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Al Simposio Ampi entrati due nuovi accademici

Ampi: la presentazione dei nuovi accademici

Il Simposio Ampi di marzo ha portato in eredità due nuovi accademici, Debora Massari e Felice Venanzi: due giovani con storie differenti, ma alcuni tratti in comune. Li abbiamo intervistati in un’ideale faccia a faccia per raccontare la loro esperienza di esaminandi

Debora Massari new entry in Ampi

DEBORA MASSARI: BUON SANGUE NON MENTE

Dal padre ha ereditato il rigore, la curiosità e… il coraggio. Perché presentarsi come candidata alle selezioni di Ampi celava più di un’insidia. Inutile nasconderlo, gli occhi erano puntati soprattutto di lei. E lei – anche a detta dei più scettici – ha superato brillantemente la prova. Adesso il suo esempio apre la strada dell’Accademia anche alle seconde generazioni: nuova linfa e nuove competenze (Debora, per esempio è laureata in scienze e tecnologie alimentari). Aria nuova che potrebbe portare una sferzata di energia.

Entrare in Accademia è una prova difficile. Perché hai deciso di sostenerla all’ultimo Simposio  Ampi? «Per offrire al nostro brand, soprattutto in un momento di consistente e rapido sviluppo, la continuità familiare e professionale della pur insostituibile figura di Papà. Ampi, nell’idea del fondatore e nella realtà dei fatti, rappresenta un alveo di confronto e crescita professionale ai massimi livelli nazionali. Una dimensione non ideale, ma estremamente concreta».

Quali sono le difficoltà che hai riscontrato?«Credo di poter fondatamente affermare di aver incontrato resistenze più umane che tecniche: il privilegio della guida paterna mi ha favorito un percorso di apprendimenti d’eccellenza, che tuttavia si è “scontrato” con un atteggiamento di pur comprensibile ritrosia, solo in parte giustificabile dal mio genere e dal mio cognome. Proprio per questo, mi ha fatto particolarmente piacere ricevere molte manifestazioni di ripensamento; per la mia struttura personale, tuttavia, tanta conferma ha avuto l’unico effetto di rinforzare le mie critiche».

Cosa ti aspetti da questo ingresso?«La mia personale libertà di espressione tecnica e conoscitiva; fuori dalle logiche imprenditoriali e commerciali, Ampi è un punto di partenza verso un orizzonte di miglioramento, un’assemblea comunitaria di elevazione in piena autonomia».

Quanto è stato obbligato questo passo?«Posso dire di non aver mai potuto distinguere in senso stretto azienda e famiglia. La meticolosità di mio padre si è realizzata attraverso la sua assenza e chi ci vede dall’esterno spesso non si rende conto che stare con i miei genitori significava vivere la Pasticceria. La passione degli altri, dove vissuta con quella forza, a tratti anche violenta, che solo la convinzione assoluta può generare, quasi mi ha “obbligato” al cammino che ho intrapreso, quello di seguire un solco tracciato che per un tempo ho rifiutato e che poi, con maturità, ho abbracciato. In ciascuno di noi risiede un talento sopito: a volte combattiamo per essere diversi da chi ci ha preceduto, per poi scoprirci non dissimili da loro. Aggiungo però, che mi è stato consentito di perseguire un ruolo che prima mancava in azienda e che mi realizza pienamente, potendolo esprimere con libertà imprenditoriale e fiducia. Il sopraggiunto dimensionamento dell’attività, consente – anzi meglio – impone, una precisa distinzione di ruoli individuati secondo le singolari competenze: io quindi mi occupo di ricerca e sviluppo, senza però distogliere lo sguardo dalla trattazione dei più essenziali riverberi produttivi, commerciali e quindi economici dell’azienda».

I prodotti realizzati per l’esame

Per il suo esame al Simposio Ampi, Debora ha scelto un dolce elegante, semplice, essenziale che fosse contemporaneo, ma femminile, quindi con un gusto delicato e morbido, ma contemporaneamente anche deciso e persistente. «Per la pièce – spiega Debora – la scelta è ricaduta sull’isomalto perché è da anni che lo lavoro e ne conosco le caratteristiche e i colori. La sua trasparenza esprime libertà e favorisce la massima espressione della fantasia. Nel dolce sono presenti le mele. La mela rappresenta la seduzione dell’uomo, che è poi stata sublimata nella metaforica trasgressione della violenza fiabesca di Biancaneve. E io, in questa favola, ritrovo molti tratti biografici (pur non identificandomi evidentemente nella strega…)»

 

Felice Venanzi di Gruè

UN PRESTIGIOSO TRAGUARDO PER FELICE VENANZI

Classe ’83, reatino di nascita ma di stanza a Roma, dove è proprietario insieme alla compagna e socia Marta Boccanera della pasticceria Gruè, Felice Venanzi ha alle spalle un diploma in ragioneria, un corso di formazione in pasticceria presso la Cast Alimenti di Brescia e diverse esperienze in alcune pasticcerie italiane (come la Pasticceria Picchio di Loreto e la Pasticceria Biasetto di Padova). Nel 2017 viene eletto Miglior Pasticcere Emergente dal Gambero Rosso. Nel 2018 riceve il premio dalla stampa estera per la miglior pasticceria di Roma e, nello stesso anno, il suo lievitato si aggiudica il titolo di “Miglior Panettone al Cioccolato d’Italia” in occasione del concorso legato alla manifestazione “Il panettone secondo Caracciolo”. Disciplina, rigore, manualità ed una buona dose di umiltà caratterizzano il modus operandi di questo pasticcere che porta alto l’onore della pasticceria laziale e diventa il settantacinquesimo, nonché uno dei più giovani, Maestri Ampi. La torta moderna che porta la sua firma – realizzata con un fondo di croccantino, pan di Spagna al cioccolato, crema di mascarpone al caffè, mousse di cioccolato fondente Guanaja 70% e Coeur de Guanaja ed una gelatina di mandarino e ananas – ed una meravigliosa e sorprendete pièce in cioccolato ispirata al Giappone, gli sono infatti valsi l’ingresso nella più prestigiosa accademia del settore.

Felice, quali sono state le maggiori difficoltà per sostenere l’esame al Simposio Ampi?«Il percorso è stato quello canonico e molto rigoroso stabilito dallo statuto Ampi. Dapprima ho inoltrato la domanda di ammissione, che è stata accettata; è seguita l’ispezione nel mio locale e, a marzo 2019, l’esame vero e proprio. La cosa più complicata è stato replicare tutto ciò che da molti anni costituisce la mia quotidianità davanti a una platea composta dai più accreditati professionisti della pasticceria italiana. Una delle prove per entrare in Accademia, infatti, consiste nel montaggio di tre torte, tutte dello stesso gusto, in due ore di tempo. Sono dei gesti, delle operazioni, che chi, come me, lavora in pasticceria compie infinite volte nell’arco di una giornata, ma replicare tutto ciò in presenza del gotha della pasticceria italiana, lavorando in maniera organizzata e pulita e, nel frattempo rispondendo alle articolate domande tecniche che vengono poste degli accademici, assume tutto un altro sapore».

Cosa ti aspetti da questo ingresso?«Far parte dell’Ampi è il completamento di un percorso iniziato tanti anni fa, quando ho cominciato, quasi per gioco, a fare pasticceria; però poi la passione ha preso il sopravvento e mi ha spinto a fare sempre di più e sempre meglio. Devo molto ad alcuni Maestri, figure preziose per la mia crescita: a Claudio Marcozzi, che rappresenta gli inizi, a Luigi Biasetto, che con il suo esempio ha stravolto il mio modo di lavorare e mi ha insegnato l’importanza dell’organizzazione perfetta, e a Fabrizio Donatone, che con il suo sostegno ed i suoi insegnamenti è stata una figura chiave nel corso della mia carriera. Fondamentale è stato anche l’apporto di Igino Massari, che ci ha fornito un’accurata consulenza in occasione dell’apertura del nostro locale di Roma. Oggi che sono un Maestro Ampi mi aspetto di crescere sempre di più, di non smettere mai di impegnarmi e di studiare per stare al passo con i miei colleghi, stimati professionisti di altissimo livello».

Qualcosa è già cambiato dopo il tuo ingresso?

«Indubbiamente i messaggi e l’affetto dei colleghi anche durante il Simposio Ampi mi hanno fatto molto piacere ed hanno contribuito a farmi sentire parte di una squadra. Un riconoscimento di questa portata è poi indubbiamente un toccasana per l’autostima! Noi abbiamo raccontato orgogliosamente a tutti i nostri clienti di questo importante traguardo e forse chi viene da noi oggi si aspetta ancora di più. Ma d’altronde fare tutto sempre al meglio per tenere alta la bandiera della pasticceria italiana, stupire ogni giorno con creazioni diverse e molto curate, è il nostro obbiettivo da sempre, da quando nel 2014 abbiamo aperto la nostra pasticceria che oggi è un punto di riferimento per chi a Roma è alla ricerca di qualità e stile».

di Atenaide Arpone e Valeria Maffei

Nuova linfa in Ampi: il Simposio Ampi di marzo ha portato due giovani accademici