Grande Cucina

Tartuflanghe: sono tutti tartufi, ma non sono tutti uguali

(a cura di Anna Prandoni)

Nel cuore del territorio che nel 2014 è stato decretato patrimonio dell’umanità dall’Unesco, Langhe, Roero e Monferrato, due fratelli determinati, professionali e concreti hanno trasformato con caparbietà la già florida attività familiare riuscendo a fra convivere felicemente la maestria artigiana con la tecnologia più all’avanguardia.
Lavoratori che non si risparmiano, attenti e professionali fino all’estremo, Paolo e Stefania sono la versione contemporanea dell’avanguardia della piccola impresa italiana chiamata Tartuflanghe, che ha visto la nascita grazie alla visione del loro padre, Beppe Montanaro, fondatore dell’azienda ma soprattutto coraggioso interprete del suo tempo.

Dopo aver lavorato all’hotel Savona, vero punto di riferimento gastronomico ad Alba, parte per New York con nella valigia tante belle speranze e nessuna conoscenza oltreoceano.
L’imbarco sulle navi e tanto lavoro tra Messico e Caraibi lo fanno crescere, e gli danno la forza necessaria per tornare a casa proprio quando lo aspetta la sua futura moglie, con la quale apre un ristorante. Sono gli anni ’70, il tartufo fresco diventa un must e lui ha l’intuizione di fare trading e di venderlo ai colleghi ristoratori. La popolarità del Barolo cresce, e porta con sé turismo e interesse.
Un frigorifero, una bilancia e un bollettario nel retro del ristorante: nasce così Tartuflanghe.
Nel 1982 è un altro anno di svolta: nasce Stefania, i genitori lasciano il ristorante e aprono un laboratorio dietro casa. Inizia l’avventura che li porterà ad essere la più significativa azienda di trasformazione del tartufo in Italia.
E pochissimi anni dopo arriva anche l’export: nel 1990 New York accoglie con favore la pasta con il tartufo bianco, premiata già allora come prodotto innovativo e ancora oggi tra i prodotti più apprezzati.
L’export si rafforza, si susseguono le fiere: il business si concretizza.

Ma un’altra svolta avviene quando Stefania decide di frequentare l’istituto alberghiero e fa uno stage da Carlo Cracco, in quel periodo a Piobesi col suo ristorante.
Con le conoscenze acquisite e tanto coraggio si perfeziona e capisce che la tecnologia può fare un’altra volta la differenza. Col fratello Paolo, che invece ha studiato chimica, decide di investire in tecnologia e iniziano a sviluppare prodotti liofilizzati e sferificati, sempre più ricercati dagli chef.
Ancora una volta la visione, che deve far parte del dna familiare, fa la differenza sui competitor e posiziona la realtà tra le migliori e più competitive al mondo nel settore della grande ristorazione.
L’ennesima svolta avviene con una vera rivoluzione al contrario, quando i fratelli con i rispettivi compagni di vita aprono Pedemontis, società agricola che valorizza l’aspetto territoriale del tartufo, con una tartufaia e l’approccio alla tartuficoltura. I loro 26 ettari di bosco, divisi in piccole superfici, diventano la nuova sfida: il tartufo bianco non è ‘coltivabile’ ma possono essere messi in atto alcuni accorgimenti che rendono il terreno più adatto alla loro crescita.
I quattro ragazzi puliscono i boschi, li ripopolano con alberi atti a fare tartufo bianco e nero, distanziano le piante per dar modo al sole di penetrare meglio.
Tagliano i rami per far produrre radici nuove, molto ospitali per tartufo. Dissodano il terreno per creare delle collinette che facciano defluire l’acqua, rivoltano il terreno e asportano le pietre per avere tartufi più tondi.
La scienza applicata al sapere contadino produce tartufo fresco, ma anche fiori, frutti, uva. Perché i quattro non si limitano al raccolto di oggi, ma stanno costruendo un’attività sul lungo periodo: parallelamente a quello che viene fatto in campo c’è una tecnologia unica, per custodire il territorio per un tempo molto lungo.

E naturalmente vanno personalmente a raccogliere i tartufi, usando cani di famiglia, che sono veri e propri fratelli: vedere il rapporto simbiotico tra cane ed essere umano, tra padrone e animale, è la vera magia che questo viaggio tra le colline piemontesi ci ha saputo regalare. Perché quando il cane scova il tartufo, e l’uomo lo toglie con cura dal terreno, per evitare di romperlo, gli occhi dei due sono fissi sul risultato dello sforzo. Nessun tartufo uscirà dal terreno senza che questa sinergia sia perfetta, senza che il binomio abbia agito nel puro interesse comune. La magia della condivisione, che come in ogni attività che richiede un lavoro di squadra, ha nella sua realizzazione un’alchimia unica.