Grande Cucina

Ristorazione e formazione: il lavoro in sala e le sue sfaccettature

La sala, ovvero l’altra faccia della ristorazione, quella che coinvolge tanti aspetti dalla sommellerie all’hôtellerie, dalle atmosfere passando per la musica, le luci, i profumi.

Questo il focus del primo Open Day del 2020 al Congusto Gourmet Institute, il primo campus culinario di Milano e scuola di alta formazione per il mondo della ristorazione, che apre le porte a chi desidera lavorare nel settore food e vuole partire con una formazione base concreta come cuoco, pasticcere o maître di sala.

Roberto Carcangiu, coordinatore didattico di Congusto Gourmet Institute, insieme a Filippo La Mantia, oste e cuoco, è stato protagonista di un talk alla scoperta del dietro le quinte della ristorazione. Lo chef, tra i più importanti referenti del panorama gastronomico italiano, ha raccontato il suo percorso lavorativo e personale tra cucina e sala, spiegando come sia proprio quest’ultima, ad avere necessità di una maggiore attenzione dal punto di vista della formazione.

Cosa cerca il cliente che arriva oggi in un ristorante? «In un qualsiasi luogo di ricezione, senza distinzione – afferma La Mantia – chiunque è obbligato a far star bene la gente. Il progetto scatta quando chi vuol fare questo lavoro è altruista, per ricevere bisogna dare. Io ristoratore, devo essere in grado di percepire le tendenze e i bisogni delle persone. Io vivo molto la sala, ascolto la gente, che oggi non vuol perdere tempo, vuole rilassarsi senza troppe complicazioni e ha bisogno di comfort».

Passione e impegno sono due aspetti fondamentali per chi vuol fare questo mestiere. «Ho iniziato a fare il cuoco nel 1997 – prosegue La Mantia – sono un autodidatta e ho lavorato anche come lavapiatti, fondamentale per capire che tutti i ruoli sono importanti per mandare avanti un ristorante. Oggi, ho risolto la questione sala del mio ristorante, parlando con i miei ragazzi e trascorrendo con loro moltissimo tempo. Ciò mi permette di trovare il gradimento dei miei clienti, non con un servizio perfetto, io odio le perfezioni. Sono la disarmonia prestabilita. Non mi interessa il cameriere impostato. Tutti i clienti sono uguali, il servizio è unico, si trattano tutti allo stesso modo. Poi, la percezione dell’ospitalità passa attraverso diversi parametri, la musica, la luce, la posizione degli oggetti, l’estetica».

«In questi termini, La Mantia hai rinnovato il dibattito, mettendo al centro il servizio. Una scuola di formazione deve capire quali sono gli umori esterni – afferma Federico Lorefice CEO e fondatore di Congusto – quelli dei ristoratori e dei docenti che non stanno solo in aula ma hanno una percezione chiara della realtà, con un approccio forte e di grande stimolo».

Sulla stretta relazione dei ruoli tra sala e cucina si sofferma Carcangiu: «educazione, rispetto del prossimo e grande umiltà sono gli aspetti fondamentali di questo mestiere, siamo tutti strettamente legati l’uno all’altro, se non fosse così non potrebbe funzionare». Cosa può fare la formazione? «Sicuramente – risponde Carcangiu – oltre a fornire informazioni e nozioni teoriche e pratiche, far comprendere anche agli allievi, fin da subito, la fatica degli altri, per capire le difficoltà del lavoro di tutti».

Dello stesso avviso lo chef Sergio Mei, oggi in pensione, ma impegnato in progetti di consulenza e formazione. «Condivido il discorso del rapporto stretto sala e cucina – conferma Mei – ho superato questa barriera tantissimi anni fa». Qual è il segreto per trovare un equilibrio perfetto? «Beh, forse la chiave è proprio il rispetto dei ruoli di tutti», conclude l’ex Executive Chef del Four Seasons Hotel di Milano, presente all’Open Day.

Susanna Citterio, Food&Beverage Manager nel settore alberghiero, nel suo intervento ci tiene a puntualizzare che «solo quando c’è il rispetto dei ruoli e la coesione dei diversi elementi, all’esterno c’è una percezione positiva. E solo quando si riesce a capire il valore di ogni singola mansione, allora si ha più chiaro anche il proprio futuro nel settore».

Se il concetto di rispetto è stato il filo conduttore di tutta la conversazione, è anche vero che l’arte dell’accoglienza è un percorso culturale che si può imparare, con tanta buona volontà e sentimento, ma solo se il lavoro è anche un piacere come conclude Filippo La Mantia.