

Christian Costardi – SCAT_TO, Torino | Christian e Manuel, Vercelli

Christian Costardi

I fratelli Christian e Manuel Costardi, oltre allo storico ristorante di Vercelli, dall’inizio di febbraio guidano con contemporanea creatività il ristorante SCATTO, all’interno delle Gallerie d’Italia e lo storico Caffè San Carlo, nell’omonima piazza, salotto buono di Torino.

Due ristoranti e un caffè: la famiglia dei giovani fratelli Costardi è cresciuta e ha ampliato l’offerta, confrontandosi con le dinamiche di una città bella ma complessa come Torino.

Sia a Torino sia a Vercelli per la panificazione si affidano alla collaborazione con panifici amici che garantiscano la qualità desiderata, spiega Christian.

La decisione di non panificare per i fratelli Costardi deriva soprattutto dalla consapevolezza che per fare il pane occorre essere panettieri, con gli spazi e gli strumenti che in un ristorante non sempre sono possibili.

A Vercelli è offerto un pane che ricorda la ciabatta, in omaggio a nonna Cinzia, la fondatrice di tutto. La nonna era una fanatica del pane, lo poteva ordinare, tagliare e distribuire solo lei, quasi fosse il simbolo della saggezza.

Il pane che aveva scelto per il ristorante del suo albergo era una ciabatta lunga, da tagliare a fette, e i suoi nipoti hanno mantenuto lo stesso tipo di pane insieme al ricordo indelebile della sua dispensatrice. “Ciò che è accaduto nel passato fa parte del nostro DNA e noi tendiamo a valorizzarlo”, dice Christian.

Oggi le mini ciabatte sono tagliate in quattro e servite calde nel cestino del pane, insieme a uno sfogliato che esce dalla loro cucina.

A Torino il cestino del pane comprende i grissini, quelli sì prodotti in proprio da Andrea Celeste, la pasticcera di Scatto, lo sfogliato e una sorta di muffin di focaccia con semi misti.

Per il pane di Scatto i Costardi Bros hanno lavorato con Enrico Murdocco, di Tellia, un giovane panificatore molto bravo, sviluppando una ricetta congiunta, che comprendesse farine integrali di grani antichi insieme al riso, che rappresenta le radici vercellesi dei due fratelli. Durante la panificazione si aggiunge una percentuale di gel di riso Venere che conferisce al pane, soprattutto al suo interno, un colore violetto e che racconta il prodotto principe della loro città di origine. Si presenta come una pagnotta tonda, intera, di medie dimensioni, che può servire da due a quattro persone.

Il consumo di pane negli anni è diminuito, sostiene Christian, e con i loro piatti non sempre è indispensabile. In Italia però non si può ancora pensare di non servire pane perché fa parte della cultura gastronomica nazionale.

Capita allora che la pagnotta rimanga intonsa, ma non sarà sprecata. Bagnata, emulsionata e resa una crema, viene stesa e lasciata seccare per poi passare in olio molto caldo e diventare chips servite con l’aperitivo del Caffè San Carlo.

Marta Grassi – Tantris, Novara

Pane al ristorante Tantris

Venticinque anni di Stella Michelin non hanno per nulla scalfito la spontaneità di Marta Grassi, e neppure la generosità con cui racconta la sua cucina.

Marta Grassi ama la farina, è il suo elemento, quello che la rappresenta maggiormente. Farina non è solo pane, ma naturalmente il pane è una delle sue declinazioni più importanti. Marta ha cominciato a panificare ben prima di diventare chef e di avere un ristorante, ma da quando fa questo mestiere il pane offerto agli ospiti, nasce dalle sue mani. Ha un suo lievito madre che è cambiato nel tempo, quello che ora cura con devozione speciale, è frutto di un corso sulla panificazione che si è regalata una decina di anni fa al Molino Quaglia. È un lievito madre che ha ormai trentacinque anni e che Marta rinfresca con la loro farina di forza, è molto morbido, idratato all’80%, e le permette di ottenere il pane che desidera senza avere una camera di fermentazione, ad esempio.

La sua scelta finale è quella di panificare con farine biologiche piemontesi macinate a pietra del Mulino Marino, maturata dopo aver visitato il mulino e aver visto come lavorano la farina. Le è piaciuta la tecnologia , dall’impianto di aspirazione a pavimento per evitare la proliferazione di farfalline e conseguente contaminazione, alla macchina a raggi UV che sceglie i chicchi non adatti alla macinazione, accostata alla tradizionale macinatura a pietra. Utilizza molto la farina Enkir,farro monococco coltivato in Alta Langa, perché dona al pane un sapore speciale.

Fino a pochi anni fa il pane al Tantris era servito al tavolo all’arrivo dei clienti, che spesso chiedevano un bis (o un tris). Ora è una portata del menu degustazione per coloro che lo scelgono, mentre per i clienti che decidono per la carta, ha un prezzo simbolico di 10€, perché, dice Marta, quando si paga qualcosa, si è più attenti a non sprecare e si ha più rispetto.

Nel tempo il cestino del pane è cambiato: ci sono stati momenti in cui Marta sfornava pani di farine diverse mentre ora il pane è uno solo, da tagliare a fette, accompagnato da cracker e pan brioche, serviti con olio profumato. Preferisce l’olio invece del burro perché crede che incontri maggiormente il favore dei clienti e ha una gestione più semplice.

Ho capito come servire il pane andando all’estero, dove i ristoranti gastronomici che fanno anche il pane lo offrono a dimostrazione della loro abilità anche nel settore della panificazione. Per noi italiani il pane in tavola non è mai abbastanza, anche se non sempre è valorizzato. Io sentivo la necessità di dargli l’importanza che merita”.

In apertura: Pane by Eugenio Boer

 

a cura di Daniela Acquadro

Il Pane in 101 domande e ricette

Matteo Cunsolo

Tutte le risposte che ogni panificatore o appassionato di Arte Bianca sta cercando in questo interessante libro di Matteo Cunsolo, segretario Richemont Club Italia e Presidente dell’Associazione Panificatori di Milano e Provincia. Risposte mirate, approfondite o brevi e precise e altre ancora accompagnate da ricette … tante sono infatti le ricette in questo libro: di pane, di dolci, di focacce, di impasti con lievito madre o con farine alternative.

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